Dati Istat: l’immigrazione incontrollata accresce le povertà
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Le cifre smentiscono la narrazione per cui gli immigrati sarebbero una risorsa indispensabile per il sistema previdenziale. In realtà, una parte rilevante della popolazione straniera vive in stato di indigenza, rischiando di innescare una bomba sociale ed economica.

I dati diffusi dall’Istat nei giorni scorsi e relativi al 2024 raccontano con chiarezza una realtà che molti ancora si ostinano a non voler vedere: la povertà in Italia è un fenomeno ormai strutturale e, all’interno di questo scenario già critico, le famiglie con cittadini stranieri risultano le più colpite. A fronte di oltre 2,2 milioni di famiglie in povertà assoluta – pari all’8,4% del totale – emerge un dato allarmante: l’incidenza della povertà tra le famiglie con almeno uno straniero sale al 30,4% e addirittura al 35,2% per quelle composte esclusivamente da stranieri, mentre si ferma al 6,2% per le famiglie di soli italiani.
Queste cifre parlano da sole e smentiscono apertamente una delle narrazioni più diffuse negli ultimi anni, secondo cui gli immigrati sarebbero una risorsa indispensabile per sostenere il sistema previdenziale italiano, pronti a svolgere lavori che gli italiani non vogliono più fare, contribuendo con i loro versamenti a salvare le casse dell’INPS. La realtà è purtroppo ben diversa: una parte rilevante della popolazione straniera vive in uno stato di indigenza, con un’incidenza della povertà che supera di oltre cinque volte quella delle famiglie italiane. Non solo, molti di questi lavoratori, spesso impiegati in modo discontinuo, in nero o sottopagati, versano pochi contributi e rischiano, un domani, di gravare ulteriormente sul sistema pensionistico senza avervi realmente contribuito in misura sufficiente.
È un circolo vizioso che, se non affrontato con serietà, rischia di trasformarsi in una bomba sociale ed economica per l’Italia. La situazione è resa ancora più grave dal fatto che la povertà colpisce in modo crescente le famiglie con minori: oltre 1,28 milioni di bambini vivono in povertà assoluta, pari al 13,8% dei minori residenti. Un dato che sale al 16,4% nel Mezzogiorno e al 14,9% nella fascia d’età 7-13 anni, e che rappresenta il valore più elevato registrato dal 2014. Le famiglie povere con minori sono quasi 734mila, e l’incidenza è particolarmente alta – 23,9% – nelle situazioni più complesse, come quelle in cui convivono più nuclei familiari o ci sono membri aggregati. Anche il numero di figli incide fortemente: si passa dal 7,3% di povertà per le coppie con un figlio al 20,7% per quelle con tre o più figli minori. Le famiglie monogenitoriali con minori, spesso guidate da donne sole, non se la passano meglio, con un’incidenza del 14,4%.
Se si guarda alla cittadinanza, il quadro si fa ancora più drammatico: la povertà assoluta riguarda l’8,0% delle famiglie con minori composte da soli italiani, ma sale al 40,5% per quelle composte unicamente da stranieri. Anche la presenza mista (italiani e stranieri) non migliora di molto la situazione, con un tasso pari al 33,6%. Dunque, la correlazione tra povertà e cittadinanza è evidente e profondamente preoccupante.
Chi oggi sostiene che l’immigrazione sia la chiave per risolvere il problema dell’invecchiamento della popolazione o della sostenibilità dell’INPS dovrebbe fare i conti con questi dati: una larga parte degli stranieri in Italia vive in condizioni di precarietà, spesso senza un lavoro stabile, senza tutele e senza una prospettiva concreta di integrazione. In molti casi, sono loro stessi vittime di un sistema che li sfrutta e li abbandona, ma ciò non toglie che l’impatto complessivo sulla società e sui conti pubblici rischia di essere insostenibile.
A peggiorare il quadro contribuisce anche il contesto geografico: il Mezzogiorno continua a registrare i valori più alti di povertà assoluta, con oltre 886mila famiglie coinvolte (10,5%), seguito dal Nord-ovest (8,1%) e dal Nord-est (7,6%). Il dato nazionale sulla povertà individuale resta elevato, con 5,7 milioni di persone coinvolte, pari al 9,8% della popolazione. Secondo l’Unione Nazionale Consumatori, si tratta di un vero e proprio record storico, con numeri da Terzo Mondo che non possono essere ignorati. Rispetto al 2019, la situazione è nettamente peggiorata: si contano oltre 1,1 milioni di poveri in più, segno che la crisi post-Covid e l’inflazione hanno inciso pesantemente sulle fasce più deboli. Il Codacons avverte che la situazione potrebbe ulteriormente deteriorarsi nei prossimi mesi: la crescita dei prezzi, soprattutto nel comparto alimentare, sta già costringendo molte famiglie a tagliare le spese per beni essenziali come il cibo.
È facile prevedere che, se non si interverrà in modo deciso, nuovi nuclei familiari finiranno sotto la soglia della povertà. In questo contesto, pensare che si possa affrontare il futuro affidandosi all’apporto contributivo degli stranieri appare quantomeno ingenuo, se non pericoloso. La realtà è che molti di loro vivono in condizioni economiche difficili, lavorano poco o in modo irregolare e non accumulano sufficienti contributi previdenziali. Quando invecchieranno, sarà lo Stato italiano – e quindi i contribuenti – a doversi fare carico delle loro pensioni e del loro sostentamento, aggravando ulteriormente una spesa pubblica già sotto pressione.
È doveroso distinguere tra gli immigrati che si integrano, lavorano regolarmente e contribuiscono attivamente al Paese – e questi vanno certamente sostenuti e valorizzati – e chi invece, per motivi vari, finisce per rappresentare un ulteriore fattore di fragilità sociale. Continuare a promuovere un’immigrazione incontrollata senza una reale strategia di inclusione, formazione e inserimento nel mercato del lavoro non fa che moltiplicare i problemi. Le politiche migratorie, così come quelle sociali ed economiche, devono partire dai dati reali e non da slogan ideologici.
L’Istat ha parlato chiaro: la povertà è sempre più un problema legato a cittadinanza, numero di figli, collocazione geografica e condizione lavorativa. Il Paese non può permettersi di ignorare questi segnali. Serve un piano concreto per contrastare la povertà, aiutare le famiglie in difficoltà – italiane e straniere – e garantire che chi vive in Italia, a qualunque titolo, sia messo nelle condizioni di lavorare, contribuire e costruirsi una vita dignitosa. Altrimenti, continueremo a raccontarci favole mentre i numeri ci riportano bruscamente alla realtà.
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