Elezioni in Israele, è sfida tra Lapid e Netanyahu
L’1 novembre si vota in Israele per eleggere il nuovo parlamento (120 deputati). Il Paese è alle prese con un’instabilità politica senza precedenti. Secondo i sondaggi né il blocco che sostiene Netanyahu (Likud) né quello dell’attuale premier Lapid (Yesh Atid) riuscirà ad avere una chiara maggioranza.
Sarà la quinta consultazione elettorale in poco meno di due anni, quella in programma il prossimo 1 novembre in Israele. Gli elettori sono chiamati ad eleggere 120 deputati alla Knesset. È da fine 2019-inizio 2020 che Israele vive una crisi politica senza precedenti. La mancata approvazione della legge di bilancio e soprattutto la fallita formazione di un governo stabile stanno paralizzando la vita politica del Paese. E anche in questa consultazione, secondo recenti sondaggi, nessuno dei contendenti riuscirà ad avere una chiara maggioranza parlamentare. Infatti, né il blocco che sostiene Benjamin Netanyahu, guida del Likud, né tantomeno quello dell’attuale primo ministro Yair Lapid, leader del partito Yesh Atid, raggiungerebbero il numero dei parlamentari necessario per consentire la formazione di un nuovo esecutivo.
Dalle consultazioni del marzo 2021, che videro la formazione di un governo dopo ben tre mesi dalle elezioni, ma con una maggioranza di appena un voto (60 favorevoli, 59 contrari e un astenuto), la navigazione del governo, allora guidato in tandem da Naftali Bennett (leader della Nuova Destra) e Yair Lapid, era tranquilla. Ad appoggiarlo erano raggruppamenti politici eterogenei: i partiti Yesh Atid, Blu e Bianco (fazione Resilienza per Israele), il Partito Laburista Israeliano, Israel Beitenu, Meretz, Nuova Speranza, Yamina (fazione Nuova Destra) e Lista Araba Unita (Ra’am).
Bennett ha dovuto gettare la spugna quando un componente della coalizione di governo (e del partito Yamina), Idit Silman, decise di uscire dal patto di coalizione mettendo in evidenza forti contrasti con la decisione del ministro della Salute, Nitzan Horowitz, di voler far applicare una disposizione della Corte Suprema secondo cui sarebbe stato possibile, ai visitatori dei pazienti ricoverati in ospedale, portare con loro del chametz, un particolare pane lievitato, durante i giorni della Pasqua ebraica, cosa proibita dalla Legge (l’Halakhah). In seguito a ciò, il governo perse la maggioranza, diventando automaticamente un governo di minoranza, con gli stessi seggi dell’opposizione. Ma non è tutto. Il 19 maggio, l’esponente araba di Meretz, Ghaida Rinawie Zoabi, è uscita dalla coalizione, sostenendo che il governo aveva assunto una posizione intransigente sulle questioni israelo-palestinesi. A guidare un nuovo esecutivo, dopo le dimissioni di Bennett, è ora appunto Lapid che ha assunto la carica di primo ministro ad interim, con il compito di indire nuove elezioni.
Quasi tutti i commentatori politici hanno definito questa campagna elettorale “stanca e soporifera”. Gli elettori sono snervati di essere chiamati alle urne, ma soprattutto quello che è molto preoccupante è che inizia a venir meno la fiducia negli attuali governanti, come confermano i sondaggi. Sono invece in controtendenza nei consensi l'estrema destra nazional-religiosa di Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir. HaTzionut HaDatit, partito già noto come Tkuma (Rinascita), potrebbe diventare la terza forza della Knesset, con 13 seggi previsti. Alleati sempre più scomodi per Bibi Netanyahu, al quale rosicchiano voti, giorno dopo giorno, ma promettono, in caso di vittoria, l'immunità nei processi in cui è imputato.
Lapid, per recuperare consensi, si è recato prima a Tel Aviv e poi a Nazaret. Nella capitale israeliana ha sferrato un duro attacco a Smotrich. «La riforma presentata dall'esponente nazional-religioso consentirebbe ai politici di porre il veto alle sentenze emesse dalla Corte Suprema e selezionare i giudici a questo punto non sarebbe più una semplice minaccia. La nostra democrazia è a rischio». A Nazaret, invece, l'attuale primo ministro ha incontrato il sindaco Ali Salem e altri leader municipali, nel tentativo di convincere gli arabi israeliani a recarsi a votare alle elezioni della prossima settimana. Nel suo discorso, Lapid ha messo in evidenza favorevolmente il calo della criminalità - avvenuto quest’anno - nelle città e villaggi a maggioranza araba, dopo un numero record di omicidi avvenuti nel 2021, muovendo contemporaneamente critiche ai governi a guida Netanyahu che per 15 anni non sono mai intervenuti per porre fine all'aumento della criminalità.
Gli elettori arabi, però, sono intenzionati a disertare le urne: «Votare o non votare è la stessa cosa. Convincere gli elettori è un problema», sottolinea Fayez Abu Souhaiban, sindaco di Rahat, città del deserto del Neghev meridionale, lontana dai servizi pubblici e dai centri commerciali, dove risiede la maggioranza dei beduini arabo-israeliani. Proprio l'anno scorso il principale sostenitore dei beduini, Mansour Abbas, che guida Ra’am, è diventato il primo leader di un partito arabo indipendente ad entrare in un governo di coalizione. Nonostante le promesse di finanziamento e gli impegni per porre fine alla disuguaglianza tra palestinesi e israeliani, molti elettori arabo-israeliani sostengono che è inutile far parte di una coalizione, quando i problemi non vengono nemmeno affrontati. I sondaggi, comunque, confermano che il partito arabo Ra’am manterrà i suoi quattro seggi.
Ma lo scontro tra Netanyahu e Lapid è anche sul recente accordo siglato con il Libano per l'estrazione del gas. Il primo accusa l'avversario di aver ceduto ad Hezbollah, mentre il secondo sottolinea che l'intesa è a vantaggio degli israeliani. Intanto il presidente Isaac Herzog ha incontrato a Washington il segretario di Stato americano Antony Blinken. «Le relazioni tra Israele e gli Stati Uniti sono più forti che mai» ha detto Herzog, ringraziando l'Amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden per il suo sostegno e per la mediazione da parte degli USA per un accordo sul confine marittimo tra Israele e Libano, la cui firma è attesa per oggi, giovedì 27 ottobre. La cerimonia si svolgerà presso la sede dell'Unifil, nel Libano meridionale.