Dietro il "Fico" c'è una via d'uscita per Silvio
Il mandato esplorativo affidato al Presidente della Camera, Roberto Fico, ha avuto esito positivo, stando alle dichiarazioni di quest’ultimo. Ma un governo Pd M5S è ancora lontano. All'orizzonte un governissimo del presidente. Oppure un esecutivo Lega-Pentastellati. Con Berlusconi messo a bada con alcune garanzie...
Il mandato esplorativo affidato dal Quirinale al Presidente della Camera, Roberto Fico, ha avuto esito positivo, stando alle dichiarazioni di quest’ultimo. Un confronto Pd-Cinque Stelle è avviato, ma solo la prossima settimana verrà presa una decisione. La direzione dem, convocata per giovedì 3 maggio, dovrà esprimersi sulla possibile alleanza di governo con i pentastellati, anche se i segnali che arrivano dal Nazareno sembrano chiudere la porta a una prospettiva di quel tipo.
Difficilmente nascerà un governo a guida Di Maio appoggiato da Pd e Leu, come auspica qualcuno anche tra i più stretti collaboratori di Sergio Mattarella, perché rimangono enormi distanze programmatiche e perché i renziani, maggioranza nel partito, non intendono arretrare di un millimetro sull’incompatibilità con il Movimento Cinque Stelle.
Quest’ultimo sembra perseguire una strategia duplice: provare a governare senza snaturarsi e senza rinunciare ai suoi cavalli di battaglia più caratterizzanti; in subordine, provare a spaccare il centrodestra da una parte e il Pd dall’altra, per poi tornare al voto con la certezza di essere nuovamente il primo partito e di poter conquistare il premio di maggioranza alla lista, che quasi tutte le forze politiche si dicono disponibili ad introdurre attraverso una nuova legge elettorale.
I grillini, cioè, lavorano per conquistare Palazzo Chigi, ma soprattutto per rompere di qua e di là, nella speranza che i loro avversari arrivino ancor più lacerati e divisi alla prossima campagna elettorale.
Nei cento punti del programma presentati dal Pd agli elettori in occasione dell’ultima tornata del 4 marzo, ci sono molte proposte in materia di Europa, lavoro e fisco che appaiono agli antipodi rispetto al programma pentastellato, per cui diventerebbe davvero imbarazzante per i due partiti addivenire a un compromesso per governare, lasciando ampie praterie al centrodestra per fare un’opposizione a tutto campo.
Senza contare che le basi di Pd e Cinque Stelle si dicono in larga parte contrarie a un’alleanza, perché reputano inconciliabili le loro posizioni su questioni assai qualificanti per la guida del Paese.
Ecco perché l’impressione è che questo temporeggiamento ulteriore, fino alla prossima settimana, oltre che essere inutile e dannoso per il Paese, sia solo un modo per scavallare il voto in Friuli, che sancirà con ogni probabilità un successo del centrodestra e in particolare della Lega. Se il fedelissimo di Matteo Salvini, Massimiliano Fedriga diventerà governatore friulano, l’asse Lega-Forza Italia si confermerà vincente nelle regioni (si è rivelato tale già domenica in Molise) e a quel punto, stante il veto insormontabile dei renziani a un esecutivo con i Cinque Stelle, rimarrà solo la strada del Governo del Presidente, cioè di un esecutivo guidato da una personalità scelta dal Quirinale, magari dopo un accorato appello al Paese e ai partiti, per gestire le emergenze economico-finanziarie, rassicurare Europa e mercati, e varare una nuova legge elettorale che consenta di poter uscire dal pantano dell’ingovernabilità, assicurando all’Italia un governo stabile dopo elezioni anticipate in autunno o a inizio 2019.
D’altra parte tutte le forze politiche sembrano nuovamente in campagna elettorale perché si rendono conto che la legislatura è destinata a durare molto poco. Silvio Berlusconi continua a sparare a zero sui Cinque Stelle per far naufragare ogni possibile governo Di Maio con la partecipazione della Lega. Luigi Di Maio invoca una legge sul conflitto di interessi in materia di informazione radiotelevisiva per marcare la distanza dall’odiato Cavaliere. Salvini prova a fare il pontiere e ad accreditarsi come moderato per diventare il leader di tutto il centrodestra, anche in vista di un possibile partito unico.
In queste condizioni non si escludono due colpi di scena, che tuttavia al momento appaiono molto lontani. Il primo è che Mattarella, anziché cimentarsi nell’ardua proposizione di un nuovo esecutivo tecnico o di garanzia, che rischierebbe di incontrare l’avversione invincibile dei partiti vincitori, convinca tutti a “prorogare” il governo Gentiloni fino al voto anticipato, restringendo il suo mandato a quelle due-tre cose indispensabili prima di sciogliere le Camere. Il secondo, alternativo al primo, è che Berlusconi indossi i panni dello statista e dichiari solennemente la sua rinuncia a partecipare a qualsiasi governo, senza nulla pretendere, e quindi lasciando a Lega e Cinque Stelle campo libero nel costituire un esecutivo con loro uomini, in grado di far partire la legislatura in modo spedito e con un’ampia maggioranza parlamentare.
Che ci ricaverebbe in questo caso il leader di Forza Italia? Astenendosi dal fare la guerra a un esecutivo Lega-Cinque Stelle e dal rompere per ripicca l’alleanza di centrodestra nelle Regioni, Berlusconi si assicurerebbe la non belligeranza dell’esecutivo nei suoi confronti e, soprattutto, nei confronti delle sue aziende. Dopo tutto è quello il suo vero obiettivo.