Don Bosco, il santo dei giovani che non fuggì la lotta
San Giovanni Bosco fu attivo nella Torino del suo tempo e, da sacerdote di grande integrità dottrinale, seppe conciliare la giustizia con la misericordia cristiana. Un santo che parlava di realtà ultime, di Inferno e Paradiso, e nel mezzo del clima anticattolico risorgimentale avvertiva i suoi giovani «di non aver rossore di comparire cristiani anche fuori di Chiesa».
Se un marziano atterrasse adesso da un pianeta lontano sulla nostra terra, quali notizie avrebbe sulla Chiesa cattolica? Leggendo la stampa, i media, penserebbe che questa istituzione religiosa è conosciuta quasi solo per i suoi grandi problemi con la gioventù, per gli abusi e il sistema di coperture che tanto scandalo stanno portando nei fedeli. Ora, certamente noi dovremmo spiegargli che la Chiesa cattolica non è certo questo, ma sarebbe anche difficile controbattere a un problema che certo ha una estensione non trascurabile e che tanto dolore causa in tante persone di buona volontà. La Chiesa cerca di reagire ma molti non vedono una soluzione a portata di mano di fronte a questa sciagura.
Cerco di immaginare come reagirebbe a una situazione del genere san Giovanni Bosco (1815-1888), che la Chiesa festeggia oggi, 31 gennaio. Egli fu l’apostolo della gioventù e la cura per i giovani è sempre stata una delle caratteristiche della congregazione religiosa da lui fondata, i Salesiani.
Don Bosco fu attivo nella Torino del suo tempo e, da sacerdote di grande integrità dottrinale, seppe conciliare la giustizia con la misericordia cristiana. Erano tempi di grandi attacchi esterni al cattolicesimo e di grandi disagi sociali, anche conseguenti ai rapidi processi di industrializzazione. Don Bosco non fuggì la lotta, non si ritrasse davanti alle battaglie per dare dignità a coloro che la Provvidenza gli aveva affidato. I suoi “sogni”, che spesso erano profezie, lo guidavano nel prendere importanti decisioni e fu anche benvoluto da alti prelati e Papi.
Nelle sue memorie biografiche affermava: «I corifei delle sette studiavano di stabilire uno Stato il quale non governasse più in nome di Dio, né secondo Dio facesse le leggi, ma in nome del popolo e secondo il mutevole volere del popolo, che essi stessi colle loro arti avrebbero formolato. Volevano rovesciare a poco a poco ciò che ipocritamente avevano fino allora predicato doversi rispettare, in modo però che i popoli non se ne avvedessero, o solo allorquando già vi fossero preparati per corruzione di costumi, per errori di mente bevuti nei giornali, nei libri, nei teatri, nelle scuole, e nelle adunanze politiche. A tal fine, predicando la necessità dell’indipendenza della nazione, si facevano apostoli della libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di stampa. Era quella libertà definita da San Pietro: Velamen habentes malitiae libertatem, cioè null’altro in fondo che guerra contro tutto ciò che da lontano o da presso ricorda alla superbia umana che vi è un Dio al quale si deve assoluta obbedienza. Ed è per questo che i legislatori settari hanno proclamato e proclamano: “Noi siamo la legge e sopra la legge non sta alcuno, né Dio, né Chiesa”. Considerarono la Chiesa Cattolica come una semplice società privata, senza valore, senza diritti, senza interesse per la vita civile, separata dallo Stato e, peggio ancora, nemica da doversi combattere incessantemente. Rex sum ego! proclamò Gesù Cristo: ma essi gli rispondono. Nolumus hunc regnare super nos».
Insomma, un santo che amava il popolo ma ancora di più amava la giustizia. E questa è la vera misericordia, perché sappiamo che la più alta forma di misericordia non può essere che la giustizia. Dicevamo del rapporto fra gioventù e Chiesa, oggi in così grande crisi. In un libricino del 1847 chiamato Il giovane provveduto, don Bosco in questo modo parla del rispetto che i giovani devono tenere verso gli uomini di Chiesa: «Vi raccomando poi un sommo rispetto a’ sacerdoti ed a’ religiosi. Perciò ricevete con venerazione quegli avvisi che vi suggeriranno; scopritevi il capo in segno di riverenza quando parlate con essi o li riscontrate per istrada. Guardatevi principalmente dal disprezzarli o con fatti o con parole, perché alcuni giovanetti avendo deriso il profeta Eliseo con soprannomi, Iddio li castigò facendo uscire alcuni orsi da una selva, i quali avventandosi sopra quelli ne sbranarono quaranta. Chi non rispetta i sacri ministri deve temere gran male dal Signore. Qualora si parli di essi imitate il giovanetto Luigi Comollo il quale soleva dire: “De’ sacerdoti o parlar bene o tacere affatto”. Vi debbo altresì avvertire di non aver rossore di comparire cristiani anche fuori di Chiesa. Per lo che quando passerete dinanzi alle Chiese o a qualche immagine di Maria o di altri Santi non trapassate senza scoprirvi il capo in segno di riverenza. Così vi mostrerete veri cristiani e il Signore vi colmerà di benedizioni pel buon esempio che date al prossimo».
Sono parole molto belle e vere, ma non neghiamo che oggi ci suonano molto strane. Strane perché i buoni sacerdoti, che fanno il loro dovere e cercano di adempiere la propria missione come possono, pagano per la cattiva immagine offerta da coloro che abusano del proprio ministero e godono di coperture indegne e immorali. Purtroppo, non neghiamolo, c’è anche una crisi del sacerdozio stesso, una crisi di identità, per cui il sacerdote pensa che sia più accettabile se si comporta “come noi”, se si veste “come noi”, se è nel mondo “come noi”, quando “noi” (il popolo cattolico) vorremmo che egli ci indicasse la via per essere “come Lui”, che è la sola cosa che importa.
Quale grande responsabilità per chi corrompe la gioventù nella sua età più delicata! Nell’opera citata in precedenza, don Bosco afferma: «Due sono i luoghi che nell’altra vita stanno a noi preparati. Un inferno per li cattivi, dove si patisce ogni male. Un Paradiso per li buoni ove si godono tutti i beni. Ma il Signore vi fa sapere che se voi comincierete ad esser buoni in gioventù, tali sarete nel resto della vita, la quale sarà coronata con una felicità di gloria. Al contrario la mala vita cominciata in gioventù troppo facilmente sarà tale fino alla morte, e vi condurrà inevitabilmente all’inferno. Perciò se voi vedete uomini avanzati negli anni dati al vizio dell’ubbriachezza, del giuoco, della bestemmia. per lo più potete dire: questi vizi cominciarono in gioventù: Adolescens juxta viam suam, etiam cum senuerit non recedet ab ea (Proverbi 22). Ah! figliuolo, dice Iddio, ricordati del tuo Creatore nel tempo di tua gioventù: altrove dichiara beato quell’uomo che dalla sua adolescenza avrà cominciato ad osservare i suoi comandamenti. Questa verità fu conosciuta da’ Santi, e specialmente da santa Rosa di Lima, e da san Luigi Gonzaga, i quali avendo cominciato fin da cinque anni a servire fervorosamente il Signore, fatti adulti non trovavano più gusto se non per le cose che riguardavano a Dio; e così divennero gran santi. Lo stesso diciamo del figliuolo di Tobia, il quale ancor molto giovane già era ubbidiente, sommesso in tutto alla volontà de’ suoi genitori, morti i quali, continuò a vivere virtuosamente fino alla morte. Ma (taluni diranno) se cominciamo al presente a servire il Signore, diventiamo malinconici. Non è vero, sarà malinconico colui che serve il demonio, il quale comunque si sforzi per mostrarsi contento, tuttavia avrà sempre il cuor che piange, dicendogli: tu sei infelice perché nemico d’Iddio. Chi più affabile e più gioviale di san Luigi Gonzaga? Chi più lepido e più allegro di san Filippo Neri? Nondimeno la loro vita fu una continua pratica di ogni virtù. Coraggio adunque, miei cari, datevi per tempo alla virtù, e vi assicuro, che avrete sempre un cuore allegro e contento, e conoscerete quanto sia dolce servire al Signore».
Ma cosa accadrà a coloro che corrompono questa bontà nella gioventù facendola divenire rigetto per la Chiesa, odio? Io vorrei veramente poter ascoltare don Bosco e come agirebbe in questo tempo difficile. Non esiste una soluzione semplice ai presenti problemi. Certamente non il silenzio. Questo è stato riconosciuto anche da papa Francesco che ha parlato del servizio svolto da coloro che con coraggio hanno denunciato coloro che si sono serviti della propria condizione sacerdotale per corrompere, per abusare. È un sistema difficile da scardinare ma nondimeno è necessario agire con forza, decisione e coraggio, per non consegnare l’immagine della Chiesa cattolica all’azione di una minoranza di malfattori.