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GIANCARLO PAGLIARINI

Euro? Va talmente bene che è meglio farne due

Mai tornare alla lira. Ma è meglio ricorrere all'adozione temporanea di euro svalutati per le economie più deboli, in modo da aiutarle a superare la crisi. Giancarlo Pagliarini, ex ministro del governo Berlusconi, interviene nel dibattito.

Economia 09_05_2014
Euro

La valuta unica europea è veramente il nostro unico orizzonte? Un teorico da tempi non sospetti della competizione fra differenti valute è Giancarlo Pagliarini, già ministro del Bilancio e della Programmazione Economica nel primo governo Berlusconi (1994) e autore di “Per non morire d’Europa”, un saggio pubblicato nel 1997, quando l’Italia aveva ancora la lira. Allora suggeriva addirittura di dividere la lira, con una valuta più forte al Nord, capace di agganciarsi all’euro ed una più svalutata al Sud, in grado di far ripartire l’economia meridionale grazie alle esportazioni e al turismo. Da allora ad oggi non ha cambiato idea. L’ha attualizzata: sostiene un euro forte per le economie più solide dell’Europa centro-settentrionale ed uno più svalutato per quelle più deboli dei Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna), per tamponare la crisi.

Sentito telefonicamente, l’ex ministro ci mette subito in guardia dalla ricetta della Lega Nord, l’uscita dall’euro, di cui è stato un esponente di spicco fino al 2007: «Fra euro e lira è cento volte meglio l’euro. Non stiamo a fare i salti mortali per spiegarlo: è più comodo. Io vado spesso a Barcellona e Berlino, uso sempre la stessa moneta, non devo star lì a cambiare tutte le monetine, a pagare il cambio, a non capire niente dei prezzi. Compro ogni cosa con la mia stessa moneta e capisco al volo quanto vale». La Lega Nord sostiene che l’euro sia una delle cause fondamentali della nostra crisi, la più lunga della storia d’Italia. «Spiace dirlo, ma questo è falso. Proprio la Lega era nata sapendo quali fossero le cause della crisi: la struttura centralista dello Stato italiano. Dire che è l’euro la causa della crisi è una comoda scorciatoia e non ci permette di affrontare il nostro vero problema». Quanto al recupero della sovranità monetaria? «Se noi abbiamo più di 2000 miliardi di debito pubblico, lo dobbiamo alla nostra sovranità monetaria, cioè alla gestione delinquenziale della nostra valuta da parte di una classe politica che è sempre lì al potere. Se non avessimo mai avuto sovranità monetaria, oggi staremmo tutti meglio. Fa semplicemente ridere pensare che sia la Lega Nord (che è la Lega Nord) a suggerire di ridare la politica monetaria nelle mani del governo a Roma!».

Parlando della sua idea di dividere l’euro, Pagliarini spiega che: «La divisione dell’euro in una valuta forte e una debole cerca di riprodurre quel che avverrebbe in un vero mercato della moneta. Solo una realtà economica forte produce una valuta forte, un’economia debole, al contrario, produce una moneta svalutata. Per un motivo molto semplice: non presti soldi a una persona che, molto probabilmente, non te li restituirebbe mai. Li presti solo se il debitore può pagare tassi alti e si dimostra un buon pagatore. Se la moneta fosse affidata al libero mercato, dunque, noi avremmo monete differenti, con diversi valori. Siccome l’Europa è invece tendenzialmente sovietica e tutto viene deciso dagli Stati, allora si deve trovare una via di mezzo, come la divisione fra euro forte ed euro debole. È un modo per dare a Paesi malati cronici, come il nostro e come la Grecia, una droga per superare un momento di dolore acuto e uscire dalla crisi. Poter svalutare è una droga, questo deve essere sempre chiaro. Una persona che sta bene non assume morfina, si beve del buon vino bianco. Una persona che sta malissimo, invece, può aver bisogno di droghe per poter superare certe situazioni. L’Italia è in questa condizione. Ha un’economia molto debole che necessita di una moneta molto svalutata. E d’altra parte, come ho sempre scritto, Finlandia e Grecia non possono avere lo stesso euro, così come Veneto e Calabria non avrebbero dovuto avere la stessa lira. Diamoci questa droga, quella della svalutazione competitiva. Con una moneta debole potremmo dare un po’ di respiro alle aziende, aumentare le esportazioni, aumentare il turismo, potremmo cercare di rimetterci al pari con gli altri. Ma non facciamoci illusioni, nemmeno in quel caso, perché la droga fa sempre male. Ci toglie il dolore, ma poi siamo noi che dobbiamo curarci, cambiando struttura, cambiando costituzione, adottando un sistema federale».

Altre soluzioni sono meno realistiche: «Se andiamo avanti col farci prestare soldi è chiaro che, con un’economia debole come la nostra, ci verranno chiesti tassi di interesse sempre più alti. E non si può chiedere ai tedeschi di sacrificarsi per il nostro bene, buttando in Italia soldi dei loro cittadini. Non è neppure possibile compensare la crisi con una maggior mobilità entro l’Europa. Non siamo gli Stati Uniti, dove se è in crisi Detroit la gente del posto può spostarsi in Texas, o viceversa in altri periodi. In Europa non funziona così. Ci sono lingue diverse, barriere culturali molto alte e mentalità diverse. E quando non hai mobilità non riesci a superare le differenze fra economie deboli e forti».

Questa forma di svalutazione competitiva, secondo una proposta tedesca di due anni fa, suggerita come soluzione-tampone alla crisi greca, si basava su tassi di cambio prefissati dalla Bce. Uno sdoppiamento dell'euro nella sua versione forte e debole controllato e concordato. Comunque, deve «essere una soluzione solo temporanea. Una volta rimessi in carreggiata, si deve riadattare una valuta più forte. L’Italia è andata avanti per decenni con le svalutazioni competitive, eppure, anche se alcuni dicono il contrario, non è affatto diventata un sistema-Paese più forte. La moneta debole, è, lo ricordo ancora una volta, una droga. Serve per calmare il dolore della crisi, ma poi ti devi saper rialzare col sudore della fronte».