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EDITORIALE

Domande del Papa una sfida alla nostra cecità

Nella visita a Lampedusa risalta la capacità del Papa di guardare anzitutto all'uomo, alla sua verità. E le domande di Dio ad Adamo e Caino diventano domande per ciascuno di noi, una possibilità di scuoterci dall'indifferenza.

Editoriali 08_07_2013
Il Papa a Lampedusa

Così semplice, ma così difficile da capire. Papa Francesco parla con un linguaggio semplice, dice cose elementari, a volte – qualcuno sostiene – perfino banali. Eppure, paradossalmente, a comprenderlo veramente si fa fatica. Forse perché quelle sue parole semplici, per essere comprese devono prima buttare giù quel muro di pregiudizi e cose date per scontate che tengono prigioniero il nostro cuore.

Così accadrà, e sta accadendo, anche per quel meraviglioso gesto della visita a Lampedusa che si è appena compiuta.

Papa Francesco si muove e parla perché laddove noi vediamo notizie lui vede l’uomo. L’uomo che soffre, l’uomo che gioisce, l’uomo che desidera un’altra vita. Nel caso specifico dei migranti vede uomini e donne alla legittima ricerca di una vita migliore per sé e per i figli, che nel tentativo di raggiungere questo obiettivo passano attraverso enormi sofferenze e a volte perdono la vita. E queste morti, ha detto il Papa, sono “una spina nel cuore”. Non anzitutto un problema umanitario da affrontare, non un problema politico da risolvere: in seconda battuta sarà anche quello, ma anzitutto è “una spina nel cuore”. Come quella che hanno i genitori quando i figli si mettono su una strada cattiva o appena appena preoccupante. La “spina nel cuore” è ciò che accade quando un uomo è interessato al destino dell’altro, al suo bene, e soffre con lui, partecipa con lui.

Per questo facciamo fatica a capire il Papa, ce lo ha ricordato lui stesso nell’omelia, siamo diventati insensibili al grido dell’altro. Siamo troppo preoccupati di difendere anzitutto delle posizioni. E allora cerchiamo prima di capire se il Papa è progressista o conservatore, se è in continuità con Benedetto XVI oppure rappresenta una rottura, di chi fa il gioco la sua visita a Lampedusa. E non lasciamo che invece parli al nostro cuore.

Sarà senz’altro insopportabile sentire i commenti del presidente della Camera su questa visita, sarà certamente stomachevole ascoltare leader politici di ogni colore riempirsi la bocca con le parole di papa Francesco che condanna chi si arricchisce sulla povertà degli altri e indica le cause socio-politiche che sono all’origine di queste tragedie. Giudizi che vanno presi sul serio, ma che si possono tirare a destra e sinistra. Ma non sono questi il centro della vicenda.

Ciò che ci deve interessare di questa visita a Lampedusa sono quella capacità del Papa, in ogni situazione, di guardare all’uomo e alla sua verità; e poi quelle domande che ha ripetuto insistentemente durante l’omelia e che sono rivolte a ognuno di noi: “Adamo, dove sei?”; “Caino, dov’è tuo fratello?”. L’uomo che si crede Dio è disorientato e finisce nel fare violenza, costruire un mondo di violenza. Ognuno di noi è Adamo, ognuno di noi è Caino, ci giriamo davanti al bisogno dell’altro, anche nella nostra famiglia, anche tra i nostri amici. “Dov’è tuo fratello? La voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio”.
Soltanto se ci lasciamo trapassare da queste domande, possiamo cominciare a vedere il mondo, gli altri, in una luce diversa. E soprattutto essere più veri, più uomini.

E non dobbiamo dimenticare che più importante ancora dell’omelia è il fatto che a Lampedusa il Papa abbia celebrato l’Eucarestia. Questo è il fatto reale, concreto, che vale più di mille parole. La vita non cambia per le parole ma perché si incontra qualcosa di vero, perché si sperimenta l'appartenenza alla Verità. Cristo è l’unica risposta che capovolge la situazione di Adamo e di Caino, è l’unica possibilità di dare un senso a quella “spina nel cuore” di cui il Papa ha parlato, è l’unica consolazione per chi vive nella sofferenza. E’ l’unico modo perché le domande che il Papa ha rivolto a ciascuno di noi non ci spingano all’angoscia, ma ci aprano a un amore più grande e una lieta operosità.