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Jihad e intolleranza religiosa

Dieci cristiani uccisi in Uganda poco prima di Natale

Combattenti del gruppo jihadista Adf hanno attaccato il loro villaggio e li hanno uccisi dopo di che hanno dato fuoco distruggendo ogni cosa

 

 

È di matrice islamista l’attacco del 19 dicembre a Kyitehurizi, un villaggio dell’Uganda occidentale, costato la vita a 10 cristiani, tra cattolici, anglicani e pentecostali, inclusa una bambina di tre anni. Secondo quanto accertato dalle autorità ugandesi, la strage è stata compiuta di notte, cogliendo gli abitanti del villaggio nel sonno, dalle Allied Democratic Forces, Adf, un gruppo jihadista affiliato all’Isis dal 2018. Formatosi in Uganda negli anni 90 del secolo scorso, il gruppo da oltre 20 anni si è trasferito nella vicina Repubblica democratica del Congo. Ma in tempi recenti anni ha ripreso a compiere attentati e attacchi anche in Uganda. Svegliate dalle urla, circa 200 persone sono riuscite a fuggire, ma hanno perso tutto perché i jihadisti hanno dato fuoco al villaggio distruggendo case, raccolti e ogni altra cosa. Un sopravvissuto – una donna che è riuscita a nascondersi – ha raccontato di aver sentito alcuni aggressori dire: “i cristiani non celebreranno la nascita di Issa (Gesù)” e “diamo una lezione a questi infedeli che rifiutano la nostra religione”. I musulmani costituiscono circa il 12% della popolazione ugandese. Nell’est del paese dove sono concentrati sono frequenti gli episodi di intolleranza verso i cristiani, soprattutto nei confronti dei musulmani che abiurano e si convertono al Cristianesimo. Tra quelli più recenti, c’è il caso di una donna uccisa a dicembre dal figlio. Tornato in Uganda dopo aver lavorato per quattro anni in Arabia Saudita, ha scoperto che nel frattempo lei si era convertita al Cristianesimo e l’ha colpita a morte. Per la stessa ragione – colpevole di aver abiurato l’Islam ed essersi convertita al Cristianesimo – un uomo ha dato fuoco alla moglie a novembre. La donna, madre di tre bambini, è sopravvissuta, ma ha riportato gravi ustioni. A ottobre due anziani coniugi, anch’essi convertiti al Cristianesimo, sono stati costretti a fuggire dal loro villaggio perché i parenti minacciavano di ucciderli. E ancora, a settembre un gruppo evangelico ha scoperto che un ragazzo di 17 anni, convertitosi dopo aver ascoltato le omelie di un predicatore, è stato segregato dal padre e lasciato morire di fame.