Diritti umani, torna il problema Maritain
Un saggio del professor Danilo Castellano riporta in evidenza il contributo problematico alla stesura della Dichiarazione Universale dei Diritti umani, di Jacques Maritain, che pretendeva un accordo sui diritti eludendo il tema del loro fondamento.
In un suo articolo pubblicato nell’ultimo numero della rivista spagnola “Verbo” che richiamo in calce, Danilo Castellano ritorna sulla questione della concezione moderna dei diritti umani e sul ruolo svolto da Jacques Maritain nel 1948, quando faceva parte della Commissione UNESCO per la redazione della Dichiarazione universale dei diritti umani e pubblicava “Le droits de l’homme”, proprio nelle edizioni dell’UNESCO. Si tratta di puntualizzazioni molto interessanti.
Il punto è questo: la Commissione pensava che conoscere i fondamenti dei diritti umani fosse impossibile, data la diversità di visioni delle varie filosofie e confessioni religiose. Inutile quindi perdere tempo in campo teoretico, occorreva affrontare il problema sul piano pratico. Questo pensava anche Maritain che, nel libro sopra citato e poi in altre pubblicazioni come “L’uomo e lo Stato”, riteneva possibile per tutti convergere su una idea pratica di diritti umani, lasciando da parte le questioni di principio. La conseguenza fu che l’ONU “impose” universalmente una visione dei diritti umani infondata. Come si vede, la cosa è di enorme portata e merita qualche breve osservazione.
Intanto, una cosa infondata rimane aperta ad ogni revisione, interpretazione e manipolazione. Questo spiega perché la dichiarazione ONU è comunque generica e può essere interpretata in modi molto vari e perfino contraddetta rispettandone la lettera. L’ONU ha imposto quella sua dichiarazione come un presupposto da accettare universalmente, così facendo ha anche imposto tutte le dichiarazioni successive, comprese le più ideologiche.
In secondo luogo, in questo modo si è rovesciato il rapporto tra conoscere e agire, tra teoria e prassi. L’aspetto pratico ha assunto maggiore rilievo di quello teoretico. Ciò ha comportato una nuova concezione dell’uomo: mentre si era sempre pensato che ognuno agisca in base a quello che pensa, da allora in poi invece si ritiene che ognuno pensi in base a come agisce. Questo ha aperto le porte alla concezione storicistica e in particolare marxista secondo cui la verità si fa, con le conseguenze legate al pensiero moderno e contemporaneo che tutti conosciamo. La contraddizione, però, è evidente: se l’uomo agisce alla cieca, come è possibile che questo agire alla cieca faccia emergere poi una ragione? Dal nulla non nasce nulla.
Dare la priorità all’incontro pratico tra gli uomini, non comporta solo di indebolire o annullare la ragione naturale ma anche la Rivelazione. La posizione assunta da Maritain sterilizza quindi la capacità della Rivelazione di illuminare la prassi e toglie possibilità alla Dottrina sociale della Chiesa.
Una convergenza pratica e non di ragione sui diritti umani impedisce di vederli come “diritti umani” perché questo richiede un giudizio di ragione. Quindi, alla fine, si finisce per considerare diritto umano quanto si sceglie liberamente e immotivatamente secondo le circostanze del momento.
Come si vede, quando si parla di diritti umani si finisce sempre per arrivare a Maritain, ed è un approdo piuttosto spiacevole.
Cf. Danilo Castellano, “Los derechos humanos en la filosofía jurídica contemporánea dominante”, “Verbo”, n. 613-614, marzo-abril 2023, pp. 325-336.