Entra in scena l’eroina Camilla
L’XI libro dell’Eneide celebra la grandezza dell’eroina Camilla, figlia del re dei Volsci Metabo, presentata da Virgilio alla fine dell’VIII libro.
L’XI libro dell’Eneide celebra la grandezza dell’eroina Camilla, figlia del re dei Volsci Metabo, presentata da Virgilio alla fine dell’VIII libro. Consacrata a Diana, Camilla è sia cacciatrice che guerriera. Impavida, coraggiosa, manifesta tutta la sua straordinaria bellezza. Virgilio crea così un personaggio che avrà una lunga fortuna letteraria e che entrerà nel Pantheon delle più grandi eroine create dalla penna di uno scrittore.
Nel I canto dell’Inferno Virgilio profetizza che il Veltro sarà la salvezza dell’Italia, per cui «per cui morì la vergine Cammilla,/ Eurialo e Turno e Niso di ferute». Nel Limbo Dante viator incontra i poeti, i filosofi e gli eroi dell’antichità. Tra questi brillano personaggi del mondo troiano e dell’Eneide, Elettra, madre di Dardano e progenitrice dei Troiani, Ettore, Enea, poi Camilla insieme a Pentesilea, la regina delle Amazzoni che combatté a fianco di Priamo, dopo la morte di Ettore.
Di Camilla si ricordano nelle loro opere anche le due altre corone fiorentine, Petrarca e Boccaccio. Dalla sua figura Tasso trae ispirazione per creare Clorinda, uno dei più affascinanti personaggi della Gerusalemme liberata. Dopo le esequie di Pallante, il re Latino si convince che Enea è accompagnato da chiara potenza divina. Convoca così il concilio degli alleati che combattono con lui contro l’eroe troiano, avvertendo loro che la forza con cui Enea combatte non è sostenibile:
Facciamo una guerra assurda, cittadini, con una stirpe
Divina, con uomini indomiti, che non fiacca nessuna
Battaglia e che, anche sconfitti, non han mai deposto le armi.
Se vi facevate qualche illusione sull’alleanza con gli Etoli,
scordatela! Ognuno speri in sé! Ma quanto poco ci sia
da sperare, lo avete sotto gli occhi e a portata di mano:
tutto è crollato e non ci restano altro che macerie.
Re Latino propone che venga consegnato ai Troiani un terreno ove possano coltivare e costruire mura, che siano, infine, associati come alleati. Cento ambasciatori si recheranno dai Troiani per fissare i patti e porgere la pace. L’anziano Drance, invidioso della gloria di Turno, prende la parola, dopo Latino, accusando Turno di essere il solo responsabile della morte di tanti giovani del loro popolo. Incalza:
Ma davvero noi, perché Turno si prenda la sposa regale, […] dovremmo lasciarci scannare?
Drance invita Turno a sfidare a duello Enea. Allora Turno replica con toni irosi che Drance può star tranquillo, perché lui, Turno, non ammazza uomini della sua risma. Poi, si presenta disposto ad affrontare a duello, da solo, il capo dei Troiani:
[…] Io, Turno, secondo per valore a nessun altro antico,
consacro questa mia vita a voi e a Latino mio suocero.
Sono a confronto un anziano, mosso dall’invidia per i successi dell’audace combattente, e Turno, giovane presuntuoso e spaccone. Nessuno dei due personaggi è meritevole di elogio, nessuno dei due è lodevole, nessuno dei due è un eroe. Gli eroi sono mossi da un ideale, si sentono appartenenti ad una comunità, ad un popolo e non parlano mai a titolo personale, ma sempre per il bene di tutti.
Drance e Turno non sono eroi. Enea è un eroe, perché incarna la tradizione romana, il mos maiorum, la pietas, ovvero la riverenza nei confronti di quanti ci sono superiori (gli dei, i genitori, il comandante, il maestro), la religio, ovvero la ritualità, e la fides, cioè la lealtà e la fedeltà. Il pio Enea, che ha salvato il padre Anchise, che ha lasciato la moglie Didone per seguire il messaggio del dio Mercurio, che ha combattuto perdendo fidi compagni rappresenta l’ideale di uomo romano, dedito allo Stato e alla patria, non proteso su se stesso, ma disposto ad abbandonare tutto per la realizzazione di Roma, di un grande Impero. In lui si compenetrano il senso dell’appartenenza ad una collettività e la responsabilità per la missione affidatagli dagli dei, quella di ricostruire la patria distrutta dai Greci e che, come in una nemesi storica, conquisterà quella terra, la Grecia, che aveva distrutto la vecchia patria.
Mentre si confrontano l’anziano e il giovane, nell’assemblea tumultuosa giunge la notizia che i Troiani hanno iniziato l’attacco dal fiume Tevere. Così Turno, senza attendere alcuna deliberazione dell’assemblea, prende il comando delle truppe e le dispone a difesa. Il re Latino è preso dal rimorso di non aver permesso prima il matrimonio della figlia con Enea.
Turno si arma per la battaglia e «con già in dosso la sua rutilante lorica increspata di squame di bronzo, con i polpacci già foderati d’oro, […] corre giù dalla rocca». Gli galoppa incontro la regina dei Volsci Camilla, che si offre «di caricare le truppe di Enea, e di far fronte da sola ai cavalieri tirreni». Turno la saluta con parole di stima:
Vergine, onore d’Italia, come dirti la mia
gratitudine e Ricambiarla? Ma visto che il tuo ardimento
val al di sopra di tutto, dividiamoci i compiti adesso.
Turno tenderà un’imboscata ad Enea sul fondo d’una gola; Camilla difenderà la città dal possibile attacco degli Etruschi. A metà del libro XI Camilla diviene l’eroina dell’Eneide, lei che è dalla parte dei nemici di Enea, lei che appartiene all’esercito sconfitto.
Nella prossima puntata scopriremo il suo destino.