Costantino, campione della libertà religiosa
Sulla sua figura fioriscono convegni, mostre e pamphlet. L'occasione sono i 1700 anni dell'atto con cui riconobbe a tutti i cittadini dell'impero – non solo ai cristiani – il diritto di professare liberamente la propria religione.
Da diversi mesi ormai Costantino domina le pagine culturali dei giornali. Fioriscono convegni, mostre e pamphlet sull'imperatore che, assunta la porpora nel 306 alla morte del padre Costanzo, regnò fino al 337, da solo dal 324, dopo aver riunificato sotto di sé l'impero che era stato suddiviso in quattro parti (tetrarchia) da Diocleziano, il cui disegno, rivelatosi poi fallimentare, era quello di facilitare la successione e perciò dare continuità al governo di uno sterminato impero, ormai ingovernabile centralmente da Roma.
Al nome di Costantino è legato il cosiddetto Editto di Milano. Non si tratta in effetti di un editto ma di una "circolare" imperiale nella quale è ampiamente e dettagliatamente esposto il contenuto del provvedimento sulla libertà religiosa concordato nel mese di febbraio del 313 fra Costantino e Licinio, un altro dei tetrarchi superstiti, in occasione del matrimonio di questo con Costanza, sorella di Costantino. Le fonti che conservano questo documento sono Lattanzio nella sua opera Così muoiono i persecutori, ed Eusebio di Cesarea, che ne conserva la versione in lingua greca nella Storia ecclesiastica.
Il provvedimento, che consentiva la libertà religiosa (e non più solo la tolleranza) arrivava dopo quasi tre secoli, durante i quali i cristiani erano stati alla mercé degli imperatori poiché la loro religione non era stata riconosciuta dal senato romano come religio licita - e quindi professabile - fino dal tempo di Tiberio, nel 35 (la notizia proviene da Tertulliano, Apologetico 5, 3), bensì era stata considerata una superstizione e come tale poteva essere tollerata dall'imperatore per sua benevolenza, ma poteva essere anche perseguitata, come avvenne infatti in molte occasioni da parte di imperatori come Nerone, Domiziano, Decio, Valeriano e soprattutto Diocleziano e Galerio, suo ispiratore. L'ultima persecuzione, la più grave di tutte e perciò detta "grande persecuzione", durò oltre dieci anni, fino al 313, anche se non con la stessa ferocia in tutto il territorio dell'impero.
Le ragioni della persecuzione erano sempre le stesse: i cristiani riservavano il culto solo a Dio e non riconoscevano questo diritto anche agli imperatori che pretendevano il culto della loro persona; i cristiani, tuttavia, erano sempre stati leali nei confronti delle istituzioni imperiali, fedeli nel servizio militare, pacifici e distaccati dai calcoli di potere, come precisamente descrive l'Ad Diognetum di un autore anonimo del II secolo. Nonostante tutto ciò, essi rappresentavano un facile e indifeso bersaglio delle ire imperiali. Sorse allora l'Apologetica, come invito-provocazione (nel senso di richiamo) al potere imperiale a conoscere la fede cristiana, difendendone i principi.
Nei secoli precedenti il provvedimento del 313, l'imperatore Gallieno, nel 262, e Galerio, nel 311, avevano emanato due provvedimenti di tolleranza nei confronti dei cristiani. In entrambi i casi era consentito ai cristiani di professare la propria fede liberamente, ma questa concessione poteva essere revocata in qualunque momento, a discrezione dell'imperatore, come di fatto avvenne con Diocleziano e lo stesso Galerio. Ad essere tollerante verso i cristiani indussero Galerio la grave malattia che lo aveva colpito e la speranza che il Dio dei cristiani fosse più forte degli dei pagani e lo facesse guarire. Nell'ultimo paragrafo del provvedimento di tolleranza di Galerio, come ci è restituito da Lattanzio (34, 5), egli scrisse: “In ossequio a questa nostra indulgenza, i cristiani dovranno pregare il loro dio per la nostra salute, quella dello Stato e la loro propria, affinché lo Stato si conservi sicuro dappertutto ed essi possano vivere tranquilli nelle loro sedi”.
Due anni dopo, nel 313, sconfitto Massenzio (28 ottobre 312) e riconosciuta la potenza del Dio dei cristiani che lo aveva invitato a contrassegnare col monogramma di Cristo le insegne del suo esercito (che si trattasse immediatamente di una conversione vera e propria non è sicuro; è certo, invece, che Costantino abbia avuto una visione, per sua testimonianza diretta raccolta da Eusebio), Costantino, con l'approvazione del collega Licinio, emanò il cosiddetto editto di Milano che riconosceva ai cristiani non soltanto la libertà di professare senza limitazioni di sorta la propria religione - e ciò senza che l'imperatore o chi per lui intervenisse per autorizzarne o per vietarne il culto - ma restituiva i beni che in precedenza erano stati loro espropriati; inoltre - e questo è il vero punto focale del provvedimento per la sua perenne attualità, oggi più che allora - riconosceva a tutti i cittadini dell'impero il diritto di professare liberamente la propria religione, quale essa fosse, non nascondendo la speranza di poter stabilire col nuovo Dio dei cristiani quel rapporto di benevolenza che i Romani chiamavano pax deorum e ritenevano indispensabile alla sopravvivenza di Roma: “concedendo sia ai cristiani che a tutti la libera possibilità di seguire la religione che ognuno si è scelta… non si dovrà più negare questa libertà assolutamente a nessuno che abbia aderito in coscienza alla religione dei cristiani o a quella che abbia ritenuto la più adatta a sé; così la suprema divinità, al culto della quale ci inchiniamo con animo libero, potrà accordarci in tutte le circostanze il suo continuo favore e la sua benevolenza” (48, 2-3).
La libertà religiosa, che era la risposta al diritto naturale, incoercibile, di dare un senso religioso alla propria vita, era anche l'affermazione della laicità dello stato (non più confessionale) che rinunciava ad imporre una religione e a giudicare quale fosse la migliore di tutte e la più appropriata agli interessi di Roma. Questo durò fino al 380 quando Teodosio proclamò la religione cristiana religione di stato.
A Palazzo Reale di Milano è in corso la mostra che celebra l’anniversario dell'emanazione dell’Editto di Costantino. S'intitola Costantino del 313 d.C. e resta aperta fino al 17 marzo 2013.