Facebook oscura i “fascisti”, ma ignora la libertà di parola
CasaPound e Forza Nuova da una parte, come pure esponenti di sinistra e centri sociali dall’altra, sono spesso caduti in eccessi. Ma la decisione del colosso di Zuckerberg di oscurare gli account dei primi appare azzardata. I due partiti sono stati associati a “organizzazioni pericolose”, eppure partecipano a elezioni democratiche: perché allora hanno subìto la censura?
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Gli estremismi di qualsiasi colore sono deprecabili sempre e comunque. Usare i social per fomentare odio e violenza e per alimentare un clima di contrapposizione ideologica è quanto di più lontano ci possa essere da un corretto esercizio della libertà d’espressione.
CasaPound e Forza Nuova da una parte, ma parimenti alcuni estremisti di sinistra che fiancheggiano i centri sociali dall’altra, sono spesso caduti in eccessi verbali e non solo, e bene hanno fatto in moltissime occasioni le autorità di polizia a intervenire per contenere la portata di certe manifestazioni di piazza, che sovente hanno avuto appendici virtuali anche su alcuni siti web e nei social.
Quello che è successo nel web due giorni fa non sembra però esattamente riconducibile ai canoni di una corretta vigilanza su presunti abusi o intemperanze o eccessi verbali. Proprio nelle ore in cui la Camera dei deputati votava la fiducia al Conte-bis e fuori da Montecitorio il centrodestra (Forza Italia esclusa) manifestava contro il nuovo governo, gli account Facebook e Instagram di CasaPound e Forza Nuova, movimenti neofascisti, sono stati oscurati. I profili ufficiali dei due partiti e quelli di numerosi attivisti, dirigenti e responsabili nazionali, locali e provinciali, compresi quelli degli eletti in alcune città italiane, sono stati cancellati. Sono rimasti invece attivi i profili Twitter.
La decisione della piattaforma di Mark Zuckerberg è stata in prima battuta salutata come una liberazione negli ambienti di sinistra e filogovernativi, ma a una valutazione più attenta è apparsa un tantino azzardata e ha rilanciato una discussione che nel mondo della Rete continua a tenere banco da anni, cioè quella dell’eccessivo potere nelle mani dei colossi del web, che sono soggetti privati ma in grado di limitare beni pubblici come la libertà d’espressione.
Si tratta di aziende multinazionali che incamerano colossali profitti grazie ai dati degli utenti e poi si ergono a paladini dei loro diritti individuali, applicando criteri e parametri spesso oscuri e discutibili. «Qui non c'è spazio per l'odio», è stata la motivazione ufficiale dei social network, entrambi di proprietà di Mark Zuckerberg. «Schifati da un attacco senza precedenti» e «uno sputo in faccia alla democrazia», i commenti dei due leader di CasaPound, Gianluca Iannone e Simone Di Stefano, mentre Roberto Fiore, vertice di Forza Nuova, ha parlato di «repressione del pensiero».
Ma per quali ragioni quelle organizzazioni neofasciste, che peraltro partecipano alle elezioni democratiche eleggendo anche propri rappresentanti nelle istituzioni, hanno subìto tale censura? Nel caso specifico di due giorni fa, stando a chi era presente alla manifestazione in piazza Montecitorio, ma anche leggendo i post di quelle ore sui profili social poi chiusi d’imperio, non si rintracciavano elementi di reato né indizi di offese particolarmente gravi ai danni di istituzioni o governi o personaggi politici.
Facebook ha spiegato: «Le persone e le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non trovano posto su Facebook e Instagram. Candidati e partiti politici, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia».
Da sempre Facebook blocca individui o organizzazioni che incitano all'odio o che sono coinvolti in azioni violente. Il Fatto Quotidiano ha scritto ieri che CasaPound e Forza Nuova sono state equiparate alle organizzazioni terroristiche e che la «rimozione delle pagine non è conseguenza della pubblicazione di un contenuto specifico, bensì dell’identificazione dei due partiti come “organizzazioni pericolose”». Nell’articolo si legge infatti che le regole della piattaforma pongono sullo stesso piano le organizzazioni terroristiche, quelle criminali e chi in generale promuove «l’odio verso una certa categoria di persone sulla base del colore della pelle, dell'etnia, della nazionalità, della religione, del sesso, dell’identità di genere, dell’orientamento sessuale, della disabilità o di una malattia».
La decisione dei social network di Zuckerberg non è nuova: durante la scorsa campagna elettorale erano infatti state oscurate diverse pagine di CasaPound. Forse questa volta l’oscuramento, come detto, non si giustifica in ragione di comportamenti particolarmente violenti o offensivi. Sarebbe opportuno che i titolari delle piattaforme social spiegassero in maniera più puntuale, trasparente, chiara e argomentata cosa intendono per libertà d’espressione, visto che le loro policy interne finiscono per incidere su un bene universalmente protetto dalle Costituzioni e dalle leggi di ogni Stato democratico.