Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL DUELLO/23

Dante e una delle più belle invocazioni a Maria

L’ultimo canto del Paradiso si apre con la preghiera di san Bernardo alla Vergine Maria (Vergine Madre, figlia del tuo figlio) perché interceda presso Dio cosicché Dante possa vederlo. Inserita tra le preghiere liturgiche, è una delle invocazioni più belle che siano mai state rivolte alla Madonna, mediatrice di tutte le grazie.

Cultura 20_06_2021

Fondamentale nella vita del credente, la preghiera è un’invocazione rivolta a Dio o ai santi perché possano intercedere presso Dio. Totalmente assenti nel primo regno, le preghiere diventano uno dei leitmotiv nel Purgatorio ove le preghiere sono lode al Creatore e, al contempo, richiesta di suffragio al fine di ridurre le sofferenze delle anime che stanno espiando. Anche nel Paradiso le preghiere allietano il viaggio di Dante che sente cantare (tra le altre) l’Ave Maria, il Regina coeli, il Gloria, il Santo.

L’ultimo canto del Paradiso si apre con la preghiera di san Bernardo alla Vergine Maria (Vergine Madre, figlia del tuo figlio) perché interceda presso Dio cosicché Dante possa vederlo. Inserita tra le preghiere liturgiche, è una delle invocazioni più belle che siano mai state rivolte alla Madonna.

Perché proprio san Bernardo è l’ultima guida, che subentra addirittura a Beatrice per condurre Dante fino alla visione di Dio? Esistono ragioni chiare ed evidenti per cui proprio lui intesse l’elogio alla Madonna affinché Lei sia mediatrice tra Dante e Dio. San Bernardo può, infatti, vantare meriti tutti particolari dinanzi a Maria. Devoto alla Vergine, è autore di una delle più belle preghiere mariane, il Memorare, che, in traduzione italiana, recita così:

Ricordati, o piissima Vergine Maria, 

che non si è mai inteso al mondo 

che qualcuno sia ricorso alla tua protezione,

abbia implorato il tuo aiuto, 

chiesto il tuo patrocinio

e sia stato da te abbandonato. 

Animato da tale confidenza, 

a te ricorro, o Madre, 

Vergine delle vergini, 

a te vengo, e, peccatore come sono,

mi prostro ai tuoi piedi a domandare pietà. 

Non volere, o Madre del divin Verbo, 

disprezzare le mie preghiere,

ma benigna ascoltale ed esaudiscile. Amen.

Questa preghiera ci insegna a chiedere aiuto, a implorare il soccorso, a mendicare con povertà d’animo. A san Bernardo è, inoltre, attribuito il detto: «Ad Jesum per Mariam». Si arriva al figlio Gesù attraverso la madre Maria. Quindi, come in vita san Bernardo ha declamato la bellezza e la grandezza di Maria, così ora, in Paradiso, prega la Vergine come avvocata nostra, perché Dante possa finalmente vedere Dio, dopo la fatica di quel lungo viaggio che dalla selva oscura di Gerusalemme l’ha portato fino all’Empireo.

L’Inno alla Vergine, lungo trentanove versi, si struttura in due parti, la prima delle quali (vv. 1-21) è l’elogio di Maria, la seconda è una richiesta alla Vergine perché Dante possa conservare sani i suoi sensi, dopo aver visto Dio. San Bernardo esordisce così:

Vergine Madre, figlia del tuo figlio,

umile e alta più che creatura,

termine fisso d’etterno consiglio,

tu se’ colei che l’umana natura

nobilitasti sì, che ’l suo fattore

non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si raccese l’amore,

per lo cui caldo ne l’etterna pace

così è germinato questo fiore.

Qui se’ a noi meridïana face

di caritate, e giuso, intra ’ mortali,

se’ di speranza fontana vivace.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,

che qual vuol grazia e a te non ricorre

sua disianza vuol volar sanz’ali.

La tua benignità non pur soccorre

a chi domanda, ma molte fïate

liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,

in te magnificenza, in te s’aduna

quantunque in creatura è di bontate.

(Paradiso, canto XXXIII, vv. 1-21)

Rifacendosi alla tradizione mariana e alla liturgia, san Bernardo si rivolge alla Madonna con tre antitesi: vergine e, al contempo, mamma, figlia del suo stesso figlio, umile e alta più di tutte le altre creature. Tre misteri umanamente incomprensibili sono qui sintetizzati: la verginità feconda, il miracolo di una creatura che diviene madre del suo stesso Creatore, la grandezza della Madonna che risiede nella sua povertà di spirito, nell’umiltà e nel semplice «sì» pronunciato dinanzi alla chiamata del Signore. Il canto di ringraziamento, noto come Magnificat, pronunciato da Maria come risposta al saluto della cugina Elisabetta, è una bellissima testimonianza dell’umiltà della Vergine.

La Madonna ha reso così nobile e grande la natura umana che Dio non ha disdegnato di diventare uomo. Nel grembo della Vergine si è riacceso l’amore tra Dio e l’uomo, perché la maternità della Vergine ha permesso l’Incarnazione del Verbo e la Redenzione dell’umanità. Dio ha mostrato all’uomo la strada per tornare a Lui e salire in Paradiso mandando Suo Figlio Gesù, che è la via, la verità e la vita. Con la morte e la resurrezione di Cristo è germinata in Cielo la Candida Rosa, luogo dei santi. La santità, amore a Cristo che porta a seguirLo e ad imitarLo, è possibile da quando Dio si è incarnato. Il primo canonizzato della storia, secondo la tradizione, è quel Disma, il buon ladrone, che ha riconosciuto la grandezza di Gesù in punto di morte supplicandolo: «Gesù, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno». Il Signore gli ha risposto: «Oggi tu sarai con me in Paradiso».

La Madonna ha collaborato alla Redenzione del mondo, perciò è Corredentrice. Proprio in grazia e in previsione degli infiniti meriti di Gesù Cristo, Dio ha preservato Maria dal peccato originale, Lei è la «sine labe concepta» (la «concepita senza peccato»), l’Immacolata Concezione, ricettacolo di misericordia, di pietà e di ogni tipo di carità. La Madonna è una fiaccola d’amore in Paradiso e fontana zampillante di speranza per gli uomini. Chi desidera ottenere una grazia deve ricorrere alla preghiera della Vergine, altrimenti si comporterebbe come una persona che volesse volare senza avere le ali.

La Madonna va in soccorso non soltanto a chi la supplica, ma anche a chi è totalmente dimentico di Lei. Dante stesso ha sperimentato questa benevolenza, perché all’inizio del viaggio all’Inferno non ha chiesto da subito aiuto e quando ha gridato «Miserere di me» si è rivolto ad una persona (ombra o uomo certo) che aveva lì dinanzi, non ha pregato direttamente Maria, di cui evidentemente si era totalmente scordato. Eppure, Lei aveva già mobilitato santa Lucia che aveva chiesto aiuto a Beatrice. Per questo Virgilio si trovava lì nella selva oscura in soccorso a Dante. La Madonna, che comprende in sé tutte le maggiori virtù, è qui presentata in tutta la sua umanità di madre, mamma di Gesù, ma anche nostra.

Nella seconda parte della preghiera (vv. 22-29), san Bernardo ricorda alla Madonna la complessità del viaggio di Dante e le chiede di permettere che il poeta possa vedere Dio senza che i suoi sensi possano essere danneggiati:

Or questi, che da l’infima lacuna

de l’universo infin qui ha vedute

le vite spiritali ad una ad una,

supplica a te, per grazia, di virtute

tanto, che possa con li occhi levarsi

più alto verso l’ultima salute.

E io, che mai per mio veder non arsi

più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi

ti porgo, e priego che non sieno scarsi,

perché tu ogne nube li disleghi

di sua mortalità co’ prieghi tuoi,

sì che ‘l sommo piacer li si dispieghi.

Ancor ti priego, regina, che puoi

ciò che tu vuoli, che conservi sani,

dopo tanto veder, li affetti suoi.

Vinca tua guardia i movimenti umani:

vedi Beatrice con quanti beati

per li miei prieghi ti chiudono le mani!

(Paradiso, canto XXXIII, vv. 22-29)

Con un ardore di carità così intenso che mai ha provato per se stesso, san Bernardo prega, quindi, la Madonna perché Dante possa elevarsi fino alla visione di Dio in modo tale che gli possa essere rivelato il Bene che soddisfa ogni umano desiderio di felicità. Il poeta deve, però, conservare intatti tutti i suoi sensi e la memoria in modo tale che quando tornerà sulla Terra possa raccontare e manifestare tutto quanto ha veduto, quel Dio che è definito da san Bernardo come «l’ultima salute» (cioè l’estrema nostra possibilità di salvezza) e «sommo piacer» (ovvero felicità piena per l’essere umano).