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LA RELAZIONE

Disordine sessuale e aborto, un circolo vizioso

Pur insieme ad altre ragioni, c’è un rapporto reciproco tra il rifiuto della vita nascente e l’impoverimento della visione sulla sessualità, indotto dalla “rivoluzione sessuale”. L’impurità, come indica san Paolo, si lega a insensibilità e idolatria. E da ciò si viene fuori solo con la luce della fede e la grazia di Dio.
- RIECCO I 40 GIORNI PER LA VITA, di Maria Bigazzi

Cultura 24_12_2022
Pro aborto si confrontano con pro life

Riportiamo qui di seguito uno stralcio della relazione tenuta da monsignor Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia - San Remo, in occasione del convegno “La vita è meravigliosa” svoltosi lunedì 12 dicembre a Novara e in cui erano presenti 26 sigle dell’associazionismo pro vita. La Diocesi di mons. Suetta propone in questo periodo la seconda edizione di 40 giorni per la Vita, iniziativa alla quale quest’anno si unisce anche “40 giorni per la Vita - coordinamento di Bergamo”. La campagna prenderà il via il prossimo 28 dicembre con iniziative di preghiera, testimonianza e carità a favore della vita nascente.

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La vita è un dono prezioso di Dio e, come spiega la Sacra Scrittura fin - e soprattutto - dalle prime pagine, è costituita da elementi orientanti ad una relazione fondamentale, quella con il Creatore, e ad un tessuto di legami destinati a formare l’umana società nei diversi livelli, a cominciare dalla cellula fondamentale della famiglia.

Secondo il racconto biblico l’uomo è carne, cioè “limite e provvisorietà”, in cui Dio soffia il suo Spirito per farlo diventare “essere vivente” (anima), cioè “grido, invocazione”, attitudini, che evocano il dato fondamentale della vocazione ad essere “capace di Dio”. Rapire questo dono dalle mani libere e gratuite del Creatore per usarne a proprio autosufficiente e presuntuoso piacimento, escludendo volontariamente il rapporto veritativo e liberante con il Signore della vita, si chiama peccato, terribile e pericolosa condizione che conduce alla morte (cfr. Rm 6, 23).

Uno dei principali segni e strumenti di relazione è la sessualità umana: essa sta alla base dell’articolarsi dell’umana società a partire dalla famiglia consentendo all’uomo di vivere il fine filiale, unitivo e generativo. Nella precarietà fragile dell’esperienza umana terrena la sessualità, autenticamente vissuta - tanto nel matrimonio quanto nella consacrazione - rimanda a quelle radici e a quella meta divine, che, sole, offrono vera consistenza alla vita umana.

Il rifiuto e il disprezzo della vita, che oggi dilagano, alimentati anche da forme esasperate e disperate di edonismo e di ipererotismo, si palesano in molteplici forme, ma specialmente (occorre sottolinearlo) nella tragica pratica dell’aborto e più ancora nell’aberrante promozione di esso come “diritto della persona”. Le statistiche mondiali evidenziano numeri da vero genocidio. Non ne è certamente l’unica ragione, tuttavia sono convinto che rifiuto della vita nascente e impoverimento della visione della sessualità si richiamino reciprocamente e inneschino un processo sempre più pericolosamente rovinoso.

Tanti uomini e donne vivono la loro sessualità come un dono, attraverso il quale esprimono gli aspetti più intimi dell’amore e della dedizione. Per molti di loro, la sessualità è vissuta come parte del “sacramento del matrimonio”, nel quale sperimentano l’amore di Dio nel loro reciproco amore coniugale, ma in questi ultimi decenni molte deformazioni, sfruttamenti e abusi hanno accompagnato il modificarsi dei ruoli e delle espressioni della sessualità. La pubblicità e gli spettacoli hanno distorto l’espressione sessuale attribuendole una fraintesa e autonoma centralità che non aveva mai avuto; è il tempo indicato come quello della “rivoluzione sessuale”.

Si tratta di comportamenti e di volontà destrutturanti rispetto alla concezione classica e cristiana della persona e della società e fanno pensare ad un ritorno del paganesimo con esiti e insidie anche peggiori; nel paganesimo precristiano infatti molti fermenti culturali e filosofici tendevano a custodire un’apertura trascendente rendendola quasi una forma di “attesa” inconsapevole rispetto al “grido” della creazione, oggi invece il paganesimo di ritorno sembra essere costituito da un rifiuto aggressivo della luce cristiana, ostinato nel rendere l’uomo emancipato da ogni forma di religiosità e capace di orizzonte ulteriore, foriero di sterile e dolorosa disperazione.

A tal proposito l’apostolo Paolo, scrivendo agli efesini, così descrive il mondo pagano di allora: “Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri, accecati nella loro mente, estranei alla vita di Dio a causa dell'ignoranza che è in loro e della durezza del loro cuore. Così, diventati insensibili, si sono abbandonati alla dissolutezza e, insaziabili, commettono ogni sorta di impurità” (Ef 4, 17-19). Il disordine morale e sessuale produce insensibilità, cioè egoismo, incapacità di compassione solidale, e innesca un processo degenerativo di corruzione dei costumi e della vita, che resterebbe irreversibile senza la luce e la grazia della fede.

Nel successivo capitolo della lettera, Paolo aggiunge un significativo e curioso particolare: “Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro - cioè nessun idolatra - ha in eredità il regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con parole vuote: per queste cose infatti l'ira di Dio viene sopra coloro che gli disobbediscono. Non abbiate quindi niente in comune con loro” (Ef 5, 5-7). Paolo associa la fornicazione, l’impurità e anche l’avarizia (egoismo della vita) all’idolatria, situazione che non evoca soltanto l’adorazione di falsi dei, praticata nel mondo pagano e ignorante, ma che mette in luce come questa provenga dalla presunzione umana di porsi come criterio unico ed esclusivo di determinazione del bene e del male.

Per quanto riguarda soprattutto l’educazione dei ragazzi e dei giovani nella famiglia, nella catechesi e nella scuola sono quanto mai vere ed illuminanti le indicazioni di papa Francesco contenute in Amoris Laetitia ai numeri 280-286.

In un passo della Prima lettera ai corinti, lo stesso apostolo, pur in altro contesto, chiarisce adeguatamente il contenuto e la malizia dell’idolatria: “Che cosa dunque intendo dire? Che la carne sacrificata agli idoli vale qualcosa? O che un idolo vale qualcosa? No, ma dico che quei sacrifici sono offerti ai demòni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni” (1 Cor 10, 19-20). È purtroppo sotto gli occhi di tutti come gli innumerevoli attentati all’integrità della persona e alla vita in tutte le sue fasi rappresentino un esagerato quanto insulso sacrificio al Molok dello scientismo e di un falso progresso sempre più ingannevolmente circoscritto ad effimeri traguardi privi di orizzonte e di respiro.

Sotto il profilo teologico e spirituale stimo opportuno considerare l’attuale processo di scristianizzazione con tutte le sue nefaste conseguenze non come una semplice deriva culturale, frutto di inesorabili processi storici e ambientali, ma come un’inquietante, anche se già sconfitta - lo sappiamo bene - rivalsa del male, secondo quanto richiamato dalla prima lettera di Giovanni: “tutto il mondo giace sotto il potere del maligno” (1 Gv 5, 19) e secondo quanto magistralmente aveva esposto il compianto Cardinal Caffarra in una sua conferenza indicando la pratica, e ancor più l’approvazione conclamata, dell’aborto come una diabolica contrapposizione al disegno creativo di Dio.

Sono consapevole che una prospettiva del genere potrebbe far “sorridere” anche più di qualcuno ritenendo sorpassata e anacronistica la visione, ma è proprio per questo che mi sento in dovere di concorrere a ricondurre la questione ai suoi aspetti più profondi e appunto teologici, senza disprezzare altri complementari e utili approcci di provenienza scientifica, sociologica e pastorale. Quanto poi al “sorridere” occorre sempre sapientemente distinguere tra il sorriso pacifico, buono e fecondo della verità e il “ghigno” arrabbiato e perdente del maligno e di chi lo segue.