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ISLAM

Cipro, un esperimento di islamizzazione ai confini dell'Ue

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Un paese dell'Ue, Cipro, è occupato per un terzo dai turchi, da cinquant'anni. Nella parte occupata, l'autoproclamata Repubblica di Cipro Nord, è in corso un esperimento di islamizzazione e cancellazione del passato cristiano.

Libertà religiosa 02_07_2025
L'ex cattedrale di San Nicola a Famagosta (foto di Stefano Magni)

Nel Mediterraneo orientale, dove l’Europa finisce e comincia il Medio Oriente, c’è un grande esperimento di islamizzazione in corso: Cipro è uno Stato indipendente, membro dell’Ue, ma un terzo del suo territorio è occupato dai turchi dal 1974. Solo secondo il governo di Ankara, quella parte di isola è Repubblica di Cipro Nord. Per tutto il resto del mondo è un pezzo di isola illegalmente occupato da una potenza straniera. Ed è in quello spicchio di territorio che l’islamizzazione è in corso.

Il turista distratto può ammirare le meraviglie di questa isola mediterranea, con le caratteristiche di tutte le isole greche: le spiagge, gli alberghi di lusso, la movida che non si ferma mai, l’archeologia che incontri ad ogni passo a ricordarti che la civiltà, in quella terra, è fiorita 2500 anni fa. Un altro aspetto non può essere ignorato. Quasi a metà isola e nel pieno centro della capitale Nicosia, c’è un confine militarizzato, come non se ne vedono, in Europa, dai tempi della fine della guerra fredda. “Zona occupata dai turchi dal 1974” si legge sulle mappe della capitale: oltre una linea, che passa nel mezzo della città antica, la carta diventa muta. Quella scritta, che ricorda un’ingiustizia subita da cinquant’anni, suona sinistramente come l’hic sunt leones romano, nelle aree della terra non ancora mappate. Nelle campagne, la “linea verde” (o “linea Attila”) è ancora più disturbante, un pugno in un occhio se paragonata alle bellezze quiete del resto del paese: è una recinzione, con filo spinato e torrette di guardia. La bandiera è quella dell’Onu, i caschi blu sorvegliano l’area.

Il simbolo di quella divisione politica, nata dalla guerra del ’74, è la città fantasma di Varosha. Era un centro turistico di grido fino ai primi anni ’70, frequentato da Vip di allora del calibro di Paul Newman e Brigitte Bardot. Oggi l’albergo frequentato dalle star, il King George, è sommerso dalla natura, le sue mura cascano a pezzi come tutto il resto della città. Insegne sbiadite e ristoranti abbandonati, restano come una foto di un momento in cui la vita dell’isola (che allora aveva compiuto il suo 14mo anno di indipendenza dall’Impero Britannico) cambiò per sempre. Un ex abitante ci spiega i momenti di terrore, quando la spiaggia era talmente piena di cittadini in fuga che per percorrere qualche decina di metri si impiegavano ore. Una chiesa giace, mezza distrutta, fra il King George e l’ex pub The White Horse Inn, anche questo sommerso dalle piante. La chiesa è quella ortodossa della Santissima Trinità, abbandonata al momento dell’invasione turca, quando era stata appena consacrata. È stata una delle primissime vittime dell’islamizzazione.

Non si tratta di un fenomeno nuovo. È avvenuto (o meglio: sta avvenendo) in almeno tre fasi. La prima inizia nel passato remoto. L’isola di Cipro, ex provincia tolemaica, poi romana e bizantina, venne governata dai franchi, dopo che Riccardo Cuor di Leone l’aveva conquistata nel 1191 durante la Terza Crociata e ceduta al nobile casato di Poitiers dei Lusignano. In quei due secoli di regno franco vennero edificate mura, castelli e cattedrali gotiche. I veneziani subentrarono ai franchi nel XV Secolo, preservando quel che già c’era e aggiungendo del loro. La storia cristiana sull’isola venne brutalmente interrotta con l’invasione ottomana del 1571, ricordata per il lungo assedio di Famagosta e per il crudele supplizio inflitto (a tradimento) al suo comandante, Marcantonio Bragadin. Le splendide chiese e cattedrali gotiche vennero subito trasformate in moschee. Mosaici e affreschi furono coperti con una mano di calce e vernice, le immense vetrate sostituite con caleidoscopi di vetri colorati. Nei quattro secoli che seguirono, né la fine del dominio ottomano, né la fine del successivo dominio britannico, restituirono alla cristianità cattolica quelle chiese. La libertà di culto venne sancita nella costituzione del nuovo Stato indipendente nel 1960 e le moschee rimasero tali.

Vederle è istruttivo. Si tratta di vere e proprie decapitazioni di cattedrali gotiche, private dei loro campanili e dei loro tetti aguzzi. Su di esse sono visibili degli innesti, soprattutto quelli dei minareti. La prima cosa che si nota, entrando a mezzogiorno nella parte turca dell’isola, è il richiamo dei muezzin. E proviene dai minareti di quelle che un tempo erano cattedrali, come Santa Sofia, luogo di incoronazioni a Nicosia. E di San Nicola, o di San Pietro e Paolo, splendidi esempi di gotico nel cuore di Famagosta. L’interno dà un senso di sterilità: tutte le pareti bianche, solo pochi rosoni con i versetti del corano, tappeti su tutto il pavimento, la nicchia ricavata nella navata destra, verso la Mecca. Ogni segno cristiano è stato accuratamente cancellato.

Muezzin a parte, non si notano troppe differenze fra la Cipro sud di etnia e lingua greca e la Cipro nord turca. Non c’è quella sensazione di salto dimensionale che si provava, ad esempio, varcando il muro di Berlino e ancora oggi il confine fra le due Coree, quando si cambia, non solo paese, ma anche sistema. La Turchia è capitalista quanto Cipro e, a parte il cambio della valuta (si passa dall’euro alla lira turca), il resto cambia poco: file di negozi, negozietti e bancarelle in centro, banche, ristoranti, pub, alberghi e tantissimo turismo. Un occhio attento, però, nota che manca qualcosa: le croci. I turchi le hanno rimosse quasi tutte quando hanno occupato Cipro Nord, ci spiega un greco che ha perso casa e terreno durante l’invasione.

Ed è questa la seconda islamizzazione. Per cancellare l’identità fortemente ortodossa dell’isola (la Chiesa autocefala fu l’anima dell’indipendentismo, Macario III divenne il primo presidente eletto dopo il ritiro degli inglesi), le chiese vennero trasformate. Dal 1974 ad oggi, su 5mila chiese, ne sono rimaste appena poche centinaia in tutta la Cipro occupata. Il direttore del Museo Bizantino di Nicosia, Ioannis Eliades, nel 2021 spiegava al Catholic World Record: «Dal 1974 almeno una chiesa in ogni villaggio è stata convertita in moschea». Eliades denuncia anche un grande saccheggio di arte cristiana, iniziato con l’invasione e mai finito da allora. Sono spariti anche interi mosaici bizantini. Non tutte sono diventate luoghi di culto islamici: centinaia di chiese ortodosse sono state semplicemente distrutte. Grazie a fondi europei, una parte di esse è stata ricostruita. Ma, spiega Eliades: «alcune chiese sono state salvate, circa due o tre all'anno, dal 2012. Ma nell'ultimo anno tutto si è fermato, a causa della pandemia e dell'atteggiamento più rigido del nuovo presidente di Cipro del Nord», cioè Ersin Tatar, sponsorizzato da Erdogan e tuttora in carica (fino al prossimo ottobre). Le chiese restaurate finora sono «poche decine», stima Eliades. «In ogni caso», aggiunge, «anche dopo il restauro, ai fedeli non è consentito frequentarle regolarmente per celebrare funzioni religiose, come se le chiese non fossero più di loro proprietà».

Da Cipro Nord, con l’invasione del 1974 sono fuggiti al sud 200mila greco-ciprioti di religione ortodossa. I turco-ciprioti stanno diventando minoranza in casa loro, perché i territori occupati sono stati ripopolati prontamente da coloni turchi provenienti dall’Anatolia. E la terza ondata di islamizzazione riguarda soprattutto loro, che sono laici (di donne velate, effettivamente, se ne vedono davvero poche in giro), dunque invisi alla nuova classe dirigente fondamentalista, legata ai Fratelli Musulmani. Di Cipro si parla pochissimo sui nostri media, ma tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, migliaia di persone sono scese in piazza a Nicosia e in altre città di Cipro Nord per protestare contro una nuova legge che permette il velo alle minorenni a scuola. “Permettere” il velo è l’ultimo passo prima di “imporlo”, un confine sottile della legge che i turchi di Cipro non vorrebbero passare. Altre proteste sono scoppiate per la costruzione, a Nicosia, di un grande centro politico e religioso, un palazzo Kulliye, come ce ne sono tanti altri in Turchia: un complesso architettonico in cui la moschea e palazzi istituzionali sono integrati. Ma dove è la moschea al centro. I manifestanti hanno poche possibilità di successo. L’economia di Cipro Nord dipende dalla volontà di Erdogan. E il presidente turco ha parlato chiaro: «Coloro che cercano di distruggere la nostra fratellanza, di creare divisioni tra noi e di seminare odio... non avranno successo».

Dopo la prima antica islamizzazione ottomana, dunque, la seconda ha cancellato l’identità nazionale e religiosa ortodossa, la terza mira a convertire quei musulmani che non lo sono abbastanza, o che per lo meno non vogliono che la loro fede diventi legge di Stato, come in un regime islamico.