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Ecclesia

Dalle buone intenzioni alla lobby. Fenomeologia della "Chiesa gay"

Le ideologie politiche non sono altro che eresie secolarizzate. Lo dimostra il fenomeno dell'omoeresia in casa cattolica.

Gender Watch 04_08_2018

 

Il grande pensatore spagnolo Juan Donoso Cortés diceva che le ideologie politiche non sono altro che eresie secolarizzate. E anche il filosofo Augusto Del Noce parlò di nazismo e comunismo come di «gnosticismo di massa». Ora, le ideologie-eresie non potrebbero affermarsi su popoli di tradizione cristiana se, come tutte le eresie, non contenessero brandelli di verità cristiana. Lo straordinario successo, per esempio, del comunismo non ci sarebbe stato senza la particolare insistenza sull’eguaglianza e la giustizia sociale.

Proprio per questo, ogni volta che una nuova ideologia si è affacciata all’orizzonte, ecco gruppetti di cristiani salutarla con giubilo e candidarsi al ruolo di mosca cocchiera. Già al tempo del giacobinismo, padre di tutte le ideologie che seguirono, c’erano preti e anche vescovi entusiasti reggicoda dei sanculotti. Poi, quando la rivoluzione si spostò in Italia, ecco i cattolici liberali e i frati seguaci di Garibaldi. In tempi più recenti, i «cristiani per il socialismo», che provocavano l’irrisione amara di Padre Pio. Negli Usa, oggi, abbiamo i christians pro-choice, filoabortisti, e, dappertutto, i cristiani Lgbt, che da noi sono «cattolici».

Con tanto di preti schierati dalla loro parte e vescovi che dicono chiaro che la Chiesa dovrebbe mutare la sua dottrina tradizionale al riguardo. Ora, in base alle ultime risultanze (di cui La Nuova Bussola Quotidiana non ha mancato di riferire), scandali pedofili, pederasti e omosessuali stanno scuotendo anche i vertici di Chiesa. Nel 2012 il professore polacco Dariusz Oko dell’università di Cracovia non esitò a puntare il dito contro quella che lui definiva una vera e propria «lobby gay» nella Chiesa, Cioè, scrive il nostro Lorenzo Bertocchi, «una rete di prelati, anche ad altissimi  livelli e anche a Roma, che si coprivano l’un l’altro».

Riguardo il recentissimo scandalo concernente il cardinale americano McCarrick, Oko ha dichiarato a Lifesitenews che si tratta solo della «punta dell’iceberg» e che «secondo stime attendibili si può valutare che circa il 30-40% dei sacerdoti e il 40-50% dei vescovi negli Stati Uniti abbiano inclinazioni omosessuali». Numeri impressionanti. Che sarebbero impressionanti anche se il fenomeno riguardasse solo il 20, o anche il 10%. Naturalmente, non si può pensare che il caso sia solo americano, perciò è lecito porsi la domanda: come mai questo fenomeno è così rilevante tra il clero cattolico?

Sappiamo che non è l’unico, certo, ma è quello che dovrebbe avere maggiori anticorpi. Dunque, vediamo di avanzare una (parziale) spiegazione. Si sarà notato, nei variopinti cortei dei Gay Pride, come non manchino mai travestimenti che irridono ai simboli cattolici, con mitrie, aureole e veli da suora. Ciò farebbe pensare a un’ideologia atea, ma è qualcosa di più. E’ amore-odio. Molti omosessuali sono, infatti, religiosissimi, anche se su un piano meramente emotivo. La presenza di qualche personalità effeminata nel clero e tra i seminaristi è, per lo scrivente, un ricordo dell’oratorio degli anni Cinquanta.

E, tra i preti che insegnavano religione alle medie, ce n’era sempre almeno uno che interrogava alla cattedra accarezzando un po’ troppo. Sembrava un gesto d’affetto e benevolenza, paterno. Ma era un fatto, ricordo bene, che gli altri insegnanti non lo facevano. Poi, al liceo, mi resi conto che la cosa funzionava così: un parroco riceveva la confessione di un suo fedele omosessuale e, a quel punto, gli consigliava il seminario. In base a questo ragionamento: le donne non ti piacciono, quindi il matrimonio è escluso; sei molto religioso, perciò fatti prete, almeno il voto di castità ti terrà lontano dalle tentazioni.

Buone intenzioni, dunque, che a volte sortivano, però, l’effetto opposto, perché era come introdurre una volpe nel pollaio sperando che si adattasse al becchime. Ogni flop, poi, veniva affrontato in camera caritatis con preti appositi che si occupavano dei casi «difficili». Ma venne l’edonismo di massa e i media a caccia di scandali, e non si poté più nascondere niente sotto il tappeto. Da qui la novità: sdoganiamo il tutto, visto che è così diffuso. Lo stesso ragionamento degli antiproibizionisti: i drogati sono troppi, legalizziamo la droga. Cominciando da quella «leggera». 

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