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UNIONI CIVILI

Fatta la legge, si ripete l’inganno: altre adozioni gay

Siamo ormai travolti da sentenze che aprono alla stepchild adoption. Ne abbiamo perso il conto. Le ultime due sono state pronunciate venerdì scorso dal Corte di Appello di Torino. Curiosamente la maggior parte delle stepchild adoption permesse per via giudiziale in Italia riguardano coppie lesbiche. 

Editoriali 29_05_2016
La Cirinnà apre la strada alla stepchild adoption

Se provate ad inserire in Google l’espressione inglese slippery slope l’oracolo di internet vi fornisce questi sinonimi: «brutta china, piano inclinato, china pericolosa o pendio scivoloso». Ponete una biglia in cima ad un piano inclinato e questa correrà verso il basso con accelerazione progressiva. É l’effetto valanga: smuovete un po’ di neve a monte e provocherete una valanga che travolgerà tutto a valle. 

Il “poco” di neve smossa a monte in tema di omosessualità è stato accettare che le relazioni tra persone dello stesso sesso siano identiche - per natura, dignità, aspetti psicologici, sociali, culturali e dunque morali – a quelle tra un uomo e una donna. La valanga a valle ha travolto un po’ tutto: concezione della famiglia, della sessualità e dell’uomo in senso generale, educazione, diritti umani, spesa pubblica e naturalmente i figli.

A proposito di valanghe che investono i minori, siamo ormai travolti da sentenze che aprono alla stepchild adoption. Ne abbiamo perso il conto. Le ultime due – ormai vengono fabbricate in coppia come i comò – sono state pronunciate venerdì scorso dal Corte di Appello di Torino. Una riguardava la richiesta della coppia lesbica formata da Silvia Casassa e Daniela Vassallo, “sposate” in Danimarca nel 2014. L’una ha adottato la figlia dell’altra: doppia stepchild incrociata, così nessuno rimane scontento. Ora le piccole Agata e Amalia, di 7 e 5 anni, sono legittimamente figlie di entrambe le donne. 

L’altra sentenza ha invece permesso ad una donna, anch’essa “sposata” con la compagna in Islanda lo scorso anno, di adottare il figlio di 5 anni avuto in provetta e che è stato partorito dall’altra compagna. Curiosamente la maggior parte delle stepchild adoption permesse per via giudiziale in Italia – il primato lo detiene il Tribunale di Roma – riguardano coppie lesbiche. Evidentemente il sentimento naturale di genitorialità, assai etero nella sua struttura, alberga più prepotentemente nel cuore delle donne.

I giudici torinesi hanno dichiarato che i minori stanno crescendo in un «clima sereno e positivo». I bimbi appaiono «sereni e allegri, ben accuditi, cresciuti in un ambiente familiare altrettanto lieto». Il Tribunale, applicando indebitamente ma ormai come consuetudine la legge sull’adozione dell’83 per i casi particolari, ha richiamato in sentenza il concetto di “vita familiare” così come distillato dalla Cassazione nel febbraio del 2015 e che fa eco anche alla recente giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, un concetto tutto hegeliano che deve essere «ancorato ai fatti». I giudici hanno, infatti, puntualizzato che «i minori sono già di fatto inseriti in un nucleo familiare adeguato, e si impone, assai semplicemente, la tutela di una situazione di fatto».

E dunque «nessun rilievo può avere la circostanza che il nucleo sia formato da un’unione affettiva eterosessuale o tra persone dello stesso sesso». Insomma, poco importa che i genitori siano due persone omosessuali o due eterosessuali, l’importante è che i bambini appaiano sereni, al di là ovviamente di quanto invece sostiene un montagna di studi a riguardo. Quindi, secondo questa logica il profilo soggettivo del genitore è ininfluente: ben venga che genitori siano anche due fratelli (dello stesso sesso oppure no), oppure padre e figlia, etc. 

Passiamo dal piano giuridico a quello politico. Sono ancora fresche di inchiostro sui tabloid le parole entusiaste di Angelino Alfano quando, con spirito vittorioso, aveva annunciato che grazie a lui la stepchild non era passata: «Abbiamo impedito una rivoluzione contro-natura e antropologica Non eravamo contro le unioni civili, ma contro le adozioni e la equiparazione unioni-matrimoni. Sulla stepchild ci siamo» (Ansa, 25 febbraio 2016). Dopo qualche giorno torna a dire: «Mai avremmo votato la legge se ci fosse stato detto che lo stralcio della stepchild era provvisorio» (Libero, 28 febbraio 2016). E così conclude: «Il mio ruolo? Arginare i rischi». E si è visto come è riuscito ad arginare i rischi: prima e dopo la legge i Tribunali sfornano stepchild come panettieri alla mattina presto.

A parte che la vera rivoluzione contro natura è quella sulle unioni civili, rimane il fatto che anche la stepchild a favore delle coppie gay è passata, anche se Alfano pare che non se ne sia accorto. Lo ha ricordato a chiare lettere il senatore Lucio Malan l’altro giorno: «Lo avevamo detto e lo ripetiamo, la legge sulle unioni civili aprirà la strada all’adozione per le coppie gay, per questo continueremo il nostro impegno per raccogliere le firme per il referendum abrogativo». Slippery slope, tanto per intenderci.

Ma che la vittoria di Alfano sia una vittoria di Pirro, lo ha confermato la stessa senatrice Monica Cirinnà. Intervenuta lo scorso 16 maggio alla trasmissione radiofonica di Radio Due “Un giorno da pecora” e rispondendo ad una domanda del conduttore sul Ministro Costa, il quale aveva detto basta alle sentenze creative che permettono l’adozione a coppie gay, l’onorevole Cirinnà aveva così risposto: «Non c’è nessuna sentenza creativa. Noi abbiamo l’art. 44, comma 1 lettera d (della legge sulle adozioni del 1983): adozioni in casi particolari, quando il magistrato dei minori ritiene che per la massima tutela del minore quel genitore sociale sia il giusto adottante per lui. Il figlio del partner si può adottare dal 1983». Richiamando il comma 20 dell’art. 1 della Legge sulle Unioni civili – «Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti» -  l’onorevole Cirinnà così chiosava : «Restano applicabili per i magistrati tutte le leggi in materia di adozioni».

Ma come avevamo già spiegato più volte (clicca qui e qui) la lettera d dell’art. 44 della legge sulle adozioni non può essere applicata a questi casi, dato che in essi non si è riscontrata «la constatata impossibilità di affidamento preadottivo». Ma anche se così fosse, il giudice – avendo davvero a cuore l’educazione e il benessere del minore – dovrebbe trovare il modo di dargli un padre e una madre, non due “genitori sociali” di uguale sesso. Per farla breve, la stepchild adoption è già presente nella legge sulle unioni civili: i giudici lo stanno dimostrando in modo autorevole e con continuità. É il momento di passare dalla stepchild adoption alla stopchild adoption.