Famiglie, divorzio e unioni gay: dal Vangelo secondo Melloni
C’è la Chiesa cattolica e c’è la Chiesa mellonica. Quest’ultima è stata fondata da Alberto Melloni, storico e giornalista. Due giorni fa, il professore è apparso sugli schermi di RaiTre per spiegare che nel Vangelo di Gesù la famiglia non è importante, che il matrimonio non è per sempre e le unioni omosessuali sono giuste e buone.
C’è la Chiesa cattolica e c’è la Chiesa mellonica. Quest’ultima è stata fondata da Alberto Melloni, storico nonché vaticanista II, nel senso che prima del Concilio Vaticano II c’erano state solo prove tecniche di trasmissione della fede. La Chiesa mellonica si fonda soprattutto sulla Chiesa delle origini che, nelle parole del Nostro, più che delle origini è spesso originale. Dopo quel periodo la Chiesa è andata in apnea per quasi duemila anni per poi prendere un bel respiro nel 1962.
Il pedigree di Melloni lo rende adatto ad intingere il calamaio per il Corriere della Sera e ad usare i microfoni di RaiTre. Due giorni fa, su questo canale, è intervenuto nel programma Il tempo e la storia, condotto da Massimo Bernardini, per parlare di “Famiglia e Chiesa”. Tanto per far capire al pubblico a casa che la Chiesa mellonica non ha nulla a che spartire con quella cattolica, Melloni esordisce subito dicendo che «nella predicazione di Gesù la famiglia non è così importante». Non sappiamo bene quale Vangelo Melloni tenga in biblioteca, ma nel nostro vi sono pagine e pagine che narrano la nascita di Gesù che vede come attore principale la famiglia di Nazareth, l’infanzia di Gesù, le nozze di Cana, il rapporto filiale di Gesù con sua Madre, i suoi discorsi sul matrimonio e l’adulterio. Per poi tacere di tutto il Magistero sulla famiglia. Documenti buoni solo per il macero della Scuola di Bologna.
Alla domanda poi del pacioso Bernardini se nel Vangelo ci fosse l’idea di «difendere la famiglia tradizionale a tutti i costi», lo storico bolognese risponde «No, nel Vangelo non c’è un modello familiare di tipo sociale. La famiglia nel Vangelo è esattamente come gli ordinamenti politici». La vecchia teoria marxista che vede nella famiglia una sovrastruttura borghese. Il nucleo familiare è solo un luogo dove si transita, perché il Vangelo secondo Melloni esprime, in relazione al matrimonio, meramente una «fiducia del cammino dell’essere umano all’interno di queste istituzioni». La famiglia vale come il luogo di lavoro o la palestra. «Gesù dice che i suoi fratelli, sua madre, i suoi parenti», continua il Nostro, «sono quelli che osservano la volontà di Dio». Risposta: certo che la parentela nella fede con Dio è più importante di quella biologica, ma questo non toglie valore alla famiglia. Ma Melloni non ci sta e puntualizza: «e quando [Gesù] parla volentieri della famiglia ne parla dal punto di vista che noi spesso dimentichiamo: quello della famiglia umana». Una famiglia umana che si contrappone alla famiglia «come la vediamo noi, come un insieme di identità divise ed ostili». Meglio non sposarsi, viene da chiosare.
Insomma, Melloni illustra il catalogo dei soliti cliché dei teo-prog: la visione immanentista della storia, la fratellanza umana, il superamento della gabbie formali come il matrimonio, la famiglia come fucina d’odio. Roba buona solo per chi non riesce a prendere sonno alla sera. E dunque la famiglia con mamma, papà e figli è pure invenzione umana: «nella predicazione di Gesù c’è una radicale relativizzazione della famiglia», ci spiega lo storico. Esiste infatti anche quella mononucleare. Forse che Gesù era sposato? I suoi nemici, dice il Nostro, lo accusavano «di non avere una famiglia, lui». Il problema sta sempre nel fatto che il Vangelo mellonico non è quello che abbiamo in casa noi. Infatti: in quale passo del Vangelo c’è una simile critica? E poi Gesù non era sposato perché, come Lui stesso disse, «vi sono alcuni che si sono fatti eunuchi per il Regno dei Cieli». E prevedendo che in futuro ci sarebbero stati molti Melloni che avrebbero avuto difficoltà ad accettare questo, aggiunse: «Chi può capire, capisca».
La famiglia mellonica è poi aperta, liberals, persino adultera. Infatti il prof. di Bologna parla di «condanna della condanna dell’adulterio che Gesù fa». Peccato che, sempre nel nostro desueto Vangelo, Gesù semmai condanna la condanna dell’adultera, non dell’adulterio. E infatti il Signore chiude il colloquio con l’adultera comandandole di «non peccare più», passaggio che Melloni si guarda bene dal citare. Va da sé che anche il divieto di contraccezione è insulso perché nasce da una visione meramente contrattualistica del matrimonio, la stessa che impedisce di divorziare e risposarsi. Meglio guardare ai fratelli separati perché questi «non aprono mai la porta della camera da letto dei coniugi». Passando dalla «forza evangelica che c’era dentro nei movimenti di emancipazione delle donne» – perché lo Spirito Santo soffia dove vuole ma mai nella gerarchia cattolica – si arriva a parlare del referendum perso dai cattolici sul divorzio, referendum che per Melloni, citando una pagina del diario di Paolo VI, è stato un atto di «inutile eroismo», giacché – aggiungiamo noi - il battagliare e la testimonianza militante se non sono vincenti in quanto ad utilità terrene non valgono un fico secco nemmeno come punti per il Paradiso.
Poi il discorso vira sulla dichiarazione di nullità canonica del matrimonio. Qui il Nostro inciampa affermando che la Chiesa annulla i matrimoni, quando invece li dichiara nulli (la differenza non è da poco), e poi con malcelata stizza afferma che la procedura di nullità, verificando se al momento del consenso c’erano tutti i requisiti necessari per celebrare validamente le nozze, si disinteressa di quello che viene dopo. Tradotto: ma perché non sciogliere un matrimonio valido quando la coppia scoppia? E di contro: perché dichiarare nullo un matrimonio quando di mezzo ci andranno moglie non abbiente e figli? Melloni afferma che l’atteggiamento della Chiesa rivela un «certo grado di cinismo e un certo grado di saggezza». Secondo lui ovviamente la soluzione non è nella dottrina cattolica ma sotto gli abiti talari degli ortodossi e dei riformati che concedono il divorzio. Perché l’erba del vicino è sempre più misericordiosa.
L’intervista poi mette a tema le convivenze. Viene ricordato che il Magistero in più occasioni ha censurato il fenomeno e Melloni si affretta a dire che in questi casi se la Chiesa enuncia solo proprie opinioni, nessun problema, ma se si azzarda a mettere in discussione l’autonomia delle istituzioni, ad esempio, aggiungiamo noi, criticando una legge sulle convivenze, allora è ingerenza politica bella e buona. Naturalmente Melloni non esclude una tutela giuridica per le convivenze, anche perché «non è mica detto» che tale tutela lederebbe l’istituto della famiglia. Peccato che la dottrina non mellonica ma cattolica dica altro: «Tutte queste situazioni [convivenze etc.] costituiscono un’offesa alla dignità del matrimonio; distruggono l’idea stessa della famiglia; indeboliscono il senso della fedeltà» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2390). E poi, aggiunge l’intervistato, la Chiesa nel passato ha già riconosciuto le convivenze. Melloni fa riferimento al diritto canonico che un tempo dava valore giuridico anche al fidanzamento. E da quando il fidanzamento coincide con la convivenza?
Non poteva mancare infine il piatto forte delle relazioni omosessuali. «Anche il Catechismo del ’92», dice Melloni, «riconosce, perché sarebbe stupido non farlo, che esiste l’amore fra persone dello stesso sesso, ma sono illegittimi gli atti che lo manifestano». Ma anche in questo caso il Catechismo, evidentemente nell’edizione stupida, dice altro: gli atti omosessuali «non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale» e l’inclinazione omosessuale è «gravemente disordinata» (2357-2358). Ci si domanda infine: l’omosessualità è un orientamento contro natura? Il Nostro spiega che esiste un’«idea di naturalità rispetto alla quale il cristianesimo prende posizioni molto radicali come il celibato: il rifiuto della procreazione. Che è molto più grave che non la destinazione della procreazione in destinazioni inusuali [leggi: omosessualità». Quindi il celibato ecclesiastico e l’omosessualità pari sono, perché quest’ultima come il primo non genera figli. Anzi, il religioso pecca più gravemente dal momento che, rispetto alla persona omosessuale, non mette al mondo dei figli perché non intende farlo.
Insomma, per l’Eraclito Melloni non ci si può bagnare due volte nella stessa dottrina, perché questa è un fluire continuo in perenne cambiamento. La verità sulla famiglia è come un mazzo di fiori freschi in un vaso. Ogni tanto li devi cambiare perché marciscono.