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CHIESA

Da Hong Kong al Kazakistan, adesione ai "Dubia"

Il cardinale Zen giudica quella dei Dubia una scelta molto rispettosa e ritiene che i quattro cardinali abbiano diritto a una risposta. E il vescovo di Astana Schneider evoca l'obiezione di coscienza sulla comunione ai divorziati risposati: «Nessun vescovo può obbligare un prete al peccato».

Ecclesia 26_02_2017
Il cardinale Zen

Il disagio di molti cattolici – cardinali, vescovi, preti e fedeli – per la confusione seguita alla pubblicazione dell’Amoris Laetitia, e alle “noticine” sulle norme per l’eucarestia ai divorziati risposati non accenna a placarsi. Ne sono testimonianza nuovi interventi su questo tema, e tutti riportano in realtà al silenzio del Pontefice, alla sua non risposta ai “Dubia” formalmente presentati da quattro cardinali, e più o meno silenziosamente appoggiati da parecchi altri. Negli ultimi giorni ci sono state diverse prese di posizione; e un’intervista al vescovo Schneider, registrata in video dai siti “Rorate Coeli” e Adelante la Fè”, in cui il presule afferma che nessun vescovo può obbligare un suo sacerdote a compiere quelle che è un peccato. Ma prima di vedere in dettaglio che cosa ha detto mons. Schneider, diamo conto di due altri interventi.

Il primo è del cardinale cinese Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di Hong Kong, intervistato da Raymond Arroyo di EWTN News, ha espresso il suo appoggio ai Dubia dei quattro cardinali che chiedono chiarimenti sulla esortazione apostolica Amoris Laetitia - Capitolo 8. Il Cardinale ha detto: "Credo che sia una richiesta molto rispettosa, da parte di quei vescovi e cardinali, di avere chiarimenti". Il cardinale Zen è il vescovo emerito di Hong Kong, strenuo difensore della Chiesa cattolica e del Papa contro il regime in Cina, e una voce chiara sulle questioni pro-vita. Egli sostiene lo stile corretto con cui i quattro cardinali si sono rivolti al Papa per avere chiarimenti e concorda sul fatto che Francesco dovrebbe chiarire le ambiguità. Zen ha detto ad Arroyo nell'intervista: "Credo che abbiano il diritto di avere una risposta”.

Un altro porporato, il Prefetto della Penitenzieria apostolica, Mauro Piacenza, è stato intervistato durante una visita in Spagna durante un suo corso ai sacerdoti ad Alcala de Henares, alla domanda perché il Pontefice non ha risposto ai “Dubia” ha detto: “Semplicemente perché ritiene di aver risposto in pratica tramite il proprio documento. E’ chiaro che ha inteso di aver già chiarito quello che doveva chiarie, e di aver dato delle indicazioni. E’ chiaro che non ha risposto, e non so se risponderà o no, forse pensa che si possano avere altre situazioni, altri elementi, ma non posso dire di più su questo punto perché non posso sostituirmi al Santo Padre, evidentemente”.

E veniamo a mons. Athanasius Schneider, e alla sua intervista. Fra l’altro il presule ha detto: “Come cattolici dobbiamo essere sottomessi canonicamente, intendo, al papa, al Vicario di Cristo e accettare la sua autorità, dobbiamo rispettarlo, pregare per lui e avere un amore sovrannaturale per lui”. Ha poi aggiunto: “Questo non significa un’obbedienza cieca; naturalmente no, non siamo in una dittatura. In una dittatura sì, dobbiamo obbedire ciecamente, come nell’esercito”. Ma nella Chiesa la situazione è diversa, “la Chiesa è una famiglia dove la discussione è possibile”, e anche “la correzione, con rispetto e amore”. Quando questo non fosse possibile, “non ci sarebbe una vera atmosfera di spiritualità di Chiesa, sarebbe un’atmosfera di intimidazione, di repressione, di paura, e questa non è l’atmosfera dello Spirito Santo”.

Il vescovo ha riflettuto sull’esempio dato da Santa Caterina da Siena, che amando il Papa, gli scrisse parecchie lettere molto dure, ammonendolo per amor suo. In una lettera scriveva: “Santissimo Padre, se non vi convertirete, per favore lasciate, rinunciate al papato. Scrivo ciò per amore della Vostra persone, della vostra salvezza eterna e per la Chiesa”. Questa lettera, e l’atteggiamento, dice Schneider “non sono né scismatici né contro il Papa”.

Mons. Schneider non pensa che i divorziati risposati possano accedere alla comunione. E se un vescovo fa pressione sui suoi preti in questo senso “commette un grave abuso di potere; sta ordinando di peccare. E quando un vescovo, o persino un papa mi ordina di peccare, devo rifiutare, perché io devo obbedire a Dio. E allora in quel caso il prete deve dire: ‘Eccellenza, caro vescovo, mi ordini di commettere un peccato, e non posso farlo, devo obbedire a Dio. In questo caso non posso obbedire”.

Mons. Schneider spera che questo tipo di pressione non si diffonderà nella Chiesa. Parla di un sacerdote tedesco in Kazakistan “che ha vissuto da bambino sotto il comunismo nell’Unione Sovietica, e ci ha dato consigli importanti, e forza. “Un prete deve resistere fino al punto di perdere la sua carica. Meglio perdere tutto, ma non commettere peccati contro i Comandamenti di Dio”.