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CULTURA DELLA MORTE

Eutanasia in Belgio, il boom infernale: +147% in 8 anni

Dal Belgio arriva un nuovo agghiacciante report sull'eutanasia che ha registrato un'impennata spaventosa, del 147%, dal 2010 al 2018. In più, anche in Olanda la situazione della cosiddetta "dolce morte" appare fuori controllo e colpisce i più deboli, come persone affette da demenza e pazienti con problemi psichiatrici, spesso senza che nemmeno venga richiesta.

Vita e bioetica 07_03_2019

Negli stessi giorni in cui il Parlamento italiano sta iniziando l’esame di una proposta legislativa sull’eutanasia, dal Belgio arriva un nuovo agghiacciante report sulla cosiddetta «dolce morte». Il documento, pubblicato il 28 febbraio, si riferisce all’anno 2018. A prima vista, esso attesta un aumento solo lieve dei decessi per eutanasia, cresciuti dai 2.309 del 2017 ai 2.357 dello scorso anno. Una crescita contenuta, essenzialmente dovuta, suggeriscono gli esperti, al fatto che i tribunali anche internazionali stanno iniziando finalmente a occuparsi dei casi più controversi.

Risale per esempio al gennaio di quest’anno la notizia dell’interessamento della Corte europea dei diritti umani a pronunciarsi sulla morte della signora Godelieva De Troyer, soppressa in Belgio nell’aprile 2012 con l’eutanasia all’età di 65 anni solo perché «depressa non trattabile», per di più all’insaputa dei familiari. Ma al di là dei singoli casi, uno sguardo più attento a Euthanasie - Chiffres de l’année 2018, questo il nome del rapporto belga, evidenzia comunque una situazione preoccupante. Infatti, se da un lato dal 2017 al 2018 la situazione della «dolce morte» nel Paese pare sotto controllo, dall’altro l’aumento risulta comunque esponenziale dato che, dal momento della sua legalizzazione, nel settembre del 2002, in Belgio l’eutanasia ha iniziato a crescere senza mai più fermarsi, passando dai 349 casi del 2004 ai quasi 2.400 attuali.

A colpire, in particolare, è il confronto tra le morti conteggiate nel 2010, 953, con quelle rilevate lo scorso anno, da cui si evince un’impennata spaventosa, pari al 147% in 8 anni. Numeri sconvolgenti ma che, a detta di alcuni bioeticisti, potrebbero non essere completi di tutti gli effettivi casi di morti procurate nel Paese. Al che, a questo punto, uno potrebbe pensare che il problema, qui, non sia l’eutanasia legale, ma sia il sistema sanitario belga, deficitario di assistenza e controlli. Peccato che le cose non stiano esattamente in questi termini.

Anche in Olanda, infatti, la situazione dell’eutanasia appare fuori controllo. E a certificarlo ancora una volta sono implacabili dati: i 1.882 casi di morte on demand del 2002 sono diventati 3.695 nel 2011, 5.306 nel 2014 e addirittura 6.585 nel 2017. Anche qui, numeri che descrivono un’impennata costante e che diventano ancor più allarmanti se confrontati col totale dei decessi nel Paese. Infatti, se già nel 2012, come stimato da Wesley J. Smith su National Review, i casi di eutanasia rappresentavano il 12% del totale delle morti olandesi, nel 2017 le morti indotte ammontavano - come riferisce il Guardian - a circa il 25% del totale.

In pratica, una morte ogni quattro avviene per mano medica. Il mortifero dilagare dell’Olanda - dove nel 2017 si sono fra l’altro registrate oltre 80 eutanasie su persone affette da demenza e pazienti con problemi psichiatrici, nonché casi di «dolce morte» di coppia perché uno dei due partner temeva la vedovanza, senza dimenticare quelli avvenuti in assenza di qualsivoglia precedente richiesta di morte - non fa dunque che confermare come l’altrettanto drammatica esperienza del Belgio sia perfettamente in linea con quella «china scivolosa» che, ogni qualvolta viene legalizzata la morte assistita, disintegra il rapporto medico-paziente, aprendo le porte all’inferno eutanasico.

Ora, dal momento, come si diceva all’inizio, che il nostro Parlamento sarà a breve chiamato a pronunciarsi su una legge che va proprio in questa direzione - e cioè volta, a istituzionalizzare in Italia quella «dolce morte» già introdotta, di fatto, con il biotestamento -, sarebbe il caso di informare onorevoli e parlamentari di quanto accade in Olanda e, appunto, Belgio. Così che ciascuno si assuma fino in fondo le proprie responsabilità e nessuno possa poi dire che non sapeva.