Danze e preghiere ecologiste, a Bologna è già “rito amazzonico”
Il 23 ottobre si è svolta a Botteghino di Zocca una giornata sul tema “Ascolta la voce del creato”, incontro ecumenico organizzato dal Consiglio delle Chiese Cristiane di Bologna, Diocesi a guida Zuppi inclusa. Momento centrale la veglia, fatta di “preghiere” che sembrano comizi per la transizione ecologica e dove l’ascolto di Dio cede il passo alle rivendicazioni moderne.
Il Consiglio delle Chiese Cristiane di Bologna, di cui la totalità dei lettori ignorerà salubremente l’esistenza, ha pensato bene di organizzare, per il 4 ottobre scorso, una giornata dedicata al Tempo del Creato. Va da sé che ci faccia parte anche la Chiesa cattolica, o meglio la Diocesi di Bologna. Che cosa sia questo nuovo “tempo liturgico”, lo si può vedere qui: un arco di tempo che va dal 1° settembre, giornata mondiale di preghiera per la cura del creato (tutte le iniziali andrebbero in maiuscolo, ma, capite bene, che c’è un limite a tutto), al 4 ottobre, festa liturgica del povero San Francesco, proclamato, suo malgrado, patrono dell’ecologia.
Probabilmente, il Consiglio delle Chiese Cristiane di Bologna dev’essersi accorto tardi di questa iniziativa in cui «la famiglia ecumenica di tutto il mondo si unisce per pregare e proteggere la nostra casa comune». Ed è così corso ai ripari, organizzando, per la scorsa domenica, 23 ottobre, una giornata sul tema “Ascolta la voce del creato” a Botteghino di Zocca, frazione di Pianoro (BO). Il programma non era poi così male, se fosse stato organizzato da un ente ricreativo: passeggiata per scoprire i meravigliosi calanchi di Casola Canina, laboratorio api e laboratorio argilla. Passi anche il laboratorio di danza per «risvegliare il corpo, i sensi e ad entrare in dialogo con il gruppo e l’ambiente circostante». De gustibus.
A risultare particolarmente indigesta è invece la veglia di “preghiera”. Tra poco il lettore capirà il perché delle virgolette. La traccia di “preghiera” - e rimane da capire perché non si possa pregare e basta, ma ci si debba sempre assoggettare a logorroici testi, che si ha l’ironia di chiamare “tracce” - è tutta incentrata sul roveto ardente. Che, manco a dirlo, viene snaturato dal senso che ha nel libro dell’Esodo. Lì è la voce di Dio che parla attraverso una realtà creata; nel libretto il roveto diventa al contrario «simbolo dello Spirito di Dio» che «ci chiama ad ascoltare la voce della creazione». Questione di sensi di marcia. Ma il punto sta proprio qui. Pare che la priorità delle chiese e comunità cristiane rappresentate da questo Consiglio, inclusa quella cattolica, non sia più quella di ascoltare la voce di Dio, ma la voce del “Creato”, al cui ascolto anche il Signore contribuisce.
E non solo il Creato. La veglia, come anche l’intero “Tempo del Creato”, si propone di «dare ascolto alle voci di coloro che sono messi a tacere e unirci con loro in preghiera». E chi è stato messo a tacere? I bambini uccisi nel grembo delle loro madri? La schiera di coloro che stanno male a causa delle inoculazioni dei sieri magici? I cristiani perseguitati? Il cardinale Zen? Chi dunque è stato messo a tacere? Nientemeno che i popoli indigeni, la biodiversità, le donne.
Seguendo questa linea, la veglia di “preghiera” mette in campo una specie di scenetta, chiamata “litania di lamento e pentimento”, nella quale le tre voci non ascoltate parlano rispettivamente per mezzo di un valdese metodista, un cattolico e un ortodosso, che accendono ciascuno una candela. Un perfetto trio, come tra le più classiche delle barzellette. Il primo, in perfetta continuità con il Sinodo sull’Amazzonia, inaugura il concerto: «Siamo grati alle Nazioni indigene per la loro continua cura e presenza sulla Terra. Tutti noi apprezziamo la resilienza e la forza dimostrate attraverso le generazioni e oggi. Ci rivolgiamo allo Spirito che cancella i confini e celebra la comunità che dà la vita». Essendo in una zona particolarmente devota al precedente Governo, la resilienza non poteva mancare. Poi è il turno del cattolico, che si batte il petto per la distruzione delle foreste «con i veleni e il disboscamento», per gli oceani che «si stanno riscaldando e mentre affogano nella plastica», le voci dei pesci, delle conchiglie, delle barriere coralline, delle balene, delle onde e dei coralli si spengono. Chiude il siparietto l’ortodosso, che chiede perdono «per l’indifferenza di fronte alla violenza umana che ridisegna le donne come ombre silenziose nelle nostre chiese». Non so quale sia la situazione nelle chiese ortodosse, ma in quelle cattoliche ormai sono rimaste quasi solo le donne, e nemmeno tanto silenziose.
La veglia di preghiera continua con lunghissimi testi, che dovrebbero essere delle preghiere, ma che sono più che altro comizi per la transizione ecologica; fino all’immancabile, come allo stadio, «momento di silenzio, mentre altre tre persone, diverse dalle precedenti, si avvicinano per spegnere le candele in ricordo delle comunità che vengono spazzate via dal degrado ambientale e delle creature che si stanno estinguendo. Per le voci delle donne, dei popoli indigeni e del creato che sono state messe a tacere». Dopo un canto del coro africano valdese metodista, la lettura del brano del libro dell’Esodo che narra della teofania a Mosè e una meditazione a sorpresa a due voci tra la pastora Giuseppina Bagnato e don Andres Bergamin, vicario parrocchiale di San Lazzaro di Savena, gran finale: danza liturgica sulle note di E ti vengo a cercare di Franco Battiato.
Se fossimo all’interno di un cattolicesimo mediamente normale, bisognerebbe concludere l’articolo precisando che si trattava di uno scherzo, o di un quadro utopico di una religione che non verrà mai. E invece è la realtà, manifestazione inequivocabile della perdita non solo del senso cattolico, ma anche del più elementare buon senso religioso.