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EDITORIALE

Fingere di non vedere il problema dell'immigrazione

In questi ultimi giorni gruppi di migranti non ancora numerosi ma già significativi hanno raggiunto l’Albania valicandone il confine con la Grecia. Il loro prossimo obiettivo è presumibilmente la Puglia. Il nostro governo non si sta preparando alla nuova emergenza. Gli altri esecutivi europei non fanno di meglio. Perché è sempre più forte il distacco delle élite dalla realtà.

Editoriali 27_02_2016
Immigrati

In questi ultimi giorni gruppi di migranti non ancora numerosi ma già significativi hanno raggiunto l’Albania valicandone il confine con la Grecia.

Gli itinerari di questi sfortunati non dipendono da loro bensì dalle organizzazioni internazionali di passatori che ne organizzano l’esodo, nonché dalle decisioni dei Paesi che essi attraversano diretti alla meta che si prefiggono, ossia la Germania, la Svezia e se fosse possibile la Gran Bretagna. La novità dell’arrivo di migranti in Albania significa che, di fronte alla progressiva  chiusura delle frontiere lungo l’itinerario balcanico, chi governa questi flussi sta pensando di aprire un nuovo itinerario marittimo dall’Albania alla Puglia e alle altre nostre regioni adriatiche. Il nostro governo sta tenendo conto di tale eventualità e vi si sta preparando? Visto che non se ha notizia alcuna, magari lo sta facendo segretamente. L’ipotesi più probabile è però che non abbia alcun piano in proposito; che insomma non stia pensando e non stia facendo un bel niente.

D’altra parte di fronte ad analoghe circostanze i governi precedenti  non seppero fare di meglio, complice un apparato statale elefantiaco che riesce a provvedere (spesso male) soltanto all’ordinaria amministrazione, ma che non regge la sfida della minima emergenza. Siamo alla vigilia del ritorno dei gommoni sulle spiagge pugliesi e molisane commentato a colpi di luoghi comuni senza profondità né prospettiva da telecronisti impreparati e mal diretti? C’è ragione di temerlo. Per parte sua l’Unione Europea non sa fare di meglio. Le banali chiacchere e gli esiti irrilevanti delle continue riunioni di vertice a Bruxelles, di cui i telegiornali pur senza volerlo ci danno impietosamente conto, fanno rimpiangere il cherosene che gli aerei di Stato consumano nelle loro spole da e per le capitali degli Stati membri. 

D’altra parte alla base di questa crescente incapacità amministrativa stanno non soltanto motivi intrinseci. Siamo di fronte a un’incapacità di previsione e di organizzazione le cui radici affondano in una crisi filosofica prima che tecnica. Quel crollo delle evidenze, che è il grande dramma umano del nostro tempo, riguarda non soltanto le grandi questioni, ma ogni cosa. Ne deriva infatti un generale distacco dalla realtà, e quindi dalla responsabilità verso di essa, che si va poi a pagare a ogni livello. 

Quella dei migranti è l’ultima conseguenza di una situazione internazionale complessiva. Perciò non c’è alcun modo di affrontarla efficacemente senza considerare questa realtà in tutti i suoi fattori. Di qui più che mai l’urgenza per il governo di un Paese come il nostro, che sta al confine tra il Nord e il Sud del mondo, di sviluppare un adeguato progetto di politica estera, di renderne partecipe l’opinione pubblica e di impegnarsi ad attuarlo tenacemente. Alla base di tutto c’è, come già avemmo modo di ricordare, lo smisurato divario di sviluppo fra i Paesi ricchi e quelli poveri, che ogni giorno l’odierna pan-comunicazione televisiva planetaria rende nota in ogni angolo della terra. Di qui una potente spinta all’esodo verso l’emisfero Nord non certo dei più miseri bensì dei “ceti medi” dei Paesi più poveri, che hanno comunque i mezzi materiali e culturali per tentare l’avventura. Tale spinta, che è costante, si attua ogni volta che le circostanze la sollecitano (quindi più che mai in caso di guerra), ma in ogni caso le precede e in ultima analisi non ne dipende.

Fino a un passato recente le grandi e medie potenze, che sono il motore necessario di qualsiasi guerra, erano in grado di provocare o comunque di esasperare conflitti lontano dalle proprie frontiere senza dover fare conto del minimo contraccolpo sul proprio territorio. Oggi non è più così: l’afflusso di migranti non autorizzati ne è una conseguenza certa. Già anche per questo il nostro Paese dovrebbe dare un contributo forte e attivo  alla soluzione innanzitutto delle crisi più vicine a noi, ossia quelle in atto nella regione del Mediterraneo e in quella del Mar Nero.

Invece poi di andare a Bruxelles a pestare l’acqua nel mortaio, il nostro governo farebbe bene a proporre un riesame complessivo dell’intero problema dei migranti completo di soluzioni di breve e di lungo periodo. Fra i  Paesi di primo arrivo dei migranti il nostro è quello di maggior peso. Invece di perdersi in improvvide schermaglie con l’Ungheria ecc... Renzi farebbe meglio a proporre l’Italia come portavoce di una loro proposta congiunta sulla materia  da presentare all’intera Unione.  Altrimenti da questo groviglio non si esce più.