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MESSICO E TRANS

Deputata sanzionata per aver detto che un uomo è un uomo

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La deputata messicana Teresa Castell si rivolge al collega transessuale Salma Luévano al maschile e chiamandolo "uomo". Sanzionata, deve fare autocritica. 

Famiglia 02_03_2024
Teresa Castell

Il mondo spettrale e da incubo che ci preparano i fautori della mortifera ideologia del gender è già tra noi e per non fare come gli struzzi, ogni tanto giova alzare la testa per guardare.

Nel lontano Messico, una donna che risponde al nome di Teresa Castell e che è deputata alla Camera dal 2021, è stata prima denunciata e ora condannata duramente per “violenza di genere”. Benché sia donna e la discutibile espressione giuridica sia stata inventata ad arte, come il cosiddetto femminicidio, per proteggere proprio le signore dalle angherie maschili. Ma il fatto è questo. La Castell ha osato chiamare uomo, sui social e alla Camera, un deputato, pardon un* deputat* del suo stesso parlamento messicano, Salma Luévano, nato maschio, ma ora considerato donna.

Salma Luévano, guarda caso, milita nel Partito progressista del Messico e secondo Wikipedia è anche un «attivista per i diritti LGBT+». Nel suo curriculum honorum si ricorda, come un trofeo, che negli anni 90, «Luévano è stato arrestato dalla polizia messicana con l'accusa di atti osceni per aver indossato abiti femminili». Coerenza o oltraggio al pudore? In ogni caso, l’onorevole Teresa Castell per il gravissimo insulto dell’aver detto uomo a chi non si sente (più) tale, è stata condannata per “violenza di genere” dal «Tribunale Elettorale della Magistratura del Messico (TEPJF)».

E la condanna in casi come questi, oltre ad essere simbolica e dissuasiva per la gente comune – obbligata a vedere la realtà con gli occhi dei trans – è anche riparativa e rieducativa. Come espiazione, la Castell dovrà quindi, secondo Reduxx, «seguire un corso sulla violenza politica, sia contro le donne a causa del genere, che contro le persone LGBTIQA+». Dovrà poi «scusarsi pubblicamente e pubblicare» su X delle parole di pentimento. In modo da lavare la colpa delle affermazioni contrarie pubblicate ai danni della Luévano sul medesimo social.

Salma Luévano, parlamentare dal 2021, dirige il collettivo Together for the Way of Diversity ed è una mezza icona del mondo Lgbtq messicano, anche per essere stata «una delle prime due donne transgender ad essere eletta al Parlamento». Quindi la punizione deve essere esemplare ai danni della Castell, forse anche perché la condannata milita nel partito cristiano democratico, il Pan, di orientamento conservatore e piuttosto avversato dai progressisti al potere.

Così Teresa Castell, per la sua presunta “violenza di genere” sarà anche «catalogata nel Registro Nazionale delle Persone Sanzionate in Materia Politica contro le Donne per Motivi di Genere». Un catalogo, o lista nera, istituito dalla sinistra e redatto dell'Istituto Nazionale Elettorale, «per proteggere le donne politiche dalla violenza». Solo che qui è una donna-donna ad essere sanzionata, ed una trans-donna la causa della sanzione. La condanna di Teresa Castell sarà poi «registrata nel Catalogo dei soggetti sanzionati sul sito web della Camera del Tribunale elettorale». Insomma una mezza morte civile, sociale e politica per una opinione, per una parola, giusta o sbagliata che sia.

Dopo le scuse, obbligate, su X, la coraggiosa deputata ha scritto che la cosa buona della sua condanna sta nel fatto che «il popolo messicano sta cominciando a rendersi conto di ciò che sta accadendo». Anche perché «non si tratta semplicemente di vestirsi da donna e di voler essere chiamati con un nome femminile». L’ideologia del gender, infatti, con la scusa del sesso evolutivo e a piacimento, finisce proprio per cancellare la donna e i suoi diritti, in nome della transessualità.  «E’ una lotta, ha concluso Teresa Castell, di donne contro uomini che credono, si sentono o si travestono da donne».

Il nodo da sciogliere è questo. Se diamo la libertà a chiunque, come Salma Luévano, di considerarsi altro rispetto alla biologia e all’anatomia, anche cambiando il nome a piacimento, come possiamo poi negare la libertà a Teresa Castell, e a chiunque altro, di chiamare un transessuale seguendo le proprie convinzioni morali? Oppure è la parola uomo a dare fastidio, e nel contesto del trans-femminismo egemone, è diventata quasi un insulto?