Eutanasia anche per i neonati. Succede in Belgio
Il termine "eutanasia" non viene mai usato per questi casi, però in un solo anno, fra 2016 e 2017, sono stati soppressi 24 bambini da 0 a 1 anno di età, perché non avrebbero avuto alcuna "speranza di un futuro sopportabile". Di questi casi non si parla, perché i genitori hanno dato il loro assenso. Quando si parla di "dolce morte", sappiamo cosa è realmente?
Nelle ore in cui è circolata la notizia del superamento del milione di firme per il referendum sull’eutanasia legale – con il comitato organizzatore che ha completato la certificazione di oltre 513mila sottoscrizioni - pare decisamente il caso di avviare una riflessione su ciò che accade là dove la «dolce morte» è legalizzata sul serio, e da tempo. Come in Belgio dove, nell’indifferenza generale, ha da alcuni anni preso piede un fenomeno sconvolgente: quello della soppressione di neonati le cui vite sono ritenute «indegne di essere vissute».
Che non si tratti di una bufala è testimoniato dal fatto che tale realtà è stata richiamata da un recente articolo, di cui nessuno in Italia ha dato notizia, uscito sulla rivista scientifica Archives of Disease in Childhood - Fetal and Neonatal Edition – e commentato sul sito dell’European Institute of Bioethics – il cui titolo, End-of-life decisions in neonates and infants, lascia a malapena trasparire la gravità del tema di cui si sta parlando. Che è la deliberata soppressione di vite umane praticata ogni volta che l'équipe medica aveva valutato e ritenuto che non vi fosse «nessuna speranza di un futuro sopportabile».
Secondo quanto riporta la pubblicazione, tra settembre 2016 e dicembre 2017, questi interventi hanno interessato 24 bambini di età compresa tra 0 e 1 anno. 24 bambini vuol dire che il 10% dei piccoli morti entro il loro primo anno di vita, nelle Fiandre, è venuto a mancare sulla base di una decisione precedente, sfociata in un trattamento attivo come una iniezione letale. Tale percentuale, oltre ad essere assai elevata, certifica un aumento dato che in rilevazioni effettuate tra il 1999 e il 2000, essa risultava essere del 7%.
Ora, quali siano le criticità etiche di una simile realtà è evidente, dal momento che si tratta di veri e propri infanticidi, ancorché commessi sulla base d’un asserito «futuro non sopportabile»; il punto è che, a ben vedere, ce ne sono anche di giuridiche dal momento che, fino a prova contraria, la legislazione belga consente già l’eutanasia su un minore, sì, ma a patto che egli risulti capace di discernimento e sia cosciente, al momento della richiesta della «dolce morte». Come si spiega, allora, che decine di soppressioni neonatali si consumino ogni anno, in Belgio, nella sostanziale indifferenza generale?
Dei tragici casi dei bambini inglesi - Alfie Evans, Charlie Gard e Isaiah Haastrup – si è doverosamente parlato per settimane, se non per mesi, come mai allora sul 10% dei neonati morti nelle Fiandre causa eutanasia è scesa, negli anni, una cappa di preoccupante silenzio? Il dilemma non pare campato per aria, evidentemente, e si può chiarire con almeno un paio di spiegazioni. La prima è che questi poveri neonati sono stati eliminati con certezza quasi assoluta con l’assenso dei genitori; diversamente i loro casi sarebbero infatti finiti subito in tribunale, non sulle pagine di un articolo scientifico nel quale, peraltro, di eutanasia non si parla mai apertamente.
Una seconda spiegazione del fenomeno – e anche del perché i genitori di questi bambini hanno dato verosimilmente l’assenso alla loro procurata morte – deriva invece dal clima culturale che, purtroppo, sembra ormai essersi creato in Belgio. Parliamo di un clima mortifero, come prova anche il fatto che i decessi su richiesta siano in crescita esponenziale - dal 2003 al 2019 son cresciuti di oltre il 1.000% - senza che ciò scandalizzi troppo.
Di qui un piccolo dubbio finale: ma il milione e passa di sottoscrittori del referendum sull’eutanasia legale, sono informati di quel che succede nelle Fiandre? Che ne pensano? E soprattutto: ai banchetti dove le firme sono raccolte, queste cose vengono raccontate, oppure si continua a contrabbandare l’eutanasia come un tema personale, senza alcuna conseguenza sociale? Il dubbio, ed anche più di un dubbio, francamente viene.