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STORIA NASCOSTA

Dossetti era fascista, ma non si può dire

Giuseppe Dossetti era un fascista convinto e, almeno fino al 1937, riceveva i complimenti dal Fascio di Reggio Emilia. Eppure viene considerato tuttora come campione storico dell'antifascismo cattolico. E parlarne è ancora un tabù.

Cultura 01_04_2014
Giuseppe Dossetti

“Dossetti fu fascista convinto”. Ma a Reggio Emilia è vietato dirlo. Pena la dura reprimenda di larghi settori dell'intellighentia di Sinistra, anche cattolica. Complice la pubblicazione di una lettera inedita del segretario del Fascio reggiano che nel 1937 definiva il futuro partigiano Benigno, futuro padre costituente in quota Dc e futuro assistente del cardinal Lercaro al Concilio Vaticano II “un ottimo elemento, di provata fede fascista”. Il documento è stato pubblicato nel libro di Rossana Maseroli Bortolotti La Guerra dentro la guerra che racconta attraverso una serie di testimonianze il dramma dei vinti, uccisi dai partigiani rossi anche se innocenti.

Il quotidiano Prima Pagina è stato il primo ad accorgersene con un articolo di Andrea Zambrano, collaboratore della Bussola, che ha messo in contraddizione il passato fascista di Dossetti con quanto lui ebbe sempre modo di dire e cioè che anche all'epoca del regime era un antifascista convinto. La notizia è stata ripresa anche dal quotidiano Il Giornale mentre ieri è arrivata la dura reprimenda di Avvenire. In un articolo firmato dal direttore del settimanale diocesano Edoardo Tincani, che intervista lo storico Sandro Spreafico e il nipote di Dossetti, don Giuseppe Dossetti junior, il documento inedito non viene smentito, ma solo minimizzato. Come? Con la solita scusa che all'epoca erano tutti fascisti, anche gli studenti del Guf (Gruppo Universitario Fascista) cui Dossetti apparteneva con il fratello Ermanno, padre di don Dossetti Jr, e anch'egli successivamente partigiano.

Al motto di "tutti fascisti, nessun fascista", dunque, Avvenire ha provato a contestare quella che è sembrata al quotidiano della Cei una rappresentazione capovolta del celebre intellettuale cattocomunista. “Le conferenze a cui partecipava Dossetti erano per lo più eventi di carattere culturale e artistico”, si è giustificato il quotidiano dei vescovi. E' davvero così? Culturale sì, ma di quale cultura? Zambrano, nel replicare ad Avvenire, ha così tirato fuori una conferenza pubblicata su un libro di Enrico Galavotti, Il giovane Dossetti, pubblicato dal Mulino, non proprio quella che si dice una casa editrice di destra. In questa conferenza il Solco Fascista nel 1934 si complimentava con “l'abile camerata Dossetti” per “la conferenza in cui metteva le terribili conseguenze del bolscevismo in antitesi alla meravigliosa opera ricostruttrice e redentrice del fascismo che ha fatto dell'Italia il centro di irradiazione di civiltà nel mondo”.

A questo punto verrebbe da chiedersi quale sia il vero Dossetti. Quello che alla vigilia dell'emanazione delle leggi razziali esaltava il regime di Mussolini, peraltro ricevendo in cambio per il suo impegno le lodi del regime e la cattedra all'università di Milano, o lo strenuo e indefesso paladino dei valori antifascisti, che nel 2003 gli faceva dire a colloquio con Lazzati: “Il fascismo era completamente accettato e io avevo assunto già allora una posizione piuttosto negativa nei suoi confronti, una posizione di non adesione se non addirittura di protesta, senza peraltro aver indagato approfonditamente sulle motivazioni di tale rifiuto. Insomma, il fascismo mi stava epidermicamente sullo stomaco”?

Così diceva al caldo della sua pluridecennale carriera di antifascista militante Dossetti. Eppure di questa sua protesta non compare traccia né tra le segnalazioni dell'Ovra né tra i reggiani mandati al confino perché oppositori del regime, che in quegli anni venivano spediti lontano senza troppi complimenti. Dossetti invece stette a Reggio dove influenzò la cultura cattolica fascista prima, e la guerra di Liberazione poi, subito dopo l'8 settembre. Di questa sua palinodia del regime però non c'è traccia prima della guerra. Dossetti diventò antifascista dopo la caduta di Mussolini, quando sicuramente era più facile cambiare casacca, come appunto fecero in tanti.

Però il vero problema non è neppure questo. E' semmai il fatto che Dossetti asserisse di essere stato un antifascista già all'epoca del regime, fatto smentito appunto dai giudizi che il Fascio reggiano esprimeva su di lui ancora nel 1937. Tutto ciò però a Reggio non è oggetto di dibattito culturale. Lo dimostra la vibrata levata di scudi contro Zambrano che ha ricevuto pesanti rimbrotti e attacchi sui social network anche da parte di esponenti del Pd, tra cui assessori e consiglieri comunali. Quindi non solo ambienti cattolici vicini agli ex comunisti, ma anche esponenti politici per i quali Dossetti è un'icona e non un personaggio complesso e controverso. Un giudizio, questo, che lo stesso vescovo di Reggio Massimo Camisasca aveva espresso in occasione del 100esimo anniversario della nascita e che costò anche a lui pesanti attacchi su internet.

Toccare Dossetti a Reggio dunque è operazione molto a rischio. Servirebbe la libertà intellettuale del cardinal Biffi che nel 2013, dando alle stampe il libro Don Giuseppe Dossetti, nell'occasione di un centenario (Cantagalli), rimproverava a Dossetti lo scarso interesse nel commemorare i preti uccisi dai partigiani comunisti sul finire della guerra così come “le sue reticenze e le sue allergie alle ricerche storiche obiettive, quando non servono ad aiutare le sue premesse ideologiche”. Così scriveva il suo vescovo bolognese appena un anno fa. E visto quanto accaduto c'è da immaginare che i suoi discepoli, a proposito di allergie alle ricerche storiche obiettive, abbiano imparato bene dal loro maestro.