Ecco la Luce che illumina il mondo
Il Neonato, di Georges de La Tour. Sullo sfondo nero che racconta tutta la tensione di un mondo lontano da Dio, si fa largo la luce che promana da quel Volto, visibile e luminoso.
Quest’anno sociale ci lascia con le luci e le ombre di grandi eventi. Un Papa che prima di annunciare al mondo sbigottito che ci avrebbe lasciato per fare spazio ad un altro successore di Pietro lancia il grido della fede. Papa Francesco che, solcando le orme di papa Benedetto, chiede a tutti una fede più matura a una presenza nel mondo più responsabile.
Il grido della fede ha percorso i secoli della Chiesa in svariati momenti della storia. Anche quello cui allude Georges de La Tour, pittore francese, luminista e caravaggista del XVII secolo, in questa sua opera dal suggestivo titolo di Neonato.
Per Georges de La Tour, il buio della casa in cui è apparso il Salvator Mundi, il Neonato più famoso della storia, è impenetrabile. Non si vede nulla oltre a Maria: Giuseppe non c’è, non sappiamo neppure se si tratta della grotta in cui c’erano asino e bue oppure della casa raggiunta dai Magi, dopo il loro lungo peregrinare. Questo luogo è solo pieno della notte. Accade qui, proprio come in certi momenti della nostra vita, in cui si fatica a vedere il futuro. L’artista ci fa entrare al cospetto della Vergine dietro una donna. È una donna distinta eppure popolana, chissà forse è la levatrice, oppure la padrona di casa, certo è che ci fa strada e che la sua candela illumina di colpo il luogo dove dorme quel misterioso Bambino. Entriamo dietro il tremolio della candela eppure non possiamo vedere quella fiamma. Nulla deve ostacolare la visione di questo Bambino. La candela è simile alla luce della fede che illumina i panorami oscuri della storia: la fede non si vede, non la si può vedere, ne vediamo solo gli effetti.
Che cosa ha voluto dire La tour con un dipinto così, che volle intitolare: il Neonato? Il nuovo nato, il nato adesso, nato or ora da una ragazza che pare una principessa. George de la Tour, in quello sfondo nero sembra voler raccontare tutta la tensione di un mondo che ha perso il suo contatto col divino. La levatrice si fa largo nell’oscurità della storia con il lume della sua candela e dirige il nostro sguardo, ma con la mano e il corpo ci fa da schermo al suo lume. Nulla deve disturbare la vista straordinaria di questa donna che regge fra le braccia il suo nato.
Maria è lì nella tranquillità più assoluta, tiene in braccio il Figlio suo in una posa che inquieta. Gesù sembra dormire il sonno della morte. Le fasce lo stringono così vistosamente da farci ricordare altre fasce che lo stringeranno un giorno. La Madre, invece è scultorea, protettiva, veste il rosso sangue. Veste già quella passione che investirà il figlio suo, portandolo alla morte. Ci accorgiamo ora che la Vergine è un po’ mesta, non è la giovane madre radiosa che si rallegra della creatura appena data alla luce, è come già presaga del destino del Figlio.
Eppure quel Bimbo è la sua pace. Egli è la nostra pace. La luce del dipinto, infatti, non viene per nulla dalla tremula fiamma della candela che ci ha introdotto qui. La luce del dipinto viene da lui. Nell’oscurità della storia splende da secoli un sudario, dove la Chiesa, come la Vergine, direbbe Sant’Agostino, vive tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio.
Il divino Infante di Georges de La Tour ha il corpo completamente avvolto nelle fasce, dalle quali emerge solo il volto, visibile e luminoso. Se l’oscurità che circonda il dipinto narra del non ancora della storia umana, quel volto è il già di Cristo. Qui s’infrangono le nostre fatiche, le nostre resistenze, le nostre paure. In quel volto, ad ogni Natale, la Chiesa contempla la sua santità già perfetta e sicura, contro l’arrossato panorama della storia. Qui, da questo volto è possibile ripartire!