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RADICALIZZAZIONE

Democratici Usa, partito di giovani sempre più atei

Questa settimana, dopo una serie di conferme e smentite, Hillary Clinton ha rinunciato ufficialmente alla corsa per le prossime elezioni presidenziali. Ma non è tanto lei a essere “bollita” politicamente, dopo la clamorosa disfatta del 2016, quanto la base dei Democratici a essere cambiata. Si è radicalizzata. Su tutto: aborto, clima, sanità.

Esteri 08_03_2019
Spille elettorali dei Democratici

Questa settimana, dopo una serie di conferme e smentite, Hillary Clinton ha rinunciato ufficialmente alla corsa per le prossime elezioni presidenziali. Ma non è tanto lei ad essere “bollita” politicamente, dopo la clamorosa disfatta del 2016, quanto la base dei Democratici ad essere cambiata. Si è radicalizzata, slittando a sinistra come mai nella storia recente americana.

Si dirà che la polarizzazione è dovuta a Donald Trump, alla sua retorica, alla sua presidenza atipica e partigiana. Ma lo slittamento a sinistra dei Dems americani parte da molto lontano. Finita l’era dei “new liberals” alla Bill Clinton, già sotto la presidenza Bush la retorica incominciava a farsi radicale. I liberals, più di sinistra, predominavano sui moderati, specie sui temi economici, mentre i progressisti facevano il loro ingresso in scena. Obama era il più a sinistra dei candidati e la sua doppia vittoria (2008 e 2012) ha segnato una svolta. I progressisti, da minoranza, sono diventati l’anima del partito. Adesso, con le elezioni di Medio Termine del 2018, con cui i Democratici hanno vinto alla Camera, i loro rappresentanti sono qualcosa di completamente diverso, anche rispetto ai progressisti dell’era Obama. Il partito dell’Asinello è diventato campione delle politiche identitarie: femministe, Lgbt, musulmani, latini, dominano la scena. Tutti, comunque, hanno lo statalismo come orizzonte economico e non intendono rispettare i tradizionali canoni del discorso politico americano.

Un sondaggio Wall Street Journal/Nbc del luglio scorso, prima delle elezioni di Medio Termine, rilevava come il 56% degli americani intervistati ritenesse che il Partito Democratico fosse “al di fuori del pensiero corrente” su tutte le sue questioni principali. (“Al di fuori”, nel senso di più estremista). Nel 2016, questa percentuale era solo del 42%. Fra le questioni che spingono più della metà della gente a ritenere che il Partito Democratico stia diventando estremista ci sono certamente, la posizione sull’aborto senza limiti, sul cambiamento climatico, sull’accoglienza degli immigrati, sulla sanità gratuita per tutti (che per un europeo è normale, ma per un americano no).

Le tesi si tengono fra loro: il cambiamento climatico “rende legittimo chiedersi se sia ancora responsabile fare figli”, come ha dichiarato la deputata Alexandria Ocasio Cortez, dunque si lega anche ai temi dell’aborto e della sanità pubblica (che vuol dire anche aborto garantito e “gratuito”, cioè pagato dal contribuente). Anche la questione degli immigrati viene ideologicamente identificata come una “migrazione” dovuta principalmente al clima: se il Nord ricco e industrializzato è considerato come la causa del problema, ha poi il dovere, nel breve periodo, di accogliere chi fugge dal Sud impoverito e reso inabitabile dal riscaldamento globale. E nel lungo periodo la questione si risolve (ancora) con il controllo delle nascite. Per la nuova generazione dei Democratici, questi temi non sono solo la base di politiche onnicomprensive (come il “Green New Deal”), ma devono essere trattati come “emergenze”, dunque tali da giustificare una politica a colpi di decreti.

Non è detto che a sfruttare questa ondata di radicalizzazione dei Democratici sia Bernie Sanders, candidato nel 2016 contro la Clinton, il primo che si definiva apertamente “socialista”. Sanders ha 77 anni e un sondaggio, commissionato sempre da Wall Street Journal/Nbc e pubblicato questa settimana rivela che solo il 36% degli elettori si sente “a suo agio” con un candidato che ha più di 75 anni. Questa difficoltà dovrebbe riguardare anche l’ex vicepresidente Joe Biden, che di anni ne ha 76. Il candidato prescelto potrebbe essere più giovane, donna o uomo non si sa ancora.

Ma una cosa è chiara: gli elettori gli chiedono di essere molto più socialista, di aumentare il peso dello Stato per determinare un cambiamento più duraturo. Lo stesso sondaggio rileva che il 55% dei potenziali elettori democratici vuole votare un candidato con un “programma più costoso e di larga scala”, anche se dovesse avere più difficoltà a tradurla in leggi. Insomma, chiunque si presenti con l’età e la credibilità giuste per mettere in pratica le direttive del Green New Deal, che è già lì pronto per essere colto.

Uno Stato americano che già sta facendo da laboratorio per le idee dei nuovi Democratici c’è già. Ed è la California. Essendo ormai quasi un monocolore blu (il colore dei Dems), sta praticando le politiche di welfare più costose, ospita la più numerosa popolazione di immigrati clandestini, ha il maggior numero di leggi e regole locali per le imprese, le tasse sul reddito più alte, le scuole pubbliche, dei primi esperimenti di sanità pubblica, la tassazione e la legislazione più punitive per le auto private, i programmi più costosi per ferrovie ad alta velocità (di difficile realizzazione, per altro). Per quanto riguarda le politiche sulla persona, la California è stata una delle prime a legalizzare la droga leggera, ha una delle leggi sull’aborto più permissive d’America (una donna può ottenere aiuti pubblici per abortire anche senza giustificazioni di sorta, alle assicurazioni è richiesta la copertura per l’aborto e basta il consenso di uno dei due genitori se la madre incinta è minorenne) e dal 2008 ha legalizzato il matrimonio gay (e il referendum del 2013 che l’aveva respinto è stato bocciato dalla Corte Suprema). La California è anche uno degli Stati più indebitati d’America. Forse non a caso.

Il fatto che la California sia l’epicentro dei nuovi Democratici, si spiega con la concentrazione di prestigiose università tradizionalmente di sinistra, come Berkeley, di San Francisco. Era stata l’epicentro del ’68 americano, ora è sempre più apertamente marxista. Non è un caso che la sinistra americana si radicalizzi man mano che i giovani entrano nella maggior età. Erano i giovani che votavano Bernie Sanders nel 2016. Sono soprattutto i giovani che, nel 2018, alla domanda se sia meglio il capitalismo o il socialismo, rispondono "il socialismo". C’è un’istruzione superiore che li spinge, evidentemente, a pensare in quei termini. E coincide, non a caso, con una progressiva scristianizzazione. Il 40% degli atei americani ha dai 18 ai 29 anni e il 37% dai 30 ai 49 anni, secondo un’indagine del Pew Reasearch Center sulle religioni. In confronto alle altre religioni, i giovani rappresentano la più ampia popolazione di atei. La non-religione, stando all'età, è quella con la maggior prospettiva di crescita assieme all’islam, al buddismo e all’induismo, tutte e tre sovra-rappresentate fra i giovani rispetto alle altre fasce d’età della popolazione. E’ soprattutto questa la scommessa sul futuro fatta dai Democratici.