Fisco, riforma truffa: famiglia ancora ostaggio dell'ideologia
Senza risorse aggiuntive la riforma fiscale si preannuncia un flop e la famiglia sarà ancora la vittima sacrificale. Tra patrimoniale e flat tax i partiti della maggioranza litigano, ma su una cosa sono d'accordo: nel dire no alla tassazione su base famigliare, nonostante i richiami della Corte Costituzionale. Il giurista Farri alla Bussola denuncia la natura ideologica della bozza licenziata dalla bicamerale: «La tassazione su base famigliare non incide negativamente sul lavoro femminile, lo dimostra l'assetto della Germania che ha tassi altissimi di donne occupate».
Ancora una volta la famiglia è la vittima sacrificale di una riforma fiscale truffa. La bozza licenziata in questi giorni dalla bicamerale delle Finanze non può ambire ad essere una vera riforma del Fisco come invece il Governo aveva promesso nel presentare il Recovery plan. E non può esserlo perché, essendo una riforma elaborata da una maggioranza eterogenea come è quella che sostiene Draghi a Palazzo Chigi, non si poteva trovare quella logicità di pensiero che invece si dovrebbe incontrare in un disegno armonico dettato da precise idee politiche. Mettere d’accordo Leu e la Lega sulle tasse, così come conciliare le visioni del mondo di Forza Italia e del Pd su tributi e imposte è un’impresa improba.
A questo si aggiunge il fatto che prim’ancora di disegnare un architrave, la riforma dovrà essere a costo zero: significa che se qualcuno pagherà di meno, qualcun altro pagherà di più. Ma una parte dei 209 miliardi del Recovery non dovevano anche andare ad abbattere la pressione fiscale? Fino a che le spese non verranno ridotte o bloccate, non si farà mai una riforma fiscale, ma neppure questo governo sembra averlo capito.
Così, se la Sinistra è ancora affascinata da una patrimoniale e Lega e Forza Italia dalla flat tax, l’unica convergenza a cui si è arrivati in commissione, sembra essere quella dell’abbassamento dell’aliquota sui redditi da 28mila a 55mila euro che attualmente è vicina all’esproprio con il suo 38%. Ancora non si conosce l’ammontare, ma la volontà politica c’è. E questa potrebbe essere una buona notizia.
La cattiva notizia, invece, è che c’è un’altra convergenza a cui i partiti sono arrivati, ma questa non porterà nessun beneficio a una delle categorie oggi più tartassata: le famiglie.
In un paragrafo della bozza di revisione dell’Irpef si dice espressamente addio al quoziente famigliare: «La Commissione scioglie il vecchio nodo del quoziente familiare alla francese costante del dibattito fiscale. Dice no e si schiera a favore della tassazione individuale perché altrimenti si disincentiverebbe il lavoro femminile».
Per la verità questa leggenda nera del lavoro femminile è portata avanti dai partiti di Sinistra (Leu, Pd e Italia Viva) dato che si trova dentro le relazioni e le proposte preliminari ai lavori della commissione dei suddetti partiti, ma non in quelle degli altri due partiti di maggioranza. Quel che è certo, però, è che con questa logica, a rimetterci saranno ancora una volta le famiglie con figli alle quali è stata promessa la luna con l’introduzione dell’Assegno unico, ma che, per come è stato costruito, sganciato da una riforma fiscale e vincolato a quel meccanismo ingiusto e perverso che è l’attuale Isee, sarà un bagno di sangue per moltissime famiglie con tre e più figli, che vedranno togliersi le detrazioni attuali e si troveranno con un assegno in proporzione più magro. Provare per credere con le attuali simulazioni.
Senza criteri politici chiari, senza risorse aggiuntive e senza avere il coraggio di disegnare un assetto diverso passando dalla tassazione su base personale a quella su base famigliare, la riforma targata Draghi si preannuncia per essere una truffa.
«Anzi, una mini-riforma – spiega alla Bussola Francesco Farri, giurista ed esperto tributario -, che non mi stupisce sia così rinunciataria in materia di tassazione della famiglia. Nello stesso ampio dibattito che ha avuto luogo in Commissione finanze, solo pochi tecnici e accademici hanno ritenuto di dar voce al tema».
Eppure, il tema è cogente. La Corte Costituzionale ha in moltissime occasioni richiesto al legislatore di rimediare all’iniqua imposizione delle famiglie. «Di recente ha anche richiesto espressamente di smetterla di considerare la famiglia solo quando fa comodo per aumentare il prelievo – prosegue il giurista del Centro Studi Livatino - per trascurarla invece quando la pluralità dei membri della famiglia dovrebbe servire per ridurlo. Tuttavia, in questa materia la Corte non ha utilizzato la stessa fermezza che ha voluto utilizzare, ad esempio, per il suicidio assistito, quando ha fissato un termine al legislatore per adeguare il sistema a quello che essa riteneva essere costituzionalmente necessario».
Così, il legislatore fiscale ha sempre trascurato il piano dell’imposizione familiare. «E mostra tutta l’intenzione di continuare a trascurarlo, per ragioni di cassa ma anche ideologiche», insiste Farri.
Quali sarebbero le ragioni ideologiche? «Ad esempio il presunto disincentivo al lavoro femminile che produrrebbe la tassazione su base familiare». Secondo Farri si tratta di un falso problema: «I dati europei dimostrano una totale assenza di correlazione tra regime familiare della tassazione e occupazione femminile: la Germania è ai vertici per occupazione femminile e ha un sistema di tassazione dei redditi su base familiare. Segno che sono tutt’altre le variabili che incidono sul lavoro femminile, come appare peraltro ovvio. Ma anche se si volesse dar credito all’idea che la tassazione familiare potrebbe disincentivare il lavoro familiare, sarebbero sufficienti minimi accorgimenti tecnici per risolvere il problema e togliere ogni alibi anche all’ideologia».
Farri avverte che è in uscita sul prossimo numero della rivista L-Jus del Centro Studi Livatino proprio un articolo specifico sul tema, ma di fronte a questa prima bozza, sembra delinearsi chiaramente che «si continua a disconoscere sempre più il ruolo i corpi intermedi, a cominciare dalla famiglia come società naturale fondata sul matrimonio (art. 29 Cost.), rivestono nella cura dei bisogni fondamentali della persona umana, specialmente della persona fragile».
Il giurista, che ha sviluppato queste tematiche nel libro “Un fisco sostenibile per la famiglia in Italia” (2018) ha ricordato che «se è assodato che le famiglie già danno un importante contributo “in natura” alla spesa pubblica, il contributo “in denaro” tramite pagamento dei tributi deve essere per forza ridotto in maniera corrispondente. Non si tratta di far perdere gettito fiscale allo Stato, ma di conteggiarlo correttamente».
Il problema è che il tema non è neppure all’ordine del giorno dei partiti che utilizzeranno la propaganda per dire di aiutare la famiglia con una mano mentre con l’altra la affosseranno sempre di più.