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Emergenza denatalità, la Corea del sud diventa un Paese “sterile”

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Il tasso di fecondità è sceso a 0,72 figli per donna, il più basso al mondo, malgrado i tanti incentivi economici. E il presidente annuncia un nuovo Ministero per il contrasto alla denatalità.

Famiglia 17_05_2024
Bambini sudcoreani celebrano l'indipendenza (La Presse)

Lo scorso 9 maggio il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol ha annunciato la prossima istituzione di un nuovo ministero per affrontare il problema dei bassi tassi di natalità del Paese e di far sì che il ministro incaricato ricopra anche il ruolo di vice primo ministro. «Chiedo la collaborazione del Parlamento per rivedere l'organizzazione del governo e istituire il Ministero per il Contrasto alla Bassa Natalità - ha dichiarato Yoon -.Mobiliteremo tutte le capacità della nazione per superare il basso tasso di natalità, che va considerato un'emergenza nazionale».

Inoltre, il presidente ha anche espresso l'intenzione di creare un segretariato per promuovere le politiche nataliste, secondo quanto riferito da un suo portavoce il 13 maggio. Il portavoce dell'ufficio di Yoon ha dichiarato: «Credo che quello della bassa fertilità sia senza dubbio il problema più grave della società sudcoreana in fatto di sostenibilità».

Nel 2023, la Corea del Sud ha registrato un tasso di fecondità pari a 0,72 figli per donna, e le previsioni parlano di un ulteriore calo. È il tasso di natalità più basso al mondo. Una vera emergenza, visto che un tasso di natalità in calo riduce le dimensioni della forza lavoro di un Paese, dando luogo a una crescita economica più lenta, a indici di dipendenza più elevati e a una maggiore pressione sui servizi pubblici e sui sistemi pensionistici. Il tasso di natalità sudcoreano è di molto inferiore ai 2,1 figli per donna necessari per mantenere l’equilibrio della popolazione  e anche ben al di sotto del tasso di 1,24 che la Corea del Sud registrava nel 2015.

«Il problema dei bassi tassi di natalità ci impone di prendere la situazione più seriamente e di considerare le cause e le soluzioni da una prospettiva diversa rispetto al passato», aveva ammesso Yoon già a dicembre scorso. Inoltre, la Corea del Sud prevede che il suo tasso di fertilità probabilmente scenderà ulteriormente a 0,68 nel 2024, con Seoul - che ha i costi abitativi più alti del Paese - che già nel 2023 ha registrato il tasso di fertilità più basso del Paese, pari a 0,55 figli per donna, come riporta The Inquirer  .

Il problema comincia ad essere così sentito che ci sono aziende private che cercano di incoraggiare un maggior numero di nascite tra i sudcoreani, tra cui il gigante delle costruzioni Booyoung Group che offre ai dipendenti 75.000 dollari per ogni bambino nato. «Se il tasso di natalità della Corea rimane basso, il Paese rischia l'estinzione», ha detto Lee Joong-keun, presidente dell'azienda, ai lavoratori.

Inoltre, la proporzione tra giovani e anziani continua a diminuire, suscitando preoccupazioni sulla «sostenibilità della crescita economica e della competitività». «All'inizio degli anni '90 – riporta Newsweek -, i giovani adulti di età compresa tra i 19 e i 34 anni rappresentavano quasi un terzo della popolazione. Nel 2020, questa percentuale era scesa ad appena un quinto dei 51,8 milioni di persone del Paese e le proiezioni indicano un ulteriore calo a 5,21 milioni entro il 2050, secondo le statistiche nazionali».

Il calo delle nascite di bambini in Corea del Sud è tale che il Paese sta soffrendo anche per la scarsità di pediatri. Di conseguenza, il numero di cliniche e ospedali pediatrici a Seoul è diminuito del 12,5% dal 2018 al 2022, arrivando a 456.

Indagando sulle ragioni di questo calo, nel febbraio scorso la BBC ha realizzato un servizio che ha dato voce alle donne sudcoreane decise a non avere figli. Tra le ragioni citate dalle intervistate dalla BBC vi erano il desiderio di fare carriera, le preoccupazioni legate al costo della vita, le spese elevate per la cura dei figli e la mancanza di partner adatti al matrimonio.

Dal canto suo un rapporto della Banca centrale della Corea del Sud tra le cause alla base del crollo dei tassi di fertilità considera «le sfide legate all'occupazione, all'alloggio e alla cura dei bambini». Molte donne sudcoreane cedono poi alle sfide della «cultura stacanovista del Paese e della pressione ultra-competitiva sul posto di lavoro», sottintendendo che «prendersi del tempo per avere un bambino è un rischio troppo grande».

Dal canto suo, il governo sudcoreano ha cercato di utilizzare incentivi monetari per stimolare la ripresa delle nascite nel Paese. Dall'aprile 2022, il governo ha distribuito buoni del valore di 2 milioni di won (circa 1.400 euro) ai genitori dopo il primo figlio, e altri 3 milioni di won per ogni figlio aggiuntivo. Nel 2024 i genitori potranno ricevere un aumento dello stipendio mensile per il primo anno di vita del neonato, portandolo a un milione di won (circa 700 euro) rispetto ai 700.000 won dello scorso anno. 

«Usare gli incentivi in denaro è la cosa più semplice - ha dichiarato al Time Jisoo Hwang, professore associato di economia all'Università Nazionale di Seoul - Penso che per qualsiasi governo questo sia il modo più semplice per affrontare il problema della bassa fertilità». Ma l'uso del denaro per affrontare i bassi tassi di natalità della Corea del Sud è stato ampiamente inefficace.

È stato il presidente Yoon ad ammettere nel 2022 che, nonostante negli ultimi 16 anni siano stati spesi più di 200 miliardi di dollari per cercare di aumentare la popolazione del Paese, la tendenza non è stata invertita. E anche altre iniziative come l'aumento del congedo di paternità retribuito, l'offerta di "buoni bebè" in denaro ai nuovi genitori e le campagne sociali che esortano gli uomini a contribuire alla cura dei figli e ai lavori domestici non sono state efficaci nel loro obiettivo generale di aumentare i tassi di natalità.

Hwang ha dichiarato al Time che, mentre le elargizioni governative possono alleviare le sfide dell'educazione dei figli, un approccio migliore sarebbe quello di migliorare «questioni più ampie di qualità della vita». «Potrebbe essere più efficiente, invece di elargire piccoli sussidi in denaro, investire nell'istruzione pubblica o nell'assistenza all'infanzia pubblica e migliorarne la qualità e l'accessibilità in tutto il Paese», ha detto Hwang.

Ciò che generalmente viene però sottovalutato è il fattore spirituale, o comunque la correlazione tra appartenenza religiosa e apertura verso la vita. È una correlazione parzialmente fotografata da un recente sondaggio del Pew Research Center, condotto tra il 2 giugno e il 17 settembre 2023 e pubblicato lo scorso aprile, riguardante l’atteggiamento verso la vita di uomini e donne dell’Asia Orientale. Ebbene, mentre emerge in generale una fortissima cultura dell’autodeterminazione della donna, una domanda sul dovere sociale delle donne di avere figli, rivela che per la Corea del Sud le risposte di «buddisti, cristiani e coloro che dicono di non essere affiliati ad alcuna religione variano (…). Circa quattro buddisti coreani su dieci (43%) affermano che le donne hanno un obbligo sociale di avere figli, rispetto al 33% dei cristiani e al 22% delle persone non affiliate a nessuna religione».