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IL BELLO DELLA LITURGIA

Donatello, un sant'Antonio di opere e poche parole

Un giovane con l’abito francescano che tiene tra le mani un libro e un giglio. Così Donatello s’immaginò Sant’Antonio nell’altare maggiore della chiesa di Padova. E i suoi miracoli ispirati al suo celebre motto: "La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere. Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le opere". Cosi avviene per il miracolo dell’asina o per il miracolo del neonato che parla. 

Cultura 16_06_2018
Sant'Antonio, il miracolo dell'asina

Donatello, Sant’Antonio di Padova, PadovaBasilica del Santo

"La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere. Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le opere". Dai Discorsi di Sant’Antonio di Padova

Un giovane con l’abito francescano che tiene tra le mani un libro e un giglio. Così Donatello s’immaginò Sant’Antonio nell’altare maggiore della chiesa per la quale, in quel di Padova, a metà del XV secolo, stava lavorando e di cui Antonio, al secolo Fernando di Buglione, era ed è titolare. Il libro è simbolo della sua dottrina - non per niente il secolo scorso è stato proclamato dottore della Chiesa- e il giglio, si sa, significa purezza.

Cessino le parole, parlino le opere. Facciamocele dunque raccontare dai rilievi che adornano il fronte dell’altare. Sono quattro in tutto e sono collocati esattamente sotto le sculture a tutto tondo. Per inciso, la sistemazione attuale del prezioso manufatto artistico non è quella originaria, essendo stata l’ara smontata, smembrata tra varie parti della chiesa e riassemblata dall’architetto Camillo Boito, alla fine dell’Ottocento, in maniera arbitraria.

“Quello che vediamo oggi sono solo gli attori, non il pezzo di teatro stesso” scriveva il critito John Pope – Hennessy nel suo studio su Donatello, a proposito della perdita della struttura originaria dell’altare. Ma sono proprio gli attori che a noi, qui, interessano. I Miracoli del Santo sono scene affollate, ricche di dettagli incisi nelle lastre di un bronzo arricchito da sapienti dorature.

Gli episodi si sviluppano sullo sfondo di architetture grandiose e monumentali, spazi illusionisticamente profondi che Donatello realizza con una superba padronanza della tecnica dello stiacciato. Nonostante l’assembramento di molteplici personaggi e dello sviluppo di diversi racconti nel racconto, il nostro sguardo è catturato dalla composizione principale e, dunque, dall’evento miracoloso che accade nel trambusto quotidiano.

Cosi avviene per il miracolo dell’asina (nella foto in alto) o per il miracolo del neonato che parla, per esempio, ambientati entrambi in architetture scorciate di gusto rinascimentale: la folla di individui, ciascuno intento in una specifica azione, che si accalcano attorno ai protagonisti, è sempre funzionale alla resa della drammaticità della scena. 

Donatello a parte, l’iconografia del santo, già molto venerato in vita e canonizzato subito dopo la sua morte, è tra le più nutrite. Oltre al libro e al giglio, ha, talvolta, tra le mani un pane, simbolo della sua carità verso i poveri. Oppure viene rappresentato in veste di un giovane con in braccio il Bambino Gesù, immagine che risale a un episodio narrato dal Liber Miraculorum che riferisce di una visione avuta dal Santo poco prima di morire. Spesso accade, inoltre, che gli si conferiscano attributi appartenenti ad altri santi: il cuore infiammato, per esempio, simbolo di Sant’Agostino, o la fiamma che rimanda, invece, all’omonimo Abate, invocato per la guarigione dal fuoco di Sant’Antonio, appunto.

L’unica costante è che il nostro santo venuto dal Portogallo, e non da Padova dove invece, per sua scelta, riposa, indossa sempre il saio cinto dal cordone coi tre nodi che ricordano la povertà, la castità e l’obbedienza, i voti dell’ordine francescano cui Antonio ha ardentemente deciso di appartenere.