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CREPALDI

Tre modi per indebolire la lotta per la vita

Ci sono tre atteggiamenti dei cattolici che indeboliscono la lotta per il diritto alla vita: un impegno per i valori che escluda quello per le leggi; il disprezzo per l'impegno visibile, "in piazza";  l'estensione del diritto alla vita all'ambiente ecc.: la denuncia di monsignor Crepaldi.

Dottrina sociale 05_10_2018

Venerdì 27 settembre scorso, l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi ha tenuto la Prolusione al 51mo Convegno sui problemi internazionali dell’Istituto Nicolò Rezzara di Vicenza (vedi il testo integrale qui) sul tema del diritto alla vita. In un interessante passaggio della sua lezione, ha toccato tre atteggiamenti oggi molto diffusi tra i cattolici e nella Chiesa che, secondo lui, non favoriscono l’impegno cristiano per la difesa della vita, ma lo impediscono o ne stemperano l’intensità.

I tre atteggiamenti denunciati sono i seguenti:

  1. Pensare che i cattolici debbano proporre valori e non impegnarsi nel campo delle leggi perché sarebbe ideologia;
  2. Pensare che l’impegno pro-life visibile in piazza e organizzato  sia una prova di forza non cristiana;
  3. Pensare che la biopolitica e la bioetica debbano allargarsi alla difesa dell’ambiente e ad altri ambiti oltre aborto, eutanasia, procreazione.

Mons. Crepaldi mette in guardia dagli effetti negativi di questi tre atteggiamenti sulla lotta per il diritto a vivere. Riporto qui sotto il passaggio in questione e invito a valutare le osservazioni critiche  dell’Arcivescovo. .

“Oggi, da molte parti nel mondo cattolico si pensa che le comunità cristiane e soprattutto i laici debbano limitarsi a seminare valori piuttosto che impegnarsi nel campo delle leggi a favore della vita o delle politiche governative pro-life. Si ritiene che un impegno pubblico pro-life “visibile” e organizzato costituisca una prova di forza che trasforma la fede cristiana in una ideologia politica. Inoltre si pensa che sia venuto il momento di espandere il tema della vita al di là dei due momenti della nascita e della morte (aborto ed eutanasia) per affrontare il tema della vita in tutti i suoi aspetti. La bioetica e la biopolitica dovrebbero allargare il proprio orizzonte.
A questo proposito vorrei fare due  brevi osservazioni.
L’idea che affermare la verità in pubblico, compresi i livelli politico e giuridico, sia un atto di forza che trasforma la fede in ideologia risente dell’influenza del moderno pensiero debole secondo cui l’affermazione della verità è una sostanziale arroganza. Noi pensiamo invece che sia un dovere morale e un atto di carità. Quanto all’allargamento del tema della vita oltre i temi, diciamo così, classici, per comprendere anche gli immigrati, i disoccupati o la difesa dell’ambiente dal riscaldamento globale, segnalo il pericolo che, aumentando l’estensione diminuisca la comprensione, e si perda di vista la particolare e tragica gravità dell’aborto, dell’eutanasia o del sacrificio di embrioni umani con la fecondazione artificiale, mettendo tutto sullo stesso piano. Ne risulterebbe un cambiamento inaccettabile dell’agenda della lotta per la vita”.