È morto a Taiwan padre Matteo Chu Li-teh
Vittima del regime comunista cinese, trascorse in carcere 29 anni, dal 1955, anno in cui fu arrestato a Shanghai insieme a oltre mille cristiani, al 1984
È morto a Taiwan, all’età di 91 anni, padre Matteo Chu Li-teh. Era stato ordinato sacerdote nel 1994 all’età di 61, dopo aver trascorso 29 anni nelle carceri cinesi. Era stato arrestato nel 1955 a Shanghai, la sua città natale, quando era un seminarista, durante una grande retata con cui i comunisti misero in carcere più di mille cristiani. Con lui furono arrestati anche cinque suoi fratelli. Uno di essi, Francesco Saverio Chu Shu-de, era già stato ordinato sacerdote e morì in carcere nel 1983. La loro madre, Martina, vedova, per quasi tre anni si recò a visitarli nelle sei diverse prigioni in cui erano stati rinchisui, “percorrendo chilometri a piedi – ricorda l’agenzia di stampa AsiaNews – per risparmiare anche quei pochi centesimi che le permettevano di portare qualche piccola cosa (vestiti e cibo) ai figli. Veniva regolarmente insultata per essere la madre di sei controrivoluzionari, eppure non si è mai arresa. A ogni visita, non mancava di incoraggiare ciascuno ad andare avanti, ad accettare volentieri le sofferenze, a conservare la fiducia in Dio”. Poi furono inviati ciascuno in un diverso campo di lavoro in province lontane – Heilongjiang, Guangxi, Zhejiang, Gansu e Anhui – e per oltre 20 anni non li potè più vedere. Padre Matteo fu liberato nel 1984. Poiché aveva rifiutato di aderire all’Associazione patriottica, l’organismo creato nel 1957 dal regime comunista per controllare le attività dei cattolici, non poteva essere ordinato sacerdote in Cina e quindi, ottenuto il permesso di espatriare, nel 1988 andò prima negli Stati Uniti e poi a Taiwan dove riprese il noviziato nella Compagnia di Gesù e finalmente fu ordinato nel 1994. In quell’occasione, intervistato dall’allora direttore della rivista “Mondo e missione”, padre Gianni Criveller, parlò degli anni del carcere. “ Ho avuto momenti di grande stanchezza - disse – Alle fasi di profonda fiducia nel Signore se ne sono alternate altre di prostrazione. La mia preghiera si è spesso trasformata in lamento: ‘Perché Signore mi hai dato una croce così pesante?’. Mi sono chiesto infinite volte se davvero, in quelle condizioni, ero ancora chiamato a offrire la mia vita a Lui. In tutto questo, ricordando le parole e l’esempio di mia mamma, ho semplicemente e ostinatamente chiesto ogni giorno al Signore la grazia di essere fedele al dono della sua chiamata”.