Costo standard, sotto elezioni una promessa sospetta
Il ministro Fedeli annuncia davanti ai rappresentanti delle scuole paritarie l'impegno a definire il "costo standard" degli studenti: sarebbe un grande passo in avanti verso la libertà di educazione. Ma due anni e mezzo fa fu fatta la stessa promessa, ora aspettiamo di vederla realizzata.
Anno Domini 2015: un noto quotidiano cattolico pubblica un articolo “bomba” per la scuola italiana: “Buona scuola, la svolta del costo standard”. E continua: «Martedì il governo dovrebbe introdurre il parametro che permetterà di far conoscere il risparmio dello Stato attraverso le paritarie».
L’allora ministro Stefania Giannini si era impegnata infatti a «individuare uno strumento con il quale riconoscere la libertà di scelta in campo educativo, nell’ambito del provvedimento sulla buona scuola». Lo strumento prescelto era il «costo standard», cioè «la determinazione di una cifra di quanto si deve spendere per l’istruzione di uno studente, destinato a fare chiarezza sulla spesa reale che questo Paese riserva all’educazione delle nuove generazioni» (clicca qui per maggiori dettagli sul costo standard).
Come è evidente, dopo due anni e mezzo nulla è cambiato. Il costo standard non è stato individuato (probabilmente non ci si è nemmeno provato) e la scuola statale italiana continua, col suo pachidermico immobilismo, a spendere malamente decine di miliardi di euro ogni anno per mantenere in vita un sistema centralistico obsoleto, inefficiente e inefficace, in particolare per ciò che riguarda l’apprendimento da parte delle nuove generazioni. Nel contempo, prosegue la sofferenza da parte delle scuole paritarie (nonostante qualche provvedimento positivo approvato nell’ultima legge di bilancio), che accolgono più del 10% degli studenti italiani.
Sabato 25 novembre 2017: il ministro Fedeli, durante il convegno “Esserci per educare” organizzato a Verona dalle maggiori associazioni nazionali di scuole paritarie, dopo aver affermato senza mezzi termini che «le scuole paritarie sono una ricchezza per tutti» e che «dopo 17 anni si inizi a fare sul serio sul pluralismo formativo», annuncia la costituzione di una commissione di studio, presieduta dall’on. Luigi Berlinguer, che dovrà definire il costo standard per alunno.
Il meccanismo della quota capitaria sarebbe funzionale non solo ad una corretta e meno dispendiosa gestione della scuola statale, ma pure ad aprire concretamente la strada per attuare anche in Italia, finalmente, il diritto fondamentale di educare i giovani nella massima libertà, in una scuola pubblica controllata dallo Stato (non importa se statale o paritaria) ma nell’ambito di una pluralità di offerta formativa.
Non sappiamo se il ministro Fedeli abbia davvero intenzione di portare a termine questa importante missione. Il sospetto che sia solo “fumo”, considerato che siamo in campagna elettorale e che dal mondo cattolico ha da farsi perdonare l’appoggio alle campagne pro-gender, è legittimo. Però, dato che “a pensar male si fa peccato” (anche se spesso ci si azzecca), vogliamo augurire a lei e all’on. Berlinguer di centrare l’obiettivo. Sarebbero ricordati come quelli che sono riusciti finalmente a realizzare la più importante e decisiva riforma del sistema scolastico italiano dai tempi del ministro Gentile.