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DERIVE

Delirio "Avvenire": sì agli eco-vandali in nome del Pianeta

Vandalismi e violenze vanno bene visto che la situazione del Pianeta è gravissima e troppi ancora non ne sono persuasi. È la raccapricciante tesi sostenuta da Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani, che solidarizza con i gruppi ecologisti più estremi. 

Editoriali 11_11_2022

Apprendiamo da Avvenire che in nome della emergenza climatica e della necessità di sensibilizzare la popolazione, sono giustificati anche violenze e vandalismi, senza chiudere la porta a vere e proprie forme di terrorismo se proprio la gente non vuole capire. Se qualcuno pensa che stiamo esagerando, si rilegga il commento dell’8 novembre firmato da Andrea Lavazza, che già dal titolo è tutto un programma: «La zuppa sul vetro di un dipinto è più grave che alterare il clima?». La domanda è ovviamente retorica: non c’è nulla di peggio che si possa commettere sulla faccia della terra che contribuire ai cambiamenti climatici – secondo Lavazza -, quindi vale tutto. Il machiavellismo diventa la nuova morale cattolica.

Che nel mondo cattolico ci siano deliri di questo genere non è una novità, né è una novità che Avvenire abbia sposato l’ecologismo più becero, ma che il quotidiano dei vescovi italiani sposi così apertamente l’opzione della violenza in nome dell’ambiente dovrebbe allarmare, anzitutto i vescovi. Certo, Lavazza – nel miglior stile clericale - lancia il sasso cercando di nascondere la mano, cioè infarcendo l’articolo di punti interrogativi, frasi tra parentesi e verbi al condizionale, ma l’obiettivo è chiaro. Anche perché, scopriamo, che i punti di riferimento di Avvenire non sono neanche più i classici scienziati catastrofisti che stilano i soliti angosciosi rapporti che ci avvertono che siamo sull’orlo del baratro; no, troppo moderati. Qui siamo molto più avanti. E quindi ecco citato il libro recente che descrive lo scenario futuro: «…fusione totale delle calotte glaciali con una crescita del livello delle acque di 65 metri. Le terre emerse si ridurrebbero di 23 milioni di chilometri quadrati, oltre il 15% del totale. Sparirebbero Olanda e Danimarca, l’Italia perderebbe l’intera Pianura Padana, sarebbe sommerso un terzo di Germania e Gran Bretagna, solo per parlare dell’Europa». Tutti dati scientifici, avverte il redattore, ci mancherebbe.

Come quelli del resto che si rincorrono da almeno 50 anni: «Dobbiamo renderci conto – affermava lo scienziato Paul Ehrlich nel 1969 – che solo un colpo di fortuna potrà evitare che ogni persona sparisca dentro una nuvola di vapore blu entro 20 anni». Indubbiamente siamo stati fortunati, il 1989 è passato e nessuno ha visto questa nuvola di vapore blu. Ah già, Ehrlich è lo stesso che nel 1968 ha previsto che a causa della esplosione demografica centinaia di milioni di persone nel mondo sarebbero morte di fame nel giro di pochi anni. Ed è anche lo stesso, purtroppo, che appena 5 anni fa è stato invitato in Vaticano a pontificare sull’ecologia.

Dati scientifici anche quelli che nel 1970 prevedevano una nuova era glaciale entro il XXI secolo. E quelli che nel 1988 davano per certa la sparizione sott’acqua delle Maldive entro trenta anni; e quelli che nel 2008 facevano dire allo scienziato della Nasa James Hansen che nel giro di 5-10 anni l’Artico non avrebbe più avuto ghiaccio marino in estate, mentre nello stesso tempo l’ex vice-presidente americano Al Gore profetizzava la sparizione definitiva della calotta glaciale artica entro 5 anni. E come dimenticare il famoso rapporto “segreto” del Pentagono che nel 2004 avvertiva il presidente George Bush che per il 2020 le maggiori città europee sarebbero state sommerse a causa dell’innalzamento del livello dei mari? Potremmo continuare per un bel pezzo, ma questo già basta per capire su quale solidità scientifica si basino certe convinzioni. Non per niente ci sono migliaia di scienziati del clima in tutto il mondo che continuano a firmano appelli per dire che l’emergenza climatica è falso problema e che la scienza è un’altra cosa dall’attivismo politico. Ma evidentemente l’editorialista “esperto” di Avvenire ne sa più di loro e non ha bisogno di verificare la fondatezza delle sue fonti.

Ma a parte il megafono offerto ai professionisti della catastrofe climatica, le questioni più inquietanti riguardano la giustificazione del vandalismo e della violenza, come ad esempio l’ultima moda di lanciare zuppe vegetali o vernici contro i vetri che proteggono dipinti famosi nei maggiori musei europei, oppure bloccare strade e aeroporti per indurre a non consumare combustibili fossili.

Dicevamo dei punti di riferimento culturali usati per giustificare questi «gesti dimostrativi» e «azioni eclatanti» al fine di convincere ad agire per fermare i cambiamenti climatici. Extinction Rebellion, ad esempio, un movimento in rapida espansione che si proclama nonviolento e per la disobbedienza civile, ma che perde facilmente la pazienza e, ad esempio, spacca le vetrate delle banche, come accaduto in Inghilterra l’anno scorso (vedi foto). Non un caso isolato visto che il governo inglese nei mesi scorsi stava valutando di considerarlo un’«organizzazione criminale». Oppure lo “studioso” svedese Andreas Malm, autore del pamphlet Come far saltare un oleodotto. Imparare a combattere in un mondo che brucia.  Per inciso Malm è di provata fede marxista-trozkista ed è nel comitato editoriale della rivista accademica Historical Materialism.

In fondo, ci dice Lavazza, «iniziative in seguito celebrate come passi verso importanti conquiste, come i Tea Party per l’indipendenza americana, la marcia del sale di Gandhi per l’indipendenza indiana e le incursioni delle suffragette per il diritto di voto alle donne, hanno comportato in quel momento illegalità e danni materiali a beni altrui». E quindi facciamo pure saltare gli oleodotti, almeno finché non troviamo la medicina giusta, magari un vaccino.

Per Lavazza infatti «l’indifferenza alla questione del cambiamento climatico» è una sorta di malattia psichica, un comportamento «pericoloso per la società»: «Non esiste un farmaco che possa rendere le persone più disponibili a inquinare di meno sopportando qualche sacrificio personale. Se esistesse, però, lo si dovrebbe imporre a tutti i cittadini? O c’è un diritto a essere liberi di rimanere egoisti e indifferenti al bene comune? Dilemmi enormi. Ma l’eccezionalità della situazione del Pianeta e la lentezza delle risposte potrebbero giustificare interventi non ordinari». Semplicemente raccapricciante.

Si tratta di pensieri inquietanti e allarmanti (questi sì, altro che i cambiamenti climatici) se affermati da chiunque, ma letti come commento autorevole sul quotidiano dei vescovi fanno rabbrividire. E sorge spontanea anche una domanda: tenendo conto che ogni anno nel mondo vengono uccise in media 50 milioni di persone attraverso aborto volontario (molte più vittime di qualsiasi guerra e catastrofe climatica); e tenendo conto che la situazione va solo peggiorando e si reclama addirittura l'aborto come diritto; Avvenire sarebbe disposto a sostenere con la stessa logica che sia lecito far saltare in aria le cliniche dove si praticano aborti? O che bisognerebbe inventare un vaccino per trasformare i medici sicari (cit. papa Francesco) in militanti pro-life?