Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
DITTATURA RELATIVISTA

Cresce la violenza fisica verso pro life e pro family

Nel "democratico" Canada cresce la discriminazione contro chi difende vita e famiglia, non solo attraverso multe o licenziamenti, ma mediante episodi di violenza non perseguita da una giustizia che mette in carcere chi invece offre alternative all'aborto. Tutto ciò grazie ad un potere per cui se fossero attaccati gli attivisti Lgbt scoppierebbe un caso nazionale, mentre quei "bigotti" dei credenti, si pensa, di fatto se le cercano. Si capiscono ora i richiami di Ratzinger e dell'ateo Habermas.

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Libertà religiosa 06_10_2018

La testimonianza della giovane canadese Marie Clair Bissonette, riportata mercoledì da Lifesitenews, fa intravedere scenari futuri poco confortanti per chi crede nella legge naturale, per chi usa la ragione o per chi sia semplicemente un cristiano fedele alla verità. Scenari in cui non si verrà attaccati solo attraverso l’esclusione sociale, l’isolamento, le denunce o magari il licenziamento per le proprie idee ma dove la violenza fisica si presenta come un’opzione crescente.

La giovane ha raccontato quanto accaduto il 30 settembre scorso, durante la manifestazione silenziosa e pacifica "Life Chain", in cui ogni anno centinaia di persone agli angoli delle strade mostrano cartelli con la scritta “L’aborto fa male alle donne”, “L’aborto uccide i bambini”, “Incinta e bisognosa di aiuto? Chiama…” e così via. Mentre Marie Clair teneva alto il suo cartello insieme ad altre settantacinque persone, «una ragazza…si è messa in mezzo a noi con un cartello con scritto “Il mio corpo, la mia scelta, il mio diritto!». Tutto bene, finché ad un certo punto un uomo sulla trentina è arrivato «ha rovinato due dei nostri cartelli…ha poi continuato a correre dietro a cinque manifestanti (compresa una bambina di dieci anni) e a scarabocchiare con i suoi pennarelli sulla loro schiena, rovinando i loro vestiti».

A quel punto la giovane ha chiesto all’uomo di smetterla avvisandolo che lo stava filmando. Lui si è voltato e «mi ha domandato se una ragazza di sedici anni che rimane incinta dopo essere stata violentata dovrebbe tenere il suo bambino. Ho cercato di spiegare che il suo bambino non dovrebbe essere trattato in modo diverso rispetto ad un bambino di tre anni che potrebbe essere stato concepito durante uno stupro». A quelle parole l’uomo ha sferrato un calcio alla ragazza colpendola alla spalla. Quando la polizia è arrivata ha convinto però la giovane a non sporgere denuncia perché non «è un caso serio di aggressione». Bisognerebbe chiedersi cosa sarebbe accaduto se un uomo avesse fatto lo stesso con un attivista Lgbt, ma la risposta è ovvia: sarebbe scoppiato un caso nazionale perché ormai la mentalità è che i poveri abortisti o omosessualisti sono quasi giustificati nell’aggredire quegli illiberali che non permettono loro di fare ciò che vogliono con la coscienza in pace. È lo stesso aggressore ad ammetterlo durante un'altra aggressione registrata questa estate dai pro life durante una manifestazione a Toronto e di cui si è saputo solo giovedì: «Tu puoi dissentire ma non aggredire», gli dice uno dei manifestanti, ma lui risponde che «voi andate in giro a molestare la gente e così venite molestati a vostra volta». 

È questa la vera faccia dello Stato dei diritti soggettivi, per cui il paese di Trudeau si vanta di essere la democrazia più liberale d’Occidente. Basti pensare che il Canada ha sbattuto più volte in carcere una donna come Mary Wagner perché consegna rose rosse alle donne in procinto di abortire offrendo loro un’alternativa e che ha fatto lo stesso con don Stephen Imbarrato, di cui abbiamo raccontato qui (appena due giorni fa anche fra Fidelis Moscinski è stato arrestato in Usa), mentre tollera chi colpisce fisicamente un pro life solo per aver espresso la sua posizione. L’episodio raccontato da Marie Claire non è infatti quello di una scheggia impazzita, ma di un clima di intolleranza crescente: «Lo stesso giorno, un uomo pregava silenziosamente in piedi…quando una donna gli si è avvicinata da dietro e gli ha versato della vernice sulla giacca e sui pantaloni. Lui mi ha detto: "Queste persone sono sempre più aggressive perché hanno il sostegno del governo e dei media"». 

Questa non è nemmeno la prima volta che Marie Claire viene colpita, perché ad un'altra manifestazione «mi hanno tirato le pietre». Colpisce che un uomo che si è messo a protestare proprio per difendere una donna violentata lo faccia colpendone un’altra, ma si sa che è questo il cortocircuito di una società dei diritti senza argini, perché priva di fondamento in quella legge naturale che il relativismo giuridico non riconosce più. E ora si capisce meglio come mai l'allora cardinal Ratzinger parlò della "dittatura del relativismo" come di un totalitarismo peggiore di quelli del secolo passato: il continuo sì ad ogni volontà a cui segue l’incapacità di subire frustrazioni fa crescere individui capricciosi come bambini, con l’aggravante che un’adulto diseducato è più pericoloso di un bimbo che per ottenere ciò che vuole è capace di tutto.

Lo stesso Jurgen Habermas, uno dei grandi intellettuali del nostro tempo, razionalista e ateo, in dialogo con l’allora cardinale, dovette ammettere che «una modernizzazione aberrante della società presa nel suo complesso potrebbe rendere molto debole il legame democratico ed esaurire quella particolare forma di solidarietà da cui lo Stato democratico dipende, senza poterla imporre, però, per via giuridica. Si presenterebbe allora proprio quella situazione che Böckenförde vede: la trasformazione dei cittadini di società liberali benestanti e pacifiche in monadi isolate, che agiscono solo sulla base del proprio interesse e usano i propri diritti individuali come armi contro il prossimo».

Ma se sono questi gli scenari inquietanti, la testimonianza di questa giovane donna dà anche speranza, quella che nasce da chi per amore è pronto a patire continuando a lottare nonostante gli attacchi e l’assenza dello Stato nella protezione dell'incolumintà di ogni cittadino: «Non mi sottrarrò mai dall’esprimere la verità sul fatto che ogni essere umano ha diritto alla vita, dal concepimento…alla morte naturale, ma do valore al diritto di altri a non essere d'accordo. È il marchio di una società veramente liberale», ha concluso Marie Calire che appartiene ad una generazione in cui Mary Wagner, dopo anni di carcere, sta lasciando il segno portando altri a dare in cambio della verità anche la propria libertà e sicurezza.

Forse anche per questo Habermas ammise che lo Stato doveva trovare un fondamento morale riconosciuto da tutti, per garantire la solidarietà e non cadere nella trappola del totalitarismo dei diritti, che si trova solo nell’«orientamento religioso verso un punto di riferimento trascendente» una realtà creata e ordinata e che «potrebbe far uscire dal vicolo cieco una modernità contrita».

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