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USA

Dopo la festa di Biden, le elezioni continuano e Trump può vincere

Il balletto delle dichiarazioni e delle celebrazioni per la vittoria di Biden continua ininterrotto da due giorni. Eppure le elezioni non sono ancora finite, Biden è ancora un candidato, per quanto molto avvantaggiato dai voti contati finora. Donald Trump è ancora il presidente degli Stati Uniti. E può ancora vincere le elezioni. Non è normale che altri governi riconoscano già un vincitore che non c'è ancora.

Esteri 10_11_2020
Rudolph Giuliani

Il balletto delle dichiarazioni e delle celebrazioni per la vittoria di Biden continua ininterrotto da due giorni. Per il quotidiano La Stampa, questo è “Il 25 aprile dell’America e del mondo”. Biden fa miracoli: appena annunciata la sua vittoria, la casa farmaceutica Pfitzer ha diffuso la notizia dell’efficacia del suo vaccino anti-Covid. Un tempismo non casuale (quando Trump parlava di imminenza del vaccino, gli esperti facevano a gara per contraddirlo) che ha indotto anche la sottosegretaria alla Sanità Sandra Zampa (Pd) a dichiarare apertamente: “Ho molto apprezzato che la Pfizer abbia atteso l’esito delle elezioni americane e la sconfitta di quel campione di Donald Trump”. E se Trump, adesso, vincesse le elezioni?

La grande festa per l’elezione del candidato democratico è dovuta all’annuncio dato dai media americani, non ancora dalle urne. E’ una vittoria prevista, molto probabile, ma non certa. Prima di tutto, in Arizona si vota ancora. Lo Stato meridionale, nelle conte dei voti più serie, come quelle pubblicate dalla Cnn, è dato ancora per “conteso”. Per la Tv conservatrice Fox, invece, è già assegnato a Biden. Lo spoglio è arrivato al 98% mentre questo articolo va online e il margine di vantaggio di Biden rispetto a Trump è di poco inferiore allo 0,5%. Siamo dunque nella situazione in cui le schede da contare sono molto superiori al numero di voti di vantaggio che lo sfidante ha sul presidente, quindi la situazione si può ribaltare all’improvviso. Poi c’è il Nevada, confinante, che ha contato il 95% delle schede e dove il vantaggio del democratico è ancor più risicato, giusto un pugno di voti. La Georgia sta ricontando i voti. Secondo una legge locale, infatti, quando lo scarto fra i due candidati risulta essere inferiore allo 0,5%, inizia il riconteggio. Lo ha deciso il Segretario di Stato locale, Brad Raffensperger, il quale non si mostra troppo preoccupato dalla pressione che sta subendo: “La posta in gioco è alta e grandi sono le emozioni di entrambe le parti. Ma non possiamo permettere che questi dibattiti ci distraggano dal nostro compito”. Il riconteggio includerà anche i voti per posta spediti dai numerosi militari, che non sono ancora stati scrutinati. Infine c’è la North Carolina, la prima che ha iniziato a votare, probabilmente anche l’ultima a finire (l’annuncio è previsto per dopodomani) e dove Trump ha ancora un vantaggio, abbastanza solido, di 2 punti percentuali.

Chiarite tutte queste situazioni ancora in bilico, c’è poi la questione dei ricorsi, che non è affatto secondaria. I social media si stanno dando un gran daffare a censurare tutte le notizie riguardo il sospetto di brogli, considerandole automaticamente fake news. Twitter, ieri, ha teso una vera propria trappola per gli utenti: viene bloccato per 12 ore chiunque provi a condividere un sito in cui si spiega, attraverso un modello matematico, che i conti non tornano sui voti dati a Biden. Il sito stesso non è stato censurato, ma chiunque lo condivida, viene bloccato. Dato che ogni singola notizia sui sospetti di brogli viene bollata preventivamente come falsa, dal punto di vista dell’osservatore straniero, è ormai impossibile riuscire a distinguere il vero dal falso. Sappiamo per certo che la campagna di Trump ha deciso di andare avanti, porterà il caso fino alla Corte Suprema. Quindi potrebbe voler dire che gli avvocati dei Repubblicani, a partire da Rudolph Giuliani, hanno qualcosa in mano (a meno che non abbiano decisod di suicidarsi professionalmente). Denunciano, ad esempio che, a causa di un errore informatico, in una contea del Michigan, i voti per Trump sono stati contati come voti per Biden e questo potrebbe essere accaduto anche altrove. L’avvocato del generale Micheal Flynn, Sidney Powell, intervistata da Fox, dichiara che la Dominion, la casa produttrice del software usato per lo spoglio elettorale, è anche in presunto conflitto di interesse con i Democratici.

Ieri, in una conferenza stampa della Casa Bianca, la portavoce Kayleigh McEnany denuncia: in Pennsylvania non è stato permesso ai rappresentanti di lista repubblicani di accedere ai seggi durante lo scrutinio e agli elettori nelle contee a maggioranza democratica sono stati accordati dei privilegi (nell’organizzazione dei seggi) non concessi alle contee a maggioranza repubblicana. La Pennsylvania, con i suoi 20 grandi elettori, è lo Stato-chiave per determinare la vittoria del presidente. Anche per quanto riguarda il Michigan, il team di avvocati dei Repubblicani denuncia la cacciata dei rappresentanti di lista repubblicani e la presenza massiccia, invece, di militanti democratici nei seggi e chiede di ricontare i voti, perché si sospettano decine di migliaia di voti di persone che non avrebbero potuto votare. Defunti inclusi.

Queste non sono solo “le mille sfumature di complottismo sulla sconfitta di Trump", come scriveva ieri il quotidiano Il Foglio, ma una legittima richiesta di chiarezza sulle elezioni più combattute dall’inizio secolo. Ben altro atteggiamento era stato tenuto, sia dalla stampa che dal mondo della politica internazionale, quando una situazione analoga si era verificata nelle elezioni del 2000, quando era Al Gore ad aver chiesto di fare chiarezza su una vittoria di George W. Bush molto risicata. Come riportava allora il New York Times, il mondo rimase in silenziosa attesa dell’esito finale, nessun governo si precipitò a congratularsi con il vincitore previsto. Ma allora non c’era stata alcuna opera di demonizzazione sistematica nei confronti dei candidati. Venti anni dopo, Trump è considerato una “escrescenza orrenda che ha deformato l’America” (la definizione è di Giuliano Ferrara) e quindi la maggior parte dei governi occidentali, oltre che quasi tutti i giornalisti, si sentono in dovere di riconoscere in anticipo la vittoria di Biden, per cacciarlo dalla Casa Bianca, senza attendere l’esito del voto, né delle cause legali.