Elogio del "rubricismo"
Il "rubricismo", cioè il rispetto puntiglioso delle norme liturgiche, è stato per decenni considerato un insulto, ma di fronte alllo sfacelo odierno del "faccio come mi pare" è importante recuperare la correttezza nella celebrazione, che deve essere come dice la Chiesa cattolica.
Negli ultimi decenni uno dei peggiori insulti che si poteva rivolgere a coloro che si occupano di liturgia è quello di “rubricismo”, cioè di fare più attenzione alla lettera stabilita dalle rubriche, le norme liturgiche che al loro spirito. In realtà, seppure il pericolo di un vuoto cerimonialismo possa veramente esistere, nondimeno l’accusa di rubricismo è comoda per giustificare il “facciamo come ci pare”.
Bisogna capire intanto quale è lo scopo delle rubriche liturgiche: esse servono proprio per arginare delle derive personalistiche da parte di coloro che hanno una funzione che oggi si direbbe “presidenziale” nella liturgia. Non deve interessare la liturgia di questo o quel prete, ma che ogni prete celebri la liturgia come stabilito dalla Chiesa cattolica. Le rubriche aiutano a mantenere il rito negli argini consentiti. L’antropologo americano D.I. Kertzer così dice: “Il fissismo e l'atemporalità del rituale costituiscono un rassicurante elemento del tentativo di addomesticare il tempo e definire la realtà” (Ritual, politics, and power, New Haven-London 1988, trad. it. Roma-Bari 1989).
Certo, esiste un rischio che non ci si nasconde, che è quello di esaltare la cerimonia nel suo senso tecnico a scapito del suo spirito, ma dopo decenni di anti rubricismo è questo un pericolo minore rispetto al costante smontaggio delle liturgie e dei riti in favore di una creatività liturgica che, se era comprensibile nei primi secoli cristiani (come ben delineato dal liturgista benedettino Burkhard Neunheuser), non lo è certamente dopo piu di venti secoli di elaborazione liturgica.
Se è vero che summa lex summa iniuria, è pur vero che dura lex sed lex. Insomma, la legge è necessaria proprio per arginare i pericoli di cui ci accorgiamo sempre di più di liturgie manipolate da persone che pensano di renderle più interessanti. “Moltissime sono le leggi, quando lo stato è corrotto” (Corruptissima re publica plurimae leges) e allora facciamocene una ragione, tendiamo facilmente a corromperci quando le cose sono lasciate troppo a nostra disposizione. L’insospettabile Arthur Schopenhauer, diceva : “Con l’eliminazione del diritto del più forte, si è introdotto il diritto del più furbo”.
Ci sarebbe anche da fare un discorso non sul rubricismo ma sull’ambiguità di certe rubriche, che in realtà allargano così tanto le possibilità da favorire poi sempre un adattamento verso il basso. Ma questo non toglie che si dovrebbe ritornare a una riscoperta della lettera della liturgia proprio per riscoprirne lo spirito, che essa, almeno in principio e quando il suo pervertimento non la uccide, garantisce, favorisce e soprattutto protegge.