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L'APPELLO

Cristiani perseguitati, la tragedia entra alla Camera

La petizione di Aiuto alla Chiesa che soffre approda alla sala stampa della Camera per la presentazione del libro della Nuova BQ "Perseguiteranno anche voi". L'appello dei cristiani vittime di Daesh a Erbil: "Riconoscete presto il genocidio che sta avvenendo nelle nostre terre". Le storie delle vittime della persecuzione anticristiana che si estende dal Sudan alla Corea del Nord e la fede di chi ha scelto di rimanere a costo della vita.

Libertà religiosa 13_09_2016
Cristiani profughi a Erbil

I fronti caldi come l’Iraq e la Siria, le piazze “storiche” come il Pakistan, ma anche stati impenetrabili e inespugnabili come la Corea del Nord dove le donne vengono uccise per il solo possesso di una Bibbia. E’ il quadro drammatico in cui si staglia l’inchiesta di Marta Petrosillo che ha pubblicato con la Nuova BQ il libro “Perseguiteranno anche voi” che ieri è stato presentato ai deputati nella cornice della Sala stampa della Camera.

L’iniziativa, voluta da Paola Binetti aveva come scopo principale la sensibilizzazione dell’organo legislativo sulla tragedia che vivono nel mondo milioni di cristiani perseguitati per la loro fede e presentare alla ripresa dell’attività politica parlamentare la petizione di Aiuto alla Chiesa che soffre, firmata già da un centinaio di deputati, sul riconoscimento del genocidio dei cristiani in Medio Oriente. E proprio sul riconoscimento del genocidio, che non è stato ancora preso in considerazione dalle grandi potenze, si è speso uno degli ospiti dell’evento.

“Ritengo indispensabile che si arrivi al riconoscimento del genocidio che è un atto nei nostri Paesi”, ha detto padre Rebwar Basa, sacerdote della diocesi di Erbil, in Iraq, uno dei fronti più caldi della persecuzione in atto da parte delle milizie di Daesh. Basa, nel corso della presentazione, ha ricordato come a Mosul sia stata messa in campo una persecuzione sistematica e pianificata. Una persecuzione che si è imposta prima obbligando le minoranze cristiane ad abbandonare il Paese oppure a convertirsi, ma che poi è proseguita con un sistema scientifico di uccisioni, arrivate spesso dopo minacce, come il caso del vescovo di Mosul, mons. Paulos Faraj Rahho, ucciso nel 2008, che ricevette ben 10 lettere minatorie. Da quel giorno a Mosul è stata una tragedia continua: hanno ucciso i sacerdoti, rapito i fedeli e distrutto delle chiese.

L’evento è stato seguito anche da Radio Vaticana che al termine ha rivolto alcune domande all’autrice.

“Senza dubbio l’identificazione dei cristiani con l’Occidente in molti Paesi a maggioranza islamica, dove tra l’altro vi sono state recentemente anche guerre da parte di potenze occidentali, che sono viste molto spesso dalle società locali come delle vere e proprie invasioni, è un fattore fondamentale. Ma non vi è soltanto questo perché i cristiani sono minoranza e in molti Paesi. Paradossalmente, poi, i valori cristiani rendono i cristiani maggiormente vulnerabili. Una volta un ragazzo di Baghdad mi ha detto: “Loro sanno precisamente che noi non ci vendicheremo mai e quindi questa nostra disponibilità al perdono ci rende ovviamente più vulnerabili”, ha detto la Petrosillo che ha insistito sulla prima azione da compiere per arrestare la persecuzione: “Prendere consapevolezza, perché solamente conoscendo la realtà si può passare ad intraprendere azioni che ovviamente devono essere sostenute dai nostri governi”.

Molta attenzione è stata posta sulla doppia persecuzione nei confronti delle donne che sono fatte oggetto anche di stupri ripetuti o convertite forzatamente. In Sudan, ad esempio, alcune donne sono state frustate solamente perché indossavano una gonna ritenuta troppo corta, anche se non erano tenute a sottostare al codice di abbigliamento islamico”.

Ma non ci sono solo il Medio Oriente o l’Africa come fronti caldi. C’è anche il Pakistan. Ieri a Roma era presente anche Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi, che ha ricordato le persecuzioni messe in atto in base alla legge sulla blasfemia, come ci ricorda il caso di Asia Bibi, ancora in carcere per un’accusa di blasfemia tanto mai provata quanto insussistente.

La situazione dei cristiani nei paesi del Medio Oriente è testimoniata anche dai tanti missionari che hanno scelto di restare in guerra per continuare la loro vocazione, consapevoli che potrebbe portare al martirio. E’ il caso di suor Fortezza, una religiosa di una congregazione italiana, che ci chiede di restare anonima. Suor Fortezza è ad Aleppo in Siria da 40 anni e ha potuto vedere con i suoi occhi i drastici cambiamenti che il Paese, una delle culle del cristianesimo, ha subito negli ultimi anni di conflitto. Suor Fortezza gestisce un ospedale ad Aleppo, la Nuova BQ ha raccolto la sua testimonianza.

"Questa nostra bella città è divisa drammaticamente in due. La parte orientale è sotto il controllo dei terroristi dell’Isis che obbliga i poveri cittadini lì rimasti alla shari’ah più opprimente. Non sono mancati neanche da noi bombardamenti, ma sono stati tutti neutralizzati dalla mano Divina. Posso testimoniare proprio questo: la nostra fede in queste circostanze si rafforza, lo dico con cuore stretto, piangente, con le lacrime agli occhi, perché di fronte al male si acquisisce sempre più la certezza, che esso non prevarrà mai, così come è successo a nostro Signore Gesù Cristo. Nell’Ospedale avevamo cinquanta medici, ne sono rimasti solo venti. Anche loro come molti altri hanno cercato e cercano di fuggire, esponendosi troppo spesso a rischi, talvolta più gravi del rimanere sotto le bombe”.