Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL BUON USO DELLE PAROLE / 4

Ethos, pathos, logos: gli ingredienti di un buon discorso

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L’ethos è la credibilità che ogni oratore dovrebbe possedere. Il pathos è la componente che fa emozionare il pubblico. Il logos è il mezzo di persuasione basato sui contenuti e sugli argomenti.

Cultura 19_02_2024
William Golding

Nel romanzo Il signore delle mosche, scritto da William Golding, i discorsi di tre ragazzi sono accolti in modo differente dall’assemblea: Jack è applaudito, mentre Ralph e Piggy no. Aristotele ci può aiutare a capire meglio le ragioni del plauso, quando nella Retorica indica come aspetti caratterizzanti e fondamentali per un oratore: ethos, pathos, logos.

L’ethos è la credibilità che ogni oratore dovrebbe possedere, la sua affidabilità che si concretizza durante il discorso, pronunciato con competenza e conoscenza. Scrive Aristotele: «La persuasione si realizza per mezzo del carattere quando il discorso sia fatto in modo da rendere credibile l’oratore: noi crediamo alle persone affidabili in misura maggiore» (Retorica I, 2). Per il filosofo non contano le opinioni precedenti dell’uditorio riguardanti l’oratore, è solo il discorso (con quanto viene detto) che permette di raggiungere l’ethos.

Isocrate sosterrà più tardi che l’ethos è legato alla morale e alla storia dell’oratore che possono avere un’influenza notevole sul pubblico, sia in senso positivo che negativo, a prescindere dal discorso che poi lui pronuncerà. L’ethos deriva, quindi, non dal ragionamento del retore, ma preesiste nell’oratore: consiste nella reputazione, nella credibilità, nella fiducia che l’ascoltatore ripone nell’oratore. Se manca l’ethos inteso come una credibilità che un oratore si è acquistato con la sua vita, la sua storia, la moralità della sua persona, anche il migliore ragionamento non potrà persuadere, perché l’uditorio non riporrà fiducia in un parlatore screditato e inaffidabile.

Nel De oratore, Cicerone attribuisce al perfetto oratore le caratteristiche dell’autorevolezza, dell’onestà e della saggezza, che possono in un certo senso descrivere in altro modo il concetto di ethos greco: «È compito dell’oratore esprimere il proprio pensiero in modo autorevole quando interviene su questioni molto importanti».

Il pathos è la componente della persona e, in questo caso, dell’oratore che fa emozionare il pubblico: «La persuasione si realizza invece tramite gli ascoltatori quando questi siano condotti dal discorso a provare un’emozione: i giudizi non vengono emessi allo stesso modo se si è influenzati da sentimenti di dolore o di gioia, oppure di amicizia o di odio» (Retorica I, 2). Anche Cicerone è convinto che l’oratore debba conoscere tutti i sentimenti e gli stati d’animo umani, perché deve essere in grado di suscitare o di placare le emozioni degli ascoltatori.

Il logos è il mezzo di persuasione basato sui discorsi, sui contenuti e sugli argomenti. Il discorso deve dimostrare qualcosa. In questo caso, secondo Aristotele, la persuasione viene ottenuta attraverso il vero o ciò che appare come tale. L’argomentazione dovrà essere logica, coerente, suffragata da prove che soddisfino la parte razionale dell’uditore che non dovrà nutrire dubbi sulla veridicità dell’argomentazione addotta. «Il discorso», scrive Cicerone nel De oratore, «deve sbocciare e scaturire da una padronanza degli argomenti: se il tema non è stato appreso bene dall’oratore, suonerà come una sterile e infantile esposizione».

In poche parole, i tre aspetti della persuasione, ethos, pathos, logos, riguardano tre componenti della comunicazione. Cosa penserebbe Aristotele del discorso dei tre ragazzi? Piggy è dotato di logos, ma non ha ethos, credibilità, perché tutti lo guardano con tono denigratorio per il suo aspetto e il carattere remissivo. Piggy può avere l’ethos se è deriso in partenza e nessuno lo ascolta? Al riguardo Isocrate ha ragione rispetto ad Aristotele: l’ethos non deriva solo dall’orazione tenuta, ma anche dalla storia dell’oratore e dalla credibilità che viene a lui attribuita, già prima che inizi a parlare. Ralph ha ethos, ma è carente di logos: non ha idee, né tantomeno possiede il vocabolario adeguato per esprimere i concetti che vuole comunicare.

Jack riesce a conquistare il plauso dei ragazzi dinanzi all’assemblea, perché accentua molto la dimensione del pathos e dell’emotività: insiste sulla paura, cercando di dimostrare che la paura non può arrecare alcun male. Le sue parole sono dotate di logos, perché ricercano la concatenazione logica e argomentativa che conclude che «non c’è nessuna bestia […] ma […] non c’è nemmeno nessuna paura»: lui ha attraversato l’isola e può testimoniarlo. L’autenticità del discorso è suffragata da una testimonianza diretta.

Nei capitoli successivi de Il signore delle mosche i discorsi di Jack mostrano una carenza di ethos. Il capo dei cacciatori cerca di scalzare Ralph dalla guida, palesando il desiderio di sostituirlo, ambizione e tanta invidia per il compagno, guardato come un rivale, piuttosto che come un amico e socio nella missione di riportare tutti i compagni a casa. I ragazzi che partecipano all’assemblea non concordano con la sua decisione di sostituire il capo Ralph: nessuno alza la mano per avallare la sua proposta. L’ethos di un discorso è alimentato dalla verità e dal bene progettato per tutta la comunità.



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