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Cristiani Perseguitati
a cura di Anna Bono
CRISTIANI IN PAKISTAN

Dove basta esistere per essere perseguitati

Assoluzioni ingiuste per gli assassini degli sposi cristiani bruciati nel 2014, maltrattata il mese scorso in ospedale una cristiana in procinta di partorire, ucciso il fratello che ha tentato di difenderla. Il direttore esecutivo del Centro per la giustizia sociale: «In Pakistan non esiste protezione per le famiglie perseguitate».

Nell’autunno del 2014, in Pakistan, una folla furiosa ha sequestrato due giovani sposi cristiani, li ha torturati per due giorni e poi li ha bruciati vivi in una fornace. La violenza si è scatenata quando alcune persone, dagli altoparlanti di una moschea, hanno diffuso la falsa notizia che la coppia aveva dissacrato il Corano bruciandone alcune pagine. Shama, la moglie, era incinta. Avevano quattro figli.

La polizia nei giorni successivi aveva fermato 400 persone accusate di aver partecipato all’omicidio. Ma alla fine del 2016 un tribunale di Lahore ne ha scagionate un centinaio. Cinque sono state condannate a morte e otto a due anni di carcere, ma le condanne non sono ancora state eseguite. Adesso una nuova sentenza ha assolto altre 20 persone. L’agenzia AsiaNews riporta un commento del direttore esecutivo del Centro per la giustizia sociale: «In Pakistan non esiste protezione per le famiglie perseguitate. Il sistema giudiziario è debole e pertanto le famiglie perseguitate, e in particolare gli esponenti delle minoranze religiose, non ottengono giustizia». Dello stesso avviso è padre Abid Habib, ex presidente della Conferenza dei superiori del Pakistan, interpellato in merito al gravissimo episodio di violenza verificatosi in un ospedale di Lahore, il Services Hospital.

Il 26 marzo una giovane cristiana prossima a partorire vi si è recata accompagnata da una sorella. Dopo ore di attesa senza assistenza le due donne hanno reclamato e, come tutta risposta, sono state picchiate, derise e chiuse in una stanza. Informato dell’accaduto un fratello, Suneel Saleem, si è recato in ospedale dove già era accorso un cugino, Mehwish Saleem. Guardie di sicurezza, infermieri e medici – in tutto 44 persone – alle loro rimostranze li hanno aggrediti infierendo soprattutto su Suneel fino a fargli perdere i sensi. Privo di cure per molte ore, il poveretto è stato infine trasferito nel reparto di terapia intensiva dove è deceduto. «È vergognoso che in ospedale i malati e i loro famigliari vengano maltratti invece di essere soccorsi – ha detto padre Habib – è stato nominato un comitato per indagare sull’incidente. Come al solito, gli inquirenti faranno del loro meglio per insabbiare il caso e giustizia non verrà fatta».