Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
EDITORIALE

Crisi immigrazione le responsabilità della Turchia

C’è da sperare che la riunione straordinaria del Consiglio Europeo, convocata dopodomani a Bruxelles, faccia fare almeno un passo verso la soluzione della crisi dei migranti? Quasi certamente: no. Perché l'unico paese responsabile della crisi e l'unico che la potrebbe risolvere è la Turchia, che non è nemmeno invitata.

Editoriali 21_09_2015
Rifugiati siriani in Turchia

C’è da sperare che la riunione straordinaria del Consiglio Europeo, convocata dopodomani a Bruxelles, faccia fare, se non un balzo almeno un passetto avanti verso la soluzione della “crisi dei migranti”? Purtroppo c’è di che dubitarlo fortemente. Pretendere infatti di affrontare il problema dei migranti senza coinvolgere la Turchia, ossia il Paese che attualmente governa il loro flusso verso l’Unione Europea, è una cosa senza senso.

Pressata dagli Usa e dalle potenze europee a porre termine alla sua politica di appoggio indiretto al cosiddetto Stato Islamico, la Turchia ha chiesto delle contropartite. E non avendole avute ha risposto mettendo in moto verso l’Ue alcune decine di migliaia di profughi tra quelli che ha sul proprio territorio: è questo il vero motore dell’attuale crisi. Tali profughi sono per lo più accampati nelle province della Turchia  che confinano con la Siria, l’Iraq e l’Iran, a molte centinaia di chilometri dai suoi confini con la Grecia. Al giorno d’oggi una migrazione di queste dimensioni e su distanze del genere non può aver luogo a piedi; e inoltre la Turchia non è certo un Paese che grandi masse di stranieri rifugiati possono attraversare tranquillamente da un capo all’altro anche senza il consenso e l’appoggio delle locali autorità.  Tutta questa gente viene trasportata in modo organizzato, per lo più in treno fino a breve distanza dei confini con la Grecia dove evidentemente viene pure informata sulle vie da prendere per raggiungerli e attraversarli. A questo punto scende da treni e da pulman e prosegue a piedi sotto l’occhio delle telecamere delle tv. Così il grande pubblico televisivo riceve l’impressione di un estemporaneo esodo a piedi che non corrisponde affatto alla realtà delle cose.

Imparata la lezione, la Grecia fa lo stesso portandoli nei pressi dei suoi confini con la Macedonia e così via fino a quando (se non sono spinti a forza da qualche altra parte) raggiungono la meta che si prefiggono, ossia la Germania. Poi ci sono quelli che, forse pagando di più, vengono avviati su un itinerario più breve, quello che li conduce a città costiere della Turchia occidentale, da dove puntano via mare verso isole greche vicine alle coste turche come Lesbo e Kos. Un percorso tuttavia più rischioso, esposto come è a tragici naufragi. Ci sarebbero poi degli strani dettagli che andrebbero approfonditi, ma non abbiamo spazio per farlo qui. Come mai i migranti avviati sull’itinerario via terra non vengono diretti anche verso la Bulgaria, Stato membro dell’Unione Europea che ha con la Turchia una frontiera molto più ampia di quella con la Grecia? Come mai fra tutte le isole greche a ridosso delle coste turche, soltanto alcune sono meta degli esodi via mare? Lesbo e Kos, ma non Rodi, e nemmeno Kastellorizo (l’antica Castelrosso del Dodecanneso sotto amministrazione italiana) che è a due passi dalla costa turca? C’è da pensare che qualche accordo sotto banco sia stato preso.

Se la soluzione di lungo periodo della crisi implica un’attiva politica di pacificazione dei Paesi in guerra o in comunque in grave difficoltà da cui i migranti provengono (la Siria ma non solo), anche per quanto concerne la soluzione a breve termine l’Unione Europea non può guardare soltanto al proprio ombelico. Deve costringere la Turchia a venire allo scoperto, ad assumersi le proprie responsabilità. Altrimenti ad ogni eventuale aumento della fluidità dell’ingresso dei migranti nel territorio dell’Unione la Turchia continuerà a sfidarci con un più che proporzionale aumento del loro flusso in uscita dal territorio turco. Il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, il quale appartiene come il nostro Renzi al club dei leader politici che esternano via Twitter, ieri ha preannunciato con un “tweet” che dopodomani "riferirà al vertice straordinario" le sue conclusioni  "comprese quelle su un viaggio in Turchia". Ottima idea, poteva pensarci prima ma va già bene così. 

Frattanto il Parlamento Europeo, continuando a gingillarsi con  lo pseudo-problema delle quote, ha votato a larga maggioranza (370 sì, 134 no, 52 astenuti) un parere favorevole alla proposta della Commissione per il ricollocamento "urgente" di 120 mila rifugiati da Italia, Grecia ed Ungheria. Uno pseudo-problema perché, diciamolo ancora una volta, i migranti sono quasi tutti diretti in Germania e in alcuni altri pochi Paesi del Nord Europa dove hanno parenti e contatti prestabiliti. Nel momento in cui si accetta che entrino non autorizzati e non selezionati diventa poi difficile impedire loro di andare dove desiderano. A questo punto sarebbe più realistico modificare la disciplina vigente stabilendo che possano registrarsi dove vogliono, e non più necessariamente nel primo Paese membro dell’Unione ove giungono.