Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
GERMANIA

Fine dell'era Merkel, cristiana ma col cuore a sinistra

Oggi è l’ultimo giorno di cancellierato di Angela Merkel. Comunque vadano le elezioni generali di domani, la cancelliera, giunta al termine del suo quarto mandato consecutivo, ha già annunciato il suo ritiro. Il più lungo cancellierato della storia tedesca repubblicana, con coalizioni guidate dai democristiani, ha traghettato la Germania a sinistra.

Esteri 25_09_2021
Angela Merkel

Oggi, sabato 25 settembre 2021, è l’ultimo giorno di cancellierato di Angela Merkel. Comunque vadano le elezioni generali di domani, la cancelliera, giunta al termine del suo quarto mandato consecutivo, ha già annunciato (da anni) il suo ritiro. Si è trattato del più lungo cancellierato della storia repubblicana tedesca, più di Kohl, più ancora di Adenauer. Arrivata alla testa della Cdu (la Democrazia Cristiana tedesca) nel 2000, poi divenuta cancelliere nel 2005, ha guidato, prima, la grande coalizione con i socialdemocratici, poi coalizioni di centro-destra assieme ai liberali, infine un governo multi-colore con funzione “anti-populista”. Anche per questo è difficile trarre un bilancio omogeneo del suo lunghissimo periodo di governo.

La Merkel è difficile da comprendere anche nella sua stessa origine. Nata ad Amburgo, nella Germania Ovest, appena nata si è trasferita assieme al padre (pastore luterano) nella Germania Est comunista, dove ha compiuto tutti gli studi, fino alla laurea in Fisica e dove ha mosso i primissimi passi in politica. È mai stata comunista? Probabilmente sì, considerando che, da ragazza, non solo ha aderito alla Libera Gioventù Tedesca, ma è anche divenuta amministratrice di distretto e segretaria della sezione propaganda. Il suo impegno politico, però, inizia da subito nelle file dei democratici cristiani, quando sono tornati ad essere legali anche nell’Est. Ha prestato il volto alla riunificazione, divenendo portavoce del governo di Lothar De Maizière, nel 1990, l’ultimo della DDR, dopo la caduta del Muro.

Difficile ricostruire i sedici anni dei quattro governi Merkel, perché su di essi pesano i rancori dell’Europa mediterranea. La Grecia, dal 2014, vede la Germania come la nazione che la occupò nella Seconda Guerra Mondiale e la stroncò con la crisi economica. Al netto della propaganda nazionalista e comunista, c’è da dire che la maggior responsabile della crisi greca è la stessa classe politica greca (conti pubblici saltati per eccesso di spesa pubblica), mentre è grazie alla Germania che il Paese mediterraneo ha potuto rimettersi lentamente in carreggiata, evitando il default. Ma la terapia d’urto usata per uscire dalla crisi, voluta soprattutto dalla Germania e dai Paesi creditori dell’Europa centrale e settentrionale, in Grecia non la dimenticheranno mai: tagli alla spesa, pensioni decurtate, tasse alzate, asset e infrastrutture vendute.

La Merkel è invisa anche al centro-destra italiano. L’immagine che è rimasta più impressa è quella del G20 di Cannes del 2011, col suo scambio di sorrisetti di intesa con l’allora presidente francese Sarkozy, come risposta alla domanda se il governo Berlusconi, in piena crisi dello spread avrebbe potuto mantenere i suoi impegni. Non è ancora chiaro adesso quale sia stato il ruolo della Merkel, e di Sarkozy, nel far saltare il governo Berlusconi nel 2011, appena un mese dopo quel vertice. La pressione sull’Italia c’è stata, nei fatti, stando a fonti statunitensi (l’ex segretario al Tesoro, Geithner): una pressione economica sotto forma di aut aut, o Berlusconi se ne andava, o non ci sarebbe stato, probabilmente, alcun aiuto internazionale. Quando Monti subentrò a Berlusconi, gli aiuti arrivarono subito, da parte della Bce (che allora era governata da Mario Draghi).

La Merkel non è vista con simpatia neppure dall’Est dell’Unione Europea, che pure dipende dalla Germania per quanto riguarda gli investimenti e l’aiuto economico. Ma è nota l’antipatia nutrita dalla cancelliera tedesca democristiana nei confronti dei suoi omologhi cattolici in Polonia e in Ungheria. Il PiS, il partito conservatore polacco non fa parte dell’eurogruppo dei Popolari, ma Orban sì ed è soprattutto grazie alle pressioni tedesche che ne è stato estromesso, in rotta di collisione su tutto. I Paesi Baltici e la Polonia, sicuramente, non ringraziano la Merkel per aver approvato e portato a termine il progetto (nato socialdemocratico) del North Stream, con il suo raddoppio. Il gasdotto che collega direttamente Russia e Germania, passando sul fondo del Baltico, scavalca completamente i membri orientali dell’Ue, consegnandoli all’irrilevanza strategica.

La cancelliera, per questo motivo e per la sua crescente intesa con la Cina (è sotto la Merkel che la Germania è diventata il terminale della rotta di terra della nuova Via della Seta), ha anche allontanato molto la Germania dagli Usa. La mancata intesa con Obama dal 2008 al 2016 e poi soprattutto l’aperta ostilità nei confronti di Trump, negli ultimi quattro anni, hanno aggiunto cause personali al gelo fra i due alleati occidentali.

I tedeschi giudicano sicuramente meglio la loro quattro volte cancelliera, come le elezioni dimostrano. Sotto la sua guida, ha dato prova di stabilità anche nel corso della Grande Recessione del 2008 e ha reso veramente la Germania la nuova locomotiva d’Europa, superando del tutto le difficoltà della riunificazione e delle riforme del mercato del lavoro. Ma in tutti i campi non strettamente economici, la Merkel ha finito per deludere un po’ tutti e soprattutto il suo stesso elettorato cristiano e conservatore. Senza attendere la crescita dei consensi dei Verdi, ha decretato la fine della potenza elettro-nucleare tedesca. Se nel 2000 le centrali atomiche producevano un terzo dell’energia elettrica, oggi ne producono un decimo ed entro la fine dell’anno prossimo potrebbero sparire del tutto. La causa immediata è il panico seguito al terremoto in Giappone del 2011 e il conseguente incidente di Fukushima. La sua è una politica dogmaticamente ecologista, che punta tutto sulle rinnovabili, anticipatrice delle linee guida del Green New Deal europeo (che non a caso è guidato da Ursula von der Leyen, ex ministro della Difesa dello scorso governo Merkel).

Anche sull’immigrazione, la leader conservatrice è stata la paladina della visione accogliente della sinistra. Resta celebre la sua decisione del 2015 di spalancare le porte agli emigranti sulla rotta balcanica, accogliendo i siriani in fuga dalla guerra civile e dall’Isis. Dopo sei mesi, però, ha dovuto richiudere le frontiere ed è stato soprattutto il suo governo a promuovere l’accordo dell’Ue con la Turchia di Erdogan: tenere gli emigranti al posto di lauti finanziamenti. La politica dell’accoglienza è coincisa (solo per caso?) con il peggior periodo di attentati in Germania. Che non sono mai stati descritti come “islamici”, né dalle autorità, né dai media tedeschi, ma a ben vedere sono stati tutti commessi da attentatori musulmani, radicalizzati.

È poi incredibile l’assenza della più duratura leader democristiana su tutti i temi cristiani. Sull’aborto, nel 2019, ha promosso un compromesso: per volontà del suo governo è stata aggirata (pur restando nel codice penale) la legge che vietava ai medici di pubblicizzare i servizi abortisti. Ora lo possono dire e scrivere apertamente. In cambio, le assicurazioni possono coprire le spese contraccettive solo a clienti dopo i 22 anni di età, non più a 20. Sul matrimonio gay, dopo una lunga opposizione, la Merkel ha ceduto nel 2017, lasciando libertà di voto ai suoi deputati e permettendo così che passasse la legge. Dice di aver cambiato idea dopo aver incontrato una donna lesbica con 8 figli adottivi. Secondo la nuova legge tedesca, infatti, le coppie gay hanno pieni diritti anche di adozione. La legge sull’eutanasia non è ancora passata, ma col prossimo governo potrebbe essere varata. I tempi sono “maturi”, dunque, anche per il suicidio assistito. Quel che è mancata è stata la battaglia di idee. Al punto che, alla destra della Cdu, si è affermata (soprattutto nell’Est) la AfD, con un programma su vita e famiglia che riprende quel che i democristiani hanno ormai abbandonato.

Se l’esito delle elezioni di domani sarà, come previsto, un’affermazione nazionale dei Verdi, non ci sarà nulla di cui meravigliarsi. La Merkel ha portato tanto a sinistra le posizioni dei democristiani che, come sempre, gli elettori finiscono per preferire l’originale alla copia. L’originale matrice di sinistra, nel 2021, non è più il socialismo, né il comunismo, ma l’ecologismo.