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Dopo averla detestata salgono sul carro della Rerum Novarum

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L'iniziativa della Diocesi di Trieste che organizza un convegno sulla Rerum Novarum per stare al passo col nuovo orientamento di Leone XIV. Gli stessi che con le settimane sociali l'hanno sempre detestata. Ma è un tranello visto che della Rerum novarum tutto si può dire meno che sia conforme alla teologia progressista.

Editoriali 10_06_2025

Una iniziativa della diocesi di Trieste pone all’attenzione di chi si occupa e ha a cuore la Dottrina sociale della Chiesa la possibilità che sul carro della Rerum novarum, dopo i richiami di papa Leone XIV, vogliano salire tutti, anche coloro che fino al giorno prima detestavano quell’enciclica, la dichiaravano superata e l’avevano ormai dimenticata. Niente di nuovo, intendiamoci, per due motivi tra essi complementari. Il primo è che ogni paradigma, quando si scontra con qualche fenomeno anomalo rispetto a sé, tende ad assimilarlo e a normalizzarlo, facendolo in qualche modo rientrare nei propri criteri, addomesticandolo. Così capita anche per il paradigma del progressismo cattolico che ora si affretta a salire sul carro della Rerum novarum, nonostante l’ostilità dimostrata nei suoi confronti. Il secondo motivo è che il potere va comunque leziosamente vezzeggiato o, se vogliamo, corteggiato. Il nuovo papa desidera che si riprenda la Rerum novarum? E noi riprendiamola per non essere considerati fuori luogo.

Ma torniamo all’iniziativa triestina, che richiede però di ricordare alcuni fatti. A Trieste, nel luglio del 2024 si è tenuta la Settimana sociale dei cattolici italiani la cui gestione e organizzazione era stata affidata completamente alla sinistra cattolica e in modo particolare a organizzatori e relatori legati o legatissimi al Partito democratico. La Bussola ha documentato la cosa e ha criticato da molti punti di vista il metodo. Alla Settimana sociale non c’è stato alcun riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa, né sono stati utilizzati i suoi principi per illuminare il tema della democrazia che è stata ridotta semplicisticamente a “partecipazione” e a rispetto assoluto della Costituzione, come Zuppi e Mattarella hanno detto nell’occasione. L’evento della Settimana ha avuto poi altri sviluppi, come la Rete di Trieste di amministratori locali guidata da Francesco Russo, del Partito democratico. Tutto questo processo si è mosso secondo criteri post-Dottrina sociale e anti-Leone XIII, sicché Trieste, proseguendo sulla linea delle precedenti Giornate di Cagliari e Taranto, è stato un aggiornamento della presenza dei cattolici nella vita sociale e politica segnato dal superamento della Dottrina sociale come era stata intesa fino a Benedetto XVI, nello spirito del suo annullamento avvenuto con Francesco.

Ora la diocesi di Trieste organizza per l’11 giugno prossimo il Convegno dal titolo “Politiche della democrazia” che, oltre alla presenza del vescovo e agli interventi di due relatori organici al processo appena descritto, prevede una conferenza anche sulla Rerum novarum: “Riprendendo la “Rerum novarum”: lavoro, giustizia e sfide dell’innovazione nei primi messaggi di papa Leone XIV”. D’improvviso, quanto era stato contestato, considerato come ormai superato e inopportuno, torna alla ribalta e viene appiccicato in calce ad un programma che ha avuto tutta un’altra storia.

Non si può sapere con certezza se l’iniziativa rimanga chiusa nell’ambito triestino o diventi invece una linea vera e propria. L’aggancio con la Settimana sociale e quindi i legami con la Conferenza episcopale italiana spingono per questa seconda interpretazione. Per questo si può pensare che assisteremo nel prossimo futuro ad altri “assalti alla diligenza” della Rerum novarum, dirottata  verso destinazioni molto diverse da quelle concepite in partenza. Sul carro della Rerum novarum saliranno tutti coloro che, senza il riferimento di Leone XIV, avrebbero continuato a disprezzarla e a battere altre strade.

Della Rerum novarum tutto si può dire meno che sia conforme alla teologia progressista. Le prime parole, da cui deriva il titolo, vogliono esprimere una accusa verso le “cose nuove” portate dagli oppositori alla società cristiana e non una apertura nei loro confronti. Tutta l’enciclica ha uno spirito di resistenza e di riconquista cristiana della società che si è allontanata da Dio, causa di tutte le ingiustizie morali, economiche e sociali della nuova società industrializzata. Da qui l’idea centrale secondo la quale “non c’è soluzione alla questione sociale fuori del Vangelo”, conclusone certamente estranea al nuovo vento che spira da Trieste, non fosse altro per le ricadute di questo principio sulla democrazia per la quale non può certo bastare la partecipazione.

Come sarà possibile, allora, riprendere la Rerum novarum da parte di un modo cattolico che già da tempo l’aveva sepolta e che da decenni condivide l’idea del padre Chenu che essa sia stata e sia tuttora solo una ideologia? La soluzione procedurale verrà probabilmente trovata nel riprendere l’associazione tra la rivoluzione industriale di allora e quella della intelligenza artificiale di adesso proposta da Leone XIV. Si tratterà di un collegamento nominalistico, senza riprendere minimamente il quadro teologico e pastorale espresso dalla Rerum Novarum e dalle altre encicliche di Leone XIII e senza del quale, però, come aveva fatto notare anche Augusto Del Noce, la Rerum novarum diventa incomprensibile.