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EDITORIALE

Crisi Ucraina, la soluzione è nelle mani della UE

Il sostanziale fallimento dell'iniziativa di Merkel e Hollande che venerdì hanno incontrato Putin, dovrebbe far capire che è l'Unione Europea in quanto tale che ha il dovere di affrontare le due crisi ai propri confini: nel bacino del Dnepr e nel Vicino Oriente, dove la Russia gioca un ruolo chiave.

Editoriali 08_02_2015
Putin e Merkel

Putin e Merkel

La guerra locale in corso nelle regioni dell’Ucraina al confine con la Russia è un focolaio di tensione molto pericoloso. Potrebbe provocare la destabilizzazione dell’intero bacino del Dnepr, ovvero sia dell’Ucraina che della Bielorussia, e quindi la destabilizzazione dell’intera Europa centrale.

Da quando, a seguito della sconfitta dell’Unione Sovietica nella Guerra fredda, la zona d’influenza della Russia è ritornata nei limiti che aveva nel 1914, se non di meno, il bacino del Dnepr, attorno a cui si raccolgono la Bielorussia e l’Ucraina, è divenuto la nuova area di contatto (oppure di frizione) fra la Russia e l’Europa. Verso nordest il bacino del Dnepr è, nel bene e nel male, qualcosa di analogo a ciò che il Vicino Oriente è verso sudest: la porta dell’Europa verso l’Asia. Perciò vale la pena di cominciare a ricordarsi di questo grande fiume lungo quasi 2300 chilometri e del bacino che forma, anche se il suo nome è per noi così difficile da pronunciare; e anche se, diversamente dal Volga e dal Don, nemmeno nei più informati suscita memorie letterarie o quantomeno scolastiche.

La questione, scrivevamo l’altro giorno, non si può sbloccare se non entra in scena l’Unione Europea in quanto tale, e se non si va a fare una trattativa che comprenda anche il caso della crisi in corso nel Vicino Oriente. La scarsa efficacia di iniziative di vecchia maniera, come il colloquio di venerdì scorso a Mosca tra Merkel, Hollande e Putin sembra evidente. Il colloquio si è concluso senza la firma di alcun comunicato congiunto e senza conferenza stampa. Seppur evidentemente in modo concordato, da Mosca, da Berlino e da Parigi i portavoce dei tre capi di governo si sono poi limitati a definire l’incontro “costruttivo e concreto”.

Ieri a Monaco di Baviera, dove è in corso l’annuale Conferenza per la Sicurezza, Merkel e Hollande contavano evidentemente di andare trionfanti a dare la notizia del raggiungimento di un accordo. Invece si sono dovuti rassegnare a dichiarazioni generiche a mezza via tra il preoccupato e l’incoraggiante. Oggi è in programma una conferenza telefonica fra i tre più il leader ucraino Petro Poroshenko, che ieri  pomeriggio a Monaco ha mostrato ai giornalisti in conferenza stampa un mazzo di passaporti russi a suo dire perduti da soldati del governo di Mosca nei luoghi degli scontri a fuoco di questi giorni nell’Ucraina orientale: la prova di un’interferenza russa nel conflitto che Putin invece nega. Sarà anche vero (al di là della stranezza di soldati che vanno in combattimento col passaporto in tasca e poi per di più lo perdono), ma il denunciarlo al mondo proprio ieri non è certo un buon modo per preparare la conferenza telefonica di oggi.

Che la Russia giochi un ruolo-chiave sulla via di nordest è evidente. Che abbia una sua parte anche sulla via di sudest negli ultimi decenni ce lo si era spesso dimenticato, tanto sembrava che nel Vicino Oriente gli Stati Uniti occupassero ogni possibile spazio. Solo l’imponente presenza della Chiesa russa ortodossa entro le mura di Gerusalemme e attorno al Santo Sepolcro sembrava ricordarlo ai visitatori più attenti. Oggi invece è innegabile che dal pasticcio provocato in Siria da Barack Obama nel tentativo poi fallito di far cadere Assad aprendo così la via a gente che è ben peggio di lui (con tutto quel che ne è derivato anche in Iraq), non si viene fuori se non si coinvolge pure la Russia, grande alleato del regime siriano.

Occorre dunque prendere un’iniziativa diplomatica di ben più ampio respiro, alla scala dell’Unione Europea e non di singole potenze, ovviamente d’intesa con Washington ma tenendo appunto conto che Washington sta riducendo la propria presenza sia in Europa che nel Mediterraneo. Non basta riunirsi per un pomeriggio attorno a un tavolo in tre o quattro, seppur tre o quattro signore e signori molto importanti, e poi farsi delle telefonate.  La situazione è molto seria. La si può ancora prendere in mano, ma occorre farlo in modo adeguato.