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il protocollo Mc Cullough

Disintossicarsi dalla spike: avanti, ma con giudizio

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Il cardiologo americano Mc Cullough ha messo a punto un protocollo medico per disintossicarsi dalla spike vaccinale. Se le evidenze cliniche sono positive è bene prenderlo in considerazione, ma senza attendersi esiti miracolistici per non creare false aspettative. 

Attualità 13_08_2024

Il problema dei danni da vaccino Covid sta emergendo con sempre maggiore drammaticità. Nonostante si cerchi ancora oggi di minimizzare, i dati di varie morbilità in aumento correlate alla somministrazione dei prodotti genici descrivono un quadro preoccupante. L’esperienza clinica di molti medici fa emergere un sempre maggior numero di patologie autommuni, cardiovascolari, e di tipo neuropatico. Di fronte a queste situazioni molto difficili e dolorose, non c’è nemmeno tempo per aspettare un responso di correlazione da parte delle autorità sanitarie, e il bisogno più urgente è quello di poter aiutare chi soffre di patologie derivanti dai vaccini, e in particolare dalla proteina Spike prodotta dagli stessi organismi dei vaccinati. Come eliminare la Spike dal corpo? Questo è il problema, e lo sforzo di chi si impegna nella cura dei danneggiati.

Anzitutto ci sono terapie antinfiammatorie, perché l’azione della Spike è proprio quella di causare infiammazioni presso diversi organi. Poi si rende necessaria una terapia di tipo ripartivo, soprattutto nel caso delle neuropatie. Infine, liberarsi dalla proteina Spike.

Peter McCullough, celebre cardiologo americano che già da diverso tempo si è impegnato nel segnalare i danni da vaccino, esponendosi con coraggio affermando che i vaccini Covid-19 «sono stati il più grande esperimento umano mai fatto nella storia», aggiungendo che hanno lasciato in circa il 15% di persone che li hanno ricevuti qualche forma di problema medico, ha pubblicato il primo protocollo scientifico per disintossicarsi dalla Spike vaccinale.

A mio personale parere, l’idea di un protocollo unico è piuttosto discutibile. Ciò perché ogni persona è diversa dalle altre, con caratteristiche diverse per anamnesi, storia clinica, patologie pregresse e attuali, fattori genetici. A mio avviso la terapia dovrebbe sempre essere personalizzata, tenendo conto di tutti questi fattori. Ciò premesso, se le evidenze cliniche documentano che ci sono dei prodotti efficaci, questi vanno sicuramente presi in considerazione.

Cosa prevede dunque il protocollo di Mc Cullough? Il cardiologo, che lavora al Baylor University Medical Center a Dallas, in Texas, e ha pubblicato 678 lavori scientifici, con oltre 30 studi peer-reviewed sul coronavirus SARS-CoV-2 ed è attualmente Chief Scientific Officer della Wellness Company, che fornisce terapie domiciliari, ha pubblicato su una rivista scientifica tra le più prestigiose, il Journal of American Physicians and Surgeons, la sua proposta terapeutica. Innanzitutto nell’articolo viene spiegato che la proteina Spike anche a distanza di tempo dalle inoculazioni è ancora presente nelle cellule e nei tessuti dei vaccinati, e agisce come una tossina infiammatoria.

«Il corpo umano non sembra avere enzimi in grado di abbattere questa proteina – spiega McCullough – ed eliminarla». E ciò perché tale proteina «non è naturale». «È stata progettata in un laboratorio di biosicurezza cinese utilizzando progetti provenienti da ricercatori statunitensi completamente finanziati e supportati dal National Institutes of Health e dal National Allergy Immunology branch gestito dal Dottor Anthony Fauci». Sono affermazioni piuttosto gravi. Ma torniamo alla Spike, per come ormai la conosciamo, essendo oggetto di studi accurati, alcuni dello stesso Mc Cullough. La Spike sarebbe la causa, entrando in circolo nel sangue, di problemi cardiaci quali le sempre più frequenti miocarditi e dei «malori improvvisi» di cui sono piene le cronache quotidiane. Questa tossina può causare infiammazione e coagulazione in qualsiasi tessuto in cui si accumuli. Chiarita l’azione patogenetica, che tipo di disintossicazione propone Mc Cullough?

Il protocollo prevede l’utilizzo di tre sostanze naturali: nattochinasi, bromelina e curcumina, tutti prodotti facilmente reperibili. La nattochinasi è un enzima derivato dalla fermentazione della soia. È stato tradizionalmente utilizzato in Giappone per i benefici cardiovascolari che è in grado di dare. Gli studi del ricercatore americano sembrano dimostrare che è in grado di degradare la proteina Spike. La bromelina, invece, è un insieme di enzimi derivati da steli di ananas, un prodotto approvato dalla Fda statunitense e dall’Ema (l’Agenzia europea per il farmaco) come trattamento per le ferite. Come la nattochinasi, secondo Mc Cullough ha dimostrato di accelerare l’espulsione della proteina Spike. Infine, la curcumina è il composto attivo nella curcuma, ampiamente utilizzata per le sue proprietà antinfiammatorie, utile a mitigare ulteriori danni dalla proteina Spike.

I primi risultati hanno fatto dichiarare a McCullough di aver osservato che le persone trattate col suo protocollo sperimentano sollievo da sintomi come intorpidimento, formicolio, alterazioni del ritmo cardiaco, cefalea, mal di testa e perdita dei sensi sotto questo protocollo. Le dosi raccomandate nel protocollo del dottor McCullough vanno seguite «per almeno tre mesi», con l’avvertenza che coloro che hanno ricevuto più dosi di vaccino potrebbero avere bisogno di un trattamento più lungo, fino ad un anno.

Il protocollo del medico americano specifica anche la posologia: la nattochinasi si assume attraverso 2000 unità di fibrina (100 milligrammi) per via orale due volte al giorno a stomaco vuoto; circa la bromelina, ne vanno assunti 500 milligrammi per via orale una volta al giorno, sempre a digiuno; infine la curcumina si assume attraverso 500 milligrammi per via orale due volte al giorno. Tuttavia, ci sembra assolutamente opportuno suggerire ai lettori di effettuare eventualmente questo tipo di trattamento solo ed esclusivamente sotto il controllo di un medico, che evidentemente non neghi la correlazione della patologia con il vaccino, e che possa anche eventualmente integrare o correggere tale protocollo.

Un’altra precisazione è doverosa: come ben sanno i medici che si stanno dedicando alla cura dei danneggiati, si tratta di un percorso non facile e non breve. Non ci si deve attendere esiti “miracolistici”, guarigioni in pochi giorni, come ha scritto qualcuno che ha commentato in termini entusiastici questo protocollo. Non bisogna creare false aspettative, e come sempre in Medicina – e non solo - bisogna essere realisti.



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