È in carcere da due anni in Pakistan un cristiano accusato di blasfemia
L’uomo mentalmente disabile nel 2019 era stato picchiato e denunciato dal marito di una donna con la quale aveva avuto una discussione
Da oltre due anni un cristiano, Stephen Masih, è in carcere nel Punjab, in Pakistan, in attesa di essere processato per blasfemia. Nel marzo del 2019 durante una lite con una vicina di casa aveva usato, a quanto pare, un linguaggio offensivo (ma non blasfemo, sostengono i suoi famigliari). Tuttavia il giorno successivo il marito della donna, Hafiz Muhammad Mudassar, aveva chiamato a raccolta molta gente, aveva picchiato Masih e i suoi famigliari, lo aveva accusato di aver commesso blasfemia e lo aveva denunciato. La polizia, invece di arrestare l’aggressore, aveva redatto un rapporto contro Masih e lo aveva arrestato. Adesso l’organizzazione non governativa Voice of Justice ne chiede il rilascio, preoccupata del fatto che Masih non sta ricevendo una assistenza medica adeguata alle sue condizioni. L’uomo infatti è disabile. Proprio per questo finora l’Istituto di salute mentale del Punjab non l’ha ritenuto in grado di sostenere un procedimento giudiziario. Nel frattempo si sono svolte 42 udienze durante le quali non sono emerse prove che Masih abbia usato un linguaggio blasfemo. “Stephen Masih soffre da tempo di una condizione di salute mentale che gli impedisce di capire e pensare correttamente, e solo per questo dovrebbe essere assolto – sostiene Joseph Jansen, fondatore di Voice for Justice – in più la vita in carcere per un cristiano è più difficile: sappiamo che i musulmani lo molestano e lo maltrattano”. L’agenzia AsiaNews riferisce che in tempi recenti sono stati eseguiti almeno 78 persone, musulmane e cristiane, sono state vittime di omicidi extragiudiziali in seguito ad accuse di blasfemia e apostasia. Nel 2020 il parlamento del Punjab ha approvato una risoluzione che chiede al governo centrale, federale, di gestire in casi di blasfemia con più rigore.