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il punto

Evangelizzare o umanizzare il sociale?

Dottrina sociale 27_10_2021

Nel 1991 i vescovi italiani avevano pubblicato un Direttorio di pastorale sociale dal titolo “Evangelizzare il sociale”. Il vescovo Giampaolo Crepaldi, che allora aveva curato il documento in quanto direttore dell’Ufficio nazionale della CEI per i problemi sociali e il lavoro, ha ricordato il suo contenuto e considerato la sua evoluzione nel suo libro-intervista “La Chiesa italiana e Il futuro della pastorale sociale”. Un Direttorio è un documento con cui il magistero dice cosa si deve fare e chi deve farlo. A quel tempo si riteneva che la Dottrina sociale della Chiesa appartenesse alla missione stessa della Chiesa e che quindi tutti i ministeri ecclesiali vi fossero coinvolti con la loro specificità, da qui la necessità di un Direttorio.

“Evangelizzare il sociale” negli anni Novanta del secolo scorso era una espressione ricorrente. Esprimeva la visione che della Dottrina sociale della Chiesa aveva Giovanni Paolo II, espressa già da arcivescovo di Cracovia in una lunga intervista concessa a Vittorio Possenti e più volte edita negli anni successivi. Visione poi sviluppata con la solennità del magistero pontificio nelle sue tre grandi encicliche sociali. L’espressione aveva un significato “missionario” ed era legata all’altra nozione allora molto adoperata: “nuova evangelizzazione”. L’aggettivo “nuova” aveva il significato di “ri-evangelizzazione”: la società doveva essere di nuovo evangelizzata perché non lo era più, vale a dire perché Cristo non aveva più un suo posto nella pubblica piazza, concetto questo ripreso e sviluppato da Benedetto XVI che ha sempre spinto a creare un posto per Dio in pubblico.

Nella Chiesa di oggi la nozione di “Evangelizzare il sociale” non esiste più. L’unica cosa che si riesce ancora  a dire nella Chiesa è di “umanizzare” il sociale, ma l’idea che nell’agire sociale dei cattolici debba esserci l’annuncio di Cristo non è più evidente, anzi è decisamente trascurato o addirittura contestato. Anche le Settimane sociali, come quella che si è celebrata a Taranto pochi giorni fa, parlano di energia e ambiente ma non di Cristo. Se poi consideriamo gli interventi di Francesco la cosa si fa molto evidente.

I motivi di questo “cambio di paradigma” sono molti ed erano già attivi quando Giovanni Paolo II parlava di “nuova evangelizzazione”, anzi erano alla base della contestazione di quella linea da parte di teologi e vescovi. Indichiamone alcuni.

La nozione di “nuova evangelizzazione” ha bisogno di una concezione metafisica, come tra forma e materia o tra anima e corpo, del rapporto tra la Chiesa, che evangelizza, e il mondo, che viene evangelizzato. Una concezione solo esistenziale e storica non è sufficiente, perché in questo caso la Chiesa si dovrebbe accontentare di “accompagnare” il mondo e non di salvarlo. Oggi, però, quella concezione metafisica viene rifiutata.

La nozione di “nuova evangelizzazione” ha bisogno che tutta la vita sociale possa essere evangelizzata, compresa la presenza sociale delle altre religioni. Questo implica che la religione cattolica si intenda come vera e come unica, come “veramente unica” e “unicamente vera”. Ma oggi non è più così.

La nozione di “nuova evangelizzazione” ha bisogno di essere estesa non solo alle coscienze degli uomini che vengono “evangelizzati”, ma anche alle strutture sociali, economiche, giuridiche, politiche. Ma oggi questo viene negato perché lo si considera una forma di integralismo. Se però questo aspetto manca, la Chiesa diventa una agenzia di animazione sociale e il posto di Dio in pubblico non è garantito fino in fondo, ma solo nelle coscienze: questo è stato l’errore del personalismo cristiano di Maritain e altri.

La nozione di “nuova evangelizzazione” ha bisogno di ripristinare nel giusto modo il rapporto tra la ragione (politica) e la fede (cattolica) in modo che non ne derivi una forma di teocrazia, ma di distinzione dei piani nella loro connessione essenziale e nel primato della fede sulla ragione. Benedetto XVI aveva iniziato questo lavoro che poi è stato interrotto. In questo modo, per evitare l’integralismo e la teocrazia si cade nel laicismo e nel secolarismo.

Mi sono soffermato brevemente su quattro elementi che oggi mancano e che impediscono di riprendere il concetto di “evangelizzazione del sociale” e di “nuova evangelizzazione”. Altri ce ne sarebbero. Anche solo da questi quattro, tuttavia, si capisce che siamo davanti ad un vero “nuovo paradigma” che sostituisce “evangelizzare” con “umanizzare”, senza però riuscirci, perché senza Cristo è perduto anche l’uomo e dalla “umanizzazione” si passa facilmente alla “scristianizzazione”.