Da Londra alla Germania, preghiere pro-vita vietate
Partita dagli Stati Uniti nel 2007, l’iniziativa dei 40 Giorni per la Vita si svolge ormai in 63 Paesi nel mondo, ma in non pochi luoghi le preghiere per salvare i bambini, e le loro mamme, dall’aborto vengono proibite o soggette a pesanti restrizioni. Come in Germania, a Pforzheim, o nel quartiere londinese di Ealing. E in Australia anche chi legge la Bibbia in pubblico rischia.
La forza della preghiera salva la vita: questa è la semplice e cosciente convinzione che mosse 17 anni fa alcuni fedeli cattolici a promuovere l’iniziativa mondiale “40 Giorni per la Vita” per fermare l’olocausto dell’aborto. Quest’anno l’iniziativa partirà il 17 febbraio e terminerà il 28 marzo. Sino alla giornata di sabato 13 febbraio erano stati salvati circa 18.100 bambini dall’aborto, 107 cliniche erano state chiuse, 211 medici e infermieri avevano abbandonato le pratiche abortive.
Ma pregare in pubblico è ancora possibile? In Germania, come già in altri paesi occidentali, c’è chi vorrebbe vietare la manifestazione pubblica della fede, privatizzarla e sancire la violazione del diritto umano inalienabile della libertà religiosa.
L’iniziativa “40 Days for Life” nacque nella Diocesi di Sioux City nel 2007 in reazione alla presenza di una struttura per l’aborto di Planned Parenthood che aveva aperto a Bryan, Texas, nel 1998. Allora quattro membri della Brazos Valley Coalition for Life, tra cui David Bereit e Shawn Carney, decisero di iniziare la campagna di preghiera 24 ore al giorno per 40 giorni con l’obiettivo di chiudere la struttura. L’iniziativa decollò. Ora si organizzano veglie di preghiera continua per 40 giorni in mille città del mondo di 63 paesi in ogni continente; le veglie di preghiera si tengono nei pressi di cliniche e ospedali dove si compiono gli aborti. Fidarsi del Vangelo e delle parole di Gesù è il cuore dell’iniziativa, come si spiega nel sito web dell’organizzazione: “Cristo ci ha detto che alcuni demoni possono essere scacciati solo con la preghiera e il digiuno… La preghiera ci mantiene radicati nel fatto che è il nostro desiderio di compiere la volontà di Dio. Il digiuno è un sacrificio che ci aiuta a superare i nostri limiti con l’aiuto di Dio. Ogni giorno durante i 40 Giorni per la Vita, individui, chiese, famiglie e gruppi saranno invitati a unirsi in preghiera per una richiesta specifica, in modo che l’intero Corpo di Cristo possa unirsi intorno a un obiettivo comune. Il centro visibile e pubblico dei 40 Giorni per la Vita è una veglia di preghiera della durata di 40 giorni, non-stop, 24 ore su 24, fuori da un singolo centro dove si pratica l’aborto o altri luoghi istituzionali pubblici. È una presenza pacifica ed educativa”.
Agli organizzatori si chiede anche di coinvolgere i mass media, i sacerdoti, pastori e leader religiosi locali ed esporre cartelli e simboli dell’iniziativa di preghiera. Nel mondo di oggi però anche la preghiera silenziosa, discreta e pubblica può essere mal sopportata e addirittura bandita. Il ‘fastidio’ di uomini e donne riuniti in preghiera per denunciare il genocidio dell’aborto e invocare l’aiuto di Dio è insopportabile, rompe l’ipocrisia delle coscienze, ridesta il cuore dell’umanità assopita dal politicamente corretto.
Proprio in questi giorni al gruppo di preghiera che organizza i 40 Giorni per la Vita nella cittadina tedesca di Pforzheim, in Germania, è stato proibito di riunirsi per pregare pacificamente vicino a un centro di consulenza pre-aborto. Il caso ora sarà esaminato da un tribunale nazionale. “Voglio essere lì a pregare, non per me stessa, ma per le donne vulnerabili che contemplano l’aborto e per i loro figli non ancora nati. Questo argomento mi tocca davvero il cuore, perché conosco il dolore di perdere un figlio. La nostra società deve offrire un migliore sostegno alle madri in situazioni difficili. Ogni vita è preziosa e merita protezione. Una semplice preghiera per le persone vulnerabili non può essere vietata”, ha detto l’organizzatrice delle veglie Pavica Vojnović, che con il sostegno dei legali di ADF International chiede giustizia alla Corte costituzionale tedesca per ripristinare i suoi diritti fondamentali alla libertà di religione, di riunione e di parola. Sono ormai due anni che l’iniziativa di preghiera non si può svolgere nella città tedesca, dopo che l’amministrazione comunale l’aveva vietata, sebbene mai fossero state segnalate violazioni della quiete pubblica.
Chi può aver paura di coloro che pregano Dio e invocano la Sua Onnipotenza per salvare vite innocenti? Eppure, questa è l’Europa, questa è la drammatica situazione in cui molti credenti si trovano oggi. Lo scorso novembre c’era stato il caso degli Studenti per la Vita dell’Università di Nottingham, censurati per le loro convinzioni. E non si tratta di casi isolati. Nei giorni scorsi, infatti, un sondaggio compiuto tra gli studenti delle scuole superiori e gli universitari inglesi ha dimostrato che quasi un quarto degli studenti che partecipano a iniziative pro life è stato “minacciato, abusato”. Secondo un’indagine fatta dall'Alliance of Pro-Life Students (APS), il 71,9% degli studenti pro-vita “riferisce di aver affrontato censure e intimidazioni durante le lezioni o i seminari, al punto di essersi sentiti impossibilitati a parlare delle loro opinioni”. Il 65% degli studenti pro-vita ha “assistito ad atti di discriminazione e molestie verso altri membri per le loro opinioni pro-vita”.
In questi stessi giorni a Londra, il Consiglio municipale di Ealing ha deciso di prorogare di altri tre anni la buffer zone intorno alla clinica abortista della multinazionale Marie Stopes. Il modello della buffer zone che si va diffondendo in molti altri paesi anglosassoni (Australia, Nuova Zelanda, Canada), impone ai gruppi di preghiera di mantenersi lontani (100-300 metri) dalle cliniche abortive perché si evitino “turbamenti” alle clienti e al personale medico. Sì, la preghiera pubblica e pacifica, dà fastidio e laddove è possibile la si vieta. Non solo pregare per salvare la vita innocente è vietato, lo è anche annunciare il dettame biblico ed evangelico sulla creazione uomo-donna, il matrimonio maschio-femmina e persino le Lettere di san Paolo dovranno esser lette solo in privato anche in Australia. Così il politicamente corretto calpesta i diritti umani dei credenti, in un mondo senza libertà religiosa che si trasforma in carcere. Dopo aver messo Dio in prigione, ora tocca a coloro che credono nella Sua Onnipotenza.