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LE TESTIMONIANZE

Cristiani in Siria, il timore che il peggio debba ancora venire

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Dalla diaspora e da Damasco le voci dei cristiani siriani oscillano tra il sollievo per un regime finito e la preoccupazione per i nuovi padroni della Siria, che sono jihadisti, e per il coinvolgimento di altre nazioni.

Esteri 09_12_2024

Sono passate poche ore dal repentino campio di regime a Damasco, con l'ingresso al mattino dell'8 dicembre delle milizie dell'HTS. In questa situazione ancora in divenire abbiamo intervistato alcuni cristiani, in Siria e in diaspora, chiedendo loro di esprimere le loro paure, i loro timori e le loro speranze a fronte di questo rapido ed inaspettato regime change. Con la promessa di pregare per loro.

Youssef (per motivi di sicurezza useremo nomi di fantasia) ha lasciato la Siria con moglie e figlia nel 2012, dopo che la guerra aveva raggiunto la regione a nord di Hama. Il suo, come tutti i villaggi cristiani dell'area, Al-Sekelbiya, Morek, Kafr Zita, Lataminah, ha vissuto per anni nel terrore degli jihadisti di Al Nusra, filiale locale di Al Qaeda, l'organizzazione terroristica fondata da Osama Bin Laden. Con ancora negli occhi gli orrori a cui aveva assistito - «non potrò mai dimenticare quello che ho visto», afferma ancora oggi - Youssef ha raggiunto il Libano con la famiglia per rifarsi una vita a Beirut. Qui, nel quartiere di Bourj Hammoud, lui e la moglie hanno trovato lavoro, è nata la loro seconda figlia, sono stati accolti nel seno della comunità cristiana locale. Per quanto ben inseriti nella nuova realtà, Youssef e famiglia mantengono il limitante status di "Rifugiati" che il governo libanese assegna ai siriani e ai loro figli. Con la crisi finanziaria e la recente guerra in Libano, Youssef  ha pensato di emigrare nuovamente, stavolta verso l'Europa.

A poche ore dalla caduta del regime di Bashar al Assad gli chiedo se consideri la Siria nuovamente sicura per i cristiani, e se ha contemplato un eventuale rientro della famiglia in madrepatria. «Certamente in Siria ora è tempo di libertà», risponde «ma non sappiamo ancora ciò che ci aspetta, e soprattutto non sappiamo per ora come "loro" tratteranno le minoranze religiose, specialmente i cristiani. Nel corso degli anni Al Qaeda ha cambiato più volte nome, ora si chiama Hayat Tahrir Al Sham, ma l’obiettivo dei miliziani è sempre lo stesso: fondare un vero e proprio Califfato e dunque perseguitare le minoranze religiose non musulmane». 

E Bashar al Assad? Il suo regime era altrettanto pericoloso per i cristiani? Chiedo. «Come sa, noi siamo fuggiti dalla Siria perché la situazione era divenuta insostenibile e anche perché il governo aveva imposto crescenti restrizioni alla libertà religiosa. A difesa delle comunità cristiane minacciate dai jihadisti, però, in questi anni di guerra è accorso soltanto l'esercito regolare, questo va detto». Dunque, cosa prevede? Lo incalzo. «Noi come cristiani non sappiamo ancora dire se la situazione per noi è sicura, poiché le intenzioni dei jihadisti e dei loro alleati sono ancora vaghe». La risposta di Youssef appare effettivamente sensata, perché qualunque scenario si prospetti sarà molto meno lineare di quanto si possa essere portati a credere. Anche le opinioni dei cristiani in merito al regime change non sono unanimi, com'è naturale che sia.

Secondo una notizia riportata da Asianews, monsignor Hanna Jallouf, Vicario Apostolico latino di Aleppo, è stato vittima di una fake news che ha in seguito provveduto a smentire personalmente. Giovedì scorso, infatti, alcune voci parlavano di una nomina del prelato a Governatore di Aleppo da parte di Hayat Tahrir al Sham e alleati. Secondo la testata del Pime la notizia, per quanto falsa,  «si potrebbe ricondurre al tentativo dei movimenti jihadisti di mostrare un tono di apertura verso le minoranze religiose, diverso dai massacri perpetrati  in passato da Isis, Is e al-Qaeda».

Potrebbe esserci un reale tentativo di imbonire, o ancora cooptare, le comunità cristiane da parte dei jihadisti? O si tratta di una messinscena per carpirne la fiducia con lo scopo di estirparle dalla Siria? Chiedo cosa ne pensa ad Antun, cristiano di Yabroud, ottanta chilometri a nord di Damasco, che vive a Roma da molti anni. «Noi cristiani siriani siamo sempre stati accusati di fiancheggiare Assad, di fede alawita (una branca minoritaria dello sciismo), ai danni della maggioranza della popolazione siriana, sunnita. In realtà i cristiani c'erano prima di Assad e ci saranno dopo Assad, perché questa è la nostra terra, fin dalle origini del Cristianesimo. Il segnale confortante mi pare sia che il rovesciamento di Assad è avvenuto senza troppo spargimento di sangue; la cosa che mi preoccupa invece è che coloro che hanno preso il potere adesso sono di base fondamentalisti, ed attorno a loro ci sono interessi regionali e mondiali: la ricetta perfetta per creare un indescrivibile caos. Come cristiani all'estero siamo in attesa e speriamo che Dio ci porti pace e ci dia modo di vivere liberamente il cristianesimo nella nostra terra».

Raggiungo telefonicamente la giovane greco-cattolica Rozette a Damasco, più precisamente nel quartiere a maggioranza musulmana dove vive, non lontano dai palazzi del Governo. Le chiedo prima di tutto se sta bene e come ha vissuto la giornata di oggi: «Per il momento stiamo bene: tutta Damasco è nella stessa situazione e vive le stesse paure. Stamattina mi hanno svegliato gli spari e le urla di gioia, e le preghiere di ringraziamento in moschea. Dopo che le forze di polizia hanno lasciato le loro postazioni, frotte di ragazzini hanno iniziato a sparare in aria e a sfasciare le macchine parcheggiate in strada. Inoltre, Isreale ha iniziato a bombardare le caserme e le strutture militari. Frattanto gli uomini di Hayat Tahrir Al Sham hanno imposto un coprifuoco alla città dalle quattro di oggi pomeriggio alle cinque di domattina. Ciò ha aiutato a diminuire gli spari, ma le turbolenze continuano».

Chiedo a Rozette cosa spera come cristiana in Siria in questa difficile situazione: «This is a big question, per molti motivi. Come cristiana finora non potevo dirmi contenta della nostra Chiesa greco cattolica siriana, molto corrotta e allineata con il regime di Assad. Naturalmente, non tutti i sacerdoti e religiosi sono corrotti, ma la reputazione della Chiesa cattolica in genere qui non è buona, purtroppo. La Chiesa Greco Ortodossa, la più grande confessione cristiana qui in Siria, non è molto diversa. Per il prossimo futuro credo che il nuovo regime si mostrerà mite con le minoranze religiose, per attirarsi le simpatie internazionali. Per il medio e lungo termine, invece, nulla è garantito: personalmente, spero che non si ripeta ciò che è accaduto in Sudan. Voglio aggiungere infine che i cristiani in Siria prima del 1970, quando prese il potere Hafiz Al Assad, padre dell'attuale ormai ex presidente, erano il 30%; nel 2010 eravamo il 10% ed ora forse il 3%. Credo che la Chiesa dovrebbe preoccuparsene e porre rimedio a questa emorrogia di fedeli, dovuta alla difficile situazione politica, ma non solo».

Prima di salutarci, Rozette mi chiede se sono credente: ci provo, rispondo. «Allora preghi per noi, sembra che il peggio debba ancora venire: l'esercito israeliano ha oltrepassato il confine e ha raggiunto la città di Quneitra
in territorio siriano». Certo che preghiamo per voi, cara Rozette, e per Antuan, per Youssef e per tutti i sacerdoti e le suore che soffrono con il loro popolo. Sarà poco, ma non vi dimentichiamo.



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