De Boer-Buquicchio, un’esperta controversa in Vaticano
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Presentato dalla Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori il primo rapporto annuale, coordinato da Maud de Boer-Buquicchio. Già relatrice in tema di minori, ha avallato in sede Onu maternità surrogata, diritti Lgbt e aborto. Perché il Vaticano l’ha nominata?
La Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori ha pubblicato, lo scorso 29 ottobre, il suo primo rapporto annuale Sulle politiche e le procedure della Chiesa per la tutela. Il gruppo di lavoro che ha redatto il documento è stato presieduto da una giurista olandese, Maud de Boer-Buquicchio, la cui nomina a membro della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori risale al settembre del 2022. Non è nostra intenzione soffermarci in questo articolo sui contenuti e le proposte di questo «rapporto pilota» (com’è stato presentato dai suoi stessi promotori), che affronta un tema delicatissimo, un peccato grave, come quello degli abusi sessuali sui minori, la cui soluzione – al di là di procedure e best practices – non può prescindere dal rimettere al centro Gesù Cristo nella vita della Chiesa e del mondo intero.
Quel che ci interessa qui sottolineare è l’inopportunità di una nomina, come quella della stessa de Boer-Buquicchio, le cui posizioni assunte pubblicamente negli anni precedenti – anche in tema di minori – stridono parecchio con la legge morale naturale e quindi avrebbero dovuto sconsigliare di chiamarla in un organismo della Curia Romana, tanto più in un ambito così cruciale.
La giurista olandese vanta un lungo curriculum in istituzioni sovranazionali, dal Consiglio d’Europa (di cui è stata anche vicesegretario generale, dal 2002 al 2012, prima donna a ricoprire questo ruolo), all’Onu. Proprio alle Nazioni Unite è stata, dal 2014 al 2020, relatore speciale sulla vendita dei bambini, la prostituzione minorile e la pedopornografia. E il suo nome, in tema di diritti dei minori, si lega anche ad altre organizzazioni. Infatti, de Boer-Buquicchio è membro emerito del consiglio di amministrazione dell’International centre for missing & exploited children (Centro internazionale per bambini scomparsi e sfruttati) e, dal febbraio del 2022, è presidente di Ecpat International, una rete globale di organizzazioni con l’obiettivo dichiarato di porre fine allo sfruttamento sessuale dei bambini.
Ora, se è chiaro che de Boer-Buquicchio si è specializzata in diritti dei bambini e in generale dei minori, è altrettanto chiaro che diverse sue posizioni in materia sono antitetiche all’insegnamento di sempre della Chiesa. Basti ricordare i rapporti presentati in sede Onu sulla vendita e lo sfruttamento sessuale dei bambini, in cui si è affrontato anche il tema dell’utero in affitto: ci riferiamo in particolare ai rapporti del 2018 (vedi qui) e 2019 (vedi qui), sui quali avevamo già scritto a suo tempo.
In sintesi, a proposito della maternità surrogata, la giurista olandese invitava a superare la logica della «proibizione» per tutelare il «miglior interesse» del bambino. Come espediente per rendere digeribile la pratica, de Boer-Buquicchio scriveva: «La surrogazione commerciale potrebbe essere condotta in un modo che non costituisce vendita di bambini se fosse chiaro che la madre surrogata viene solo pagata per i servizi gestazionali e non per il trasferimento del bambino». L’allora relatrice dell’Onu raccomandava ai Paesi membri di ratificare i contratti di maternità surrogata stipulati all’estero e affermava che «ogni restrizione basata sull’orientamento sessuale o identità di genere dei genitori intenzionali costituisce una violazione dei loro diritti». Un altro vulnus ai diritti dei bambini, in particolare dei nascituri, lo si poteva ritrovare in questo passaggio: «Nulla in queste raccomandazioni dovrebbe implicare che le donne, incluse le donne che agiscono come surrogate, non possano prendere decisioni indipendenti sull’autonomia dei loro corpi durante la gravidanza».
In parole povere, sia in quei report che in altre circostanze, de Boer-Buquicchio si è sbilanciata a favore dei cosiddetti “nuovi diritti”, dall’aborto legale ai temi Lgbt, fino all’utero in affitto. Tutti temi dove evidentemente il diritto naturale e specialmente quello dei bambini – ad essere concepiti naturalmente, a nascere, a essere cresciuti dal proprio padre e dalla propria madre, ecc. – soccombe di fronte ai desideri e agli interessi degli adulti. E tra le tante ricadute negative che la diffusione della maternità surrogata reca con sé, al di là delle intenzioni di chi in qualche modo l’appoggia, non si può non tenere conto del pericolo che anche dei pedofili sfruttino questa pratica. Si può avallare idealmente (errando) la maternità surrogata e al contempo condannare (giustamente) la pedofilia, ma ciò non toglie che – sdoganata la prima – anche la seconda finisca per trovare nuove occasioni.
È evidente che su temi che riguardano la morale la Chiesa non può cooptare persone che contraddicono il suo stesso insegnamento, facendole sue consigliere. Ciò è contrario alla virtù della prudenza che, come insegna il Catechismo, è quella virtù grazie alla quale «applichiamo i principi morali ai casi particolari senza sbagliare e superiamo i dubbi sul bene da compiere e sul male da evitare» (CCC, 1806). Ora, se certi principi morali generali non vengono riconosciuti, è chiaro che c’è già un problema alla base.
La nomina di de Boer-Buquicchio si colloca in un solco di altre nomine discutibili sotto il pontificato di Francesco. Discutibili perché i criteri di scelta dominanti sono apparsi essere quelli in stile Agenda 2030, anziché quelli della Dottrina sociale della Chiesa: vedi ad esempio la nomina dell’economista Mariana Mazzucato alla Pontificia Accademia per la Vita e quella di Jeffrey Sachs alla Pontificia Accademia delle Scienze sociali. Entrambi noti abortisti.
Gli esempi potrebbero continuare, ma tanto basta per capire che i criteri per certe nomine vanno rivisti, coerentemente alla missione della Chiesa. Che è quella di essere luce del mondo, non di assumerne le categorie di pensiero.
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