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PAPA

Curia, la vera riforma è la santità

Nel tradizionale discorso per gli auguri natalizi, papa Francesco torna all'antico: difende chi lavora in Curia da ingiusti attacchi, invita a bandire le chiacchiere, indica come modello San Giuseppe: efficiente, silenzioso e santo.

Ecclesia 22_12_2013
Gli auguri del Papa alla Curia

C'era attesa per il discorso di auguri natalizi alla Curia Romana che Papa Francesco ha pronunciato il 21 dicembre 2013. Si sapeva che - mentre Benedetto XVI aveva creato per questi discorsi di Natale un nuovo genere letterario, dove riassumeva le tappe più importanti del suo Magistero nell'anno trascorso - Francesco sarebbe invece tornato al modello dei Papi precedenti, il quale prevedeva che gli auguri natalizi fossero accompagnati da un discorso sullo stato e i problemi della Curia. Sabato il Papa ha anzitutto difeso energicamente la Curia Romana da critiche indiscriminate e ingiuste - che talora rappresentano maliziosamente lo stesso Pontefice come un suo nemico -, per accennare poi allo stile della sua annunciata riforma della Curia, secondo linee già annunciate nell'esortazione apostolica «Evangelii gaudium».

Francesco è partito dalla gratitudine per la Curia dove, se ci sono problemi, ci sono anche tante persone che lavorano con abnegazione, anzi ci sono veri e propri santi. «E vorrei direi qui – ha aggiunto parlando a braccio - che nella Curia Romana ci sono stati e ci sono Santi! E lo ho detto pubblicamente più di una volta per ringraziare il Signore». «Io ammiro tanto questi monsignori che seguono il modello dei vecchi curiali, persone esemplari... Ma anche oggi ne abbiamo! Persone che lavorano con competenza, con precisione, abnegazione, portando avanti con cura il loro dovere quotidiano».

«E io sento il bisogno, in questo mio primo Natale da Vescovo di Roma - ha insistito il Papa - di dire un grande "grazie" a voi, sia a tutti come comunità di lavoro, sia a ciascuno personalmente. Vi ringrazio per il vostro servizio di ogni giorno: per la cura, la diligenza, la creatività; per l’impegno, non sempre agevole, di collaborare nell’ufficio, di ascoltarsi, di confrontarsi, di valorizzare le diverse personalità e qualità nel rispetto reciproco».

La gratitudine del Pontefice va anche a chi ha lasciato quest'anno la Curia ed è andato in pensione: non ha fatto nomi ma a tutti sono venuti in mente gli esempi più illustri, a cominciare dal cardinale Tarcisio Bertone. In realtà, ha detto Francesco, «come sacerdoti e vescovi non si va mai in pensione, ma dall’ufficio sì, ed è giusto, anche per dedicarsi un po' di più alla preghiera e alla cura delle anime, incominciando dalla propria!». Parole in cui si può vedere anche un velato ammonimento: i cardinali in pensione pensino di più alla preghiera e meno a dare interviste o criticare nei corridoi i loro successori.

Il Papa parla chiaro: non giustifica nessuna denuncia indiscriminata nella Curia come luogo di malaffare, nessuna presentazione del Pontefice argentino come il castigamatti che spazzerà via tutto quanto esiste in Vaticano per mettersi alla sequela di un certo giornalismo scandalistico. Questa premessa è necessaria per parlare seriamente di riforma della Curia, nella linea dell'esortazione «Evangelii gaudium» dove Francesco afferma nella Chiesa le riforme devono servire a rimettere al centro Gesù Cristo e l'evangelizzazione, altrimenti aggravano i problemi che pensano di risolvere.

Senza entrare per ora in dettagli Papa Francesco ha indicato tre criteri per la riforma: la professionalità, il servizio e la santità. «La professionalità, che significa competenza, studio, aggiornamento… Questo è un requisito fondamentale per lavorare nella Curia. Naturalmente la professionalità si forma, e in parte anche si acquisisce; ma penso che, proprio perché si formi, e perché venga acquisita, bisogna che ci sia dall’inizio una buona base». La riforma di Francesco sarà dunque meritocratica: la «buona base», l'eccellenza saranno i criteri per essere associati alla Curia. In parte, naturalmente, lo sono già: ma la Chiesa è una macchina complessa e la selezione dovrà mantenersi rigorosa. «Quando non c’è professionalità, lentamente si scivola verso l’area della mediocrità. Le pratiche diventano rapporti di cliché e comunicazioni senza lievito di vita, incapaci di generare orizzonti di grandezza».

La seconda parola d'ordine, «servizio», richiama un tema che è al centro delle riflessioni del Papa e dei suoi collaboratori sulla riforma della Curia. Con questa parole s'intende infatti «servizio al Papa e ai Vescovi, alla Chiesa universale e alle Chiese particolari”». Questo incontro di dimensione romana e dimensione internazionale della Chiesa è da sempre la caratteristica della Curia, dove «si respira in modo speciale proprio questa duplice dimensione della Chiesa, questa compenetrazione tra universale e particolare». Il rischio - lo spiega la «Evangelii gaudium» - è che, diventando più grande e complessa, la Curia diventi anche burocratica e accentratrice. «Quando l’atteggiamento non è di servizio alle Chiese particolari e ai loro Vescovi, allora cresce la struttura della Curia come una pesante dogana burocratica, ispettrice e inquisitrice, che non permette l’azione dello Spirito Santo e la crescita del popolo di Dio». Il principio di sussidiarietà vale, in una certa misura, anche per la Chiesa.

Lo spirito della riforma che Papa Francesco ha in mente si coglie soprattutto nella terza parole d'ordine: «santità della vita». I Pontefici l'hanno sempre raccomandata alla Curia, ma spesso è stata presa come una clausola di stile, un richiamo doveroso ma privo di effetti pratici. Su questo punto, ha fatto intendere Francesco, si deve cambiare. Fra le tre parole d'ordine - professionalità, servizio e santità di vista  - la terza «è la più importante nella gerarchia dei valori. In effetti, è alla base anche della qualità del lavoro, del servizio». 

«Santità significa vita immersa nello Spirito, apertura del cuore a Dio, preghiera costante, umiltà profonda, carità fraterna nei rapporti con i colleghi. Significa anche apostolato, servizio pastorale discreto, fedele, portato avanti con zelo a contatto diretto con il Popolo di Dio». È una caratteristica «indispensabile» per ogni sacerdote, ma ancora di più per chi lavora nella Curia Romana. Va presa sul serio nella selezione dei candidati agli uffici, nelle promozioni, sempre.

Tornando su un tema che lo preoccupa, Francesco ha aggiunto che «santità nella Curia significa anche obiezione di coscienza alle chiacchiere! Noi giustamente insistiamo molto sul valore dell’obiezione di coscienza, ma forse dobbiamo esercitarla anche per difenderci da una legge non scritta dei nostri ambienti che purtroppo è quella delle chiacchiere. Allora facciamo tutti obiezione di coscienza; e badate che non voglio fare solo un discorso morale! Perché le chiacchiere danneggiano la qualità delle persone, danneggiano la qualità del lavoro e dell’ambiente». 

Il modello della Curia che vuole Francesco dev'essere, ha detto, san Giuseppe: efficiente, silenzioso e santo. E sempre vicino alla Madonna, che è poi - ha concluso - il criterio sicuro per verificare la qualità della nostra vista cristiana. Buon Natale alla Curia Romana, e auguri perché possa vivere con serenità e nella preghiera quanto di nuovo potrà portarle il 2014. Ne ha bisogno la Curia, e ne hanno bisogno i destinatari del suo servizio, cioè tutti i fedeli.